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Europa: la destra impedisce il pluralismo dell’informazione

Per soli tre voti contrari e grazie all’astensione di 13 eurodeputati, non passa la risoluzione del Pd per garantire il pluralismo e la concentrazione dei media in Italia. Con uno scarto di soli tre voti è stata bocciata dal Parlamento Europeo riunito in plenaria a Strasburgo la proposta di risoluzione presentata dal Pd e dall’Italia dei Valori sulla libertà di stampa in Italia. Su un totale di 686 voti, i sì sono stati 335, i no 338, gli astenuti 13.

“Avevamo richiesto alla Commissione una direttiva europea sul pluralismo dei media e sugli standard per il servizio pubblico televisivo che valesse per tutti gli Stati membri. E soprattutto perché il diritto di informare non venisse leso”. Lo ha dichiarato in una nota David Sassoli, capo delegazione del Pd al Parlamento Europeo.

“Ci siamo battuti perché potesse essere risolto qualsiasi conflitto di interesse in Europa e contro ogni pressione da parte del Governo nei confronti dei giornali e dei mezzi d’informazione italiani. Su questo avevamo trovato un’intesa comune tra i gruppi di centro sinistra al Parlamento europeo. Ma il PPE ha strumentalmente considerato questa risoluzione sulla libertà d’informazione – ha aggiunto l’europarlamentare – come una lesa maestà nei confronti del potere di Silvio Berlusconi e quindi non è stato possibile avviare un lavoro sui media che avesse un ampio respiro europeo. Grazie all’impegno del Pd, il PPE ha almeno ritirato gli emendamenti che volevano ignobilmente coinvolgere il Presidente della Repubblica in uno scontro politico”.

*****

Il Pd si è mobilitato con una risoluzione per garantire il pluralismo in Europa e gli standard
per i servizi pubblici radiotelevisivi, con l’obiettivo di risolvere l’anomalia presente in Italia e negli altri paesi. Il testo comune presentato dai gruppi di centro sinistra chiedeva una direttiva europea sul pluralismo e la concentrazione dei media.

Una vera contrapposizione italiana riportata nelle istituzioni europee nonostante l’appello del Presidente della Repubblica che, suo recente discorso al ricevimento degli europarlamentari al Quirinale, aveva ammonito a non usare l’Assemblea di Strasburgo come “una sorta d’istanza d’appello nei confronti di decisioni dei parlamenti nazionali e di comportamenti dei governi nazionali”.

Ma così come avviene nel Bel Paese anche a Strasburgo il centrodestra ha utilizzato la strategia del gioco delle tre carte. I deputati del Ppe hanno presentato 11 emendamenti alla risoluzione tirando in ballo lo stesso Napolitano nel suo ruolo di supremo garante della Costituzione e della libertà di stampa. In altre parole hanno provato a mettere in contraddizione i delegati del Pd: o ritirare la risoluzione per non andare contro alla figura del Presidente della Repubblica o votare contro le posizioni attribuite a Napolitano

“Il Ppe ha cercato di ‘strumentalizzare’ il Presidente della Repubblica italiana, menzionandolo ripetutamente in alcuni emendamenti presentati alla proposta di risoluzione sulla libertà d’informazione in Italia e nell’Ue”. Così il capodelegazione degli eurodeputati del Pd, David Sassoli.

“Il Ppe, manovrato dagli uomini di Berlusconi, ha presentato emendamenti alla nostra risoluzione sulla libertà d’informazione con l’intento di coinvolgere il Capo dello Stato in uno scontro politico. E’ una vera manovra anti italiana”, ha continuato Sassoli in una nota diffusa a Strasburgo. “È una misera macchinazione che offende le istituzioni italiane ed europee. Il Ppe considera il dibattito sulla libertà d’informazione come una lesa maestà nei confronti del potere di Silvio Berlusconi”.

Per Debora Serracchiani, “è una vera ignominia. Non hanno rispetto per il Presidente della Repubblica e lo dimostrano nel momento in cui non recepiscono il suo monito formulato al Quirinale di fronte a tutti i neo parlamentari europei di non trasferire nelle sedi dell’Ue il dibattito interno all’Italia”.

Per Giorgio Merlo, vice presidente della commissione di Vigilanza Rai, “la classifica annuale di Reporter sans frontiers sulla libertà di stampa nel mondo, pubblicata oggi, è l’ennesima autorevole conferma che la denuncia di una restrizione degli spazi di libertà nel nostro Paese non è un argomento strumentalmente agitato dall’opposizione per attaccare il presidente del Consiglio, ma purtroppo una triste realtà. E il dato che inchioda l’Italia al 49° posto, tra Hong Kong e Romania e più in basso di 14 posizioni rispetto a due anni fa, dovrebbe preoccupare tutti, maggioranza compresa. Ma di una tale assunzione di responsabilità, inutile dirlo, non vi è neanche l’ombra”.
Per soli tre voti contrari e grazie all’astensione di 13 eurodeputati, non passa la risoluzione del Pd per garantire il pluralismo e la concentrazione dei media in Italia

Con uno scarto di soli tre voti è stata bocciata dal Parlamento Europeo riunito in plenaria a Strasburgo la proposta di risoluzione presentata dal Pd e dall’Italia dei Valori sulla libertà di stampa in Italia. Su un totale di 686 voti, i sì sono stati 335, i no 338, gli astenuti 13.

“Avevamo richiesto alla Commissione una direttiva europea sul pluralismo dei media e sugli standard per il servizio pubblico televisivo che valesse per tutti gli Stati membri. E soprattutto perché il diritto di informare non venisse leso”. Lo ha dichiarato in una nota David Sassoli, capo delegazione del Pd al Parlamento Europeo.

“Ci siamo battuti perché potesse essere risolto qualsiasi conflitto di interesse in Europa e contro ogni pressione da parte del Governo nei confronti dei giornali e dei mezzi d’informazione italiani. Su questo avevamo trovato un’intesa comune tra i gruppi di centro sinistra al Parlamento europeo. Ma il PPE ha strumentalmente considerato questa risoluzione sulla libertà d’informazione – ha aggiunto l’europarlamentare – come una lesa maestà nei confronti del potere di Silvio Berlusconi e quindi non è stato possibile avviare un lavoro sui media che avesse un ampio respiro europeo. Grazie all’impegno del Pd, il PPE ha almeno ritirato gli emendamenti che volevano ignobilmente coinvolgere il Presidente della Repubblica in uno scontro politico”.

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Il Pd si è mobilitato con una risoluzione per garantire il pluralismo in Europa e gli standard
per i servizi pubblici radiotelevisivi, con l’obiettivo di risolvere l’anomalia presente in Italia e negli altri paesi. Il testo comune presentato dai gruppi di centro sinistra chiedeva una direttiva europea sul pluralismo e la concentrazione dei media.

Una vera contrapposizione italiana riportata nelle istituzioni europee nonostante l’appello del Presidente della Repubblica che, suo recente discorso al ricevimento degli europarlamentari al Quirinale, aveva ammonito a non usare l’Assemblea di Strasburgo come “una sorta d’istanza d’appello nei confronti di decisioni dei parlamenti nazionali e di comportamenti dei governi nazionali”.

Ma così come avviene nel Bel Paese anche a Strasburgo il centrodestra ha utilizzato la strategia del gioco delle tre carte. I deputati del Ppe hanno presentato 11 emendamenti alla risoluzione tirando in ballo lo stesso Napolitano nel suo ruolo di supremo garante della Costituzione e della libertà di stampa. In altre parole hanno provato a mettere in contraddizione i delegati del Pd: o ritirare la risoluzione per non andare contro alla figura del Presidente della Repubblica o votare contro le posizioni attribuite a Napolitano

“Il Ppe ha cercato di ‘strumentalizzare’ il Presidente della Repubblica italiana, menzionandolo ripetutamente in alcuni emendamenti presentati alla proposta di risoluzione sulla libertà d’informazione in Italia e nell’Ue”. Così il capodelegazione degli eurodeputati del Pd, David Sassoli.

“Il Ppe, manovrato dagli uomini di Berlusconi, ha presentato emendamenti alla nostra risoluzione sulla libertà d’informazione con l’intento di coinvolgere il Capo dello Stato in uno scontro politico. E’ una vera manovra anti italiana”, ha continuato Sassoli in una nota diffusa a Strasburgo. “È una misera macchinazione che offende le istituzioni italiane ed europee. Il Ppe considera il dibattito sulla libertà d’informazione come una lesa maestà nei confronti del potere di Silvio Berlusconi”.

Per Debora Serracchiani, “è una vera ignominia. Non hanno rispetto per il Presidente della Repubblica e lo dimostrano nel momento in cui non recepiscono il suo monito formulato al Quirinale di fronte a tutti i neo parlamentari europei di non trasferire nelle sedi dell’Ue il dibattito interno all’Italia”.

Per Giorgio Merlo, vice presidente della commissione di Vigilanza Rai, “la classifica annuale di Reporter sans frontiers sulla libertà di stampa nel mondo, pubblicata oggi, è l’ennesima autorevole conferma che la denuncia di una restrizione degli spazi di libertà nel nostro Paese non è un argomento strumentalmente agitato dall’opposizione per attaccare il presidente del Consiglio, ma purtroppo una triste realtà. E il dato che inchioda l’Italia al 49° posto, tra Hong Kong e Romania e più in basso di 14 posizioni rispetto a due anni fa, dovrebbe preoccupare tutti, maggioranza compresa. Ma di una tale assunzione di responsabilità, inutile dirlo, non vi è neanche l’ombra”.
Andrea Draghetti
www.partitodemocratico.it