Le università devono dimagrire. Sono già diminuiti del 20% i corsi di laurea ma ancora non basta, il ministro dell’Istruzione Gelmini chiederà nelle prossime settimane con un decreto agli atenei di accorparsi.
Bisogna rientrare nei conti e le conseguenze saranno particolarmente evidenti a Torino dove il Politecnico intende chiudere tutte le sedi decentrate. Questa settimana ci sarà ancora un incontro in Regione e poi il Senato Accademico dovrebbe dare l’annuncio. Le sedi sono cinque, e per il Piemonte è un vero e proprio terremoto. La scorsa settimana i collettivi studenteschi hanno occupato il rettorato per diverse ore ed è difficile prevedere che cosa accadrà quando sarà chiaro che nulla si potrà fare contro la chiusura.
Perché è vero che nelle cinque sedi a rischio c’è Verrès in Val d’Aosta dove c’è un corso di sette studenti, ma è anche vero che la scure del Senato Accademico si sta per abbattere sulla facoltà di ingegneria di Vercelli dove gli studenti sono 900, suddivisi tra gli studi tradizionali di ingegneria civile o meccanica ma anche quelli di «electronic and computer engineering», un corso in inglese con centinaia di studenti provenienti da Giappone, Africa e India. «Il miglior esperimento piemontese di internazionalizzazione», lo definisce Roberto Rosso, deputato del Pdl.
E poi ci sono Mondovì e Alessandria: altre centinaia di studenti decisi a non farsi cacciare dalle aule. Ci sono i percorsi interamente in inglese del Politecnico di Biella e i milioni di euro stanziati in investimenti destinati a andare in fumo, come sottolineano gli enti locali in questi giorni: un’intera palazzina di nuovi laboratori attrezzati a Vercelli, 20 milioni spesi soltanto per la sede Mondovì. Per non parlare delle aziende che intendevano investire per progetti di ricerca e che ora si indirizzeranno altrove.
La delusione è forte in Piemonte. Ma i vertici del Politecnico fanno capire che c’è poco da fare. Il prorettore Marco Gilli ha spiegato che la Finanziaria chiede di ridurre la spesa, che soltanto a Mondovì oggi il numero di ore è il doppio di quelle richieste a un’Università con quel numero di docenti. Per salvare la sede centrale di Torino la parola d’ordine è: «Da qualche parte si deve tagliare».
Eppure il politecnico di Torino è al secondo posto nella discussa classifica degli atenei più meritevoli stilata a luglio dal ministro Gelmini. Ed è ai primi posti nella classifica delle università italiane messa a punto dall’associazione Vision in primavera.
Ma la lettera inviata un mese fa a tutte le università italiane dal ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini parla chiaro. E il decreto che il dicastero sta mettendo a punto, e che dovrebbe vedere la luce nelle prossime settimane, trasformerà in legge l’annunciata razionalizzazione degli atenei. Da un lato sono previsti tetti ben definiti al numero di ore dei corsi, dall’altro si chiederà alle università più piccole di unirsi, fondendosi oppure creando sinergie tra loro.
Quel che conta è il risparmio. Perché le cifre lo chiedono, sostiene il ministro. Sono oltre 330 le sedi distaccate, vanno sfoltite. E quindi i rettori stanno procedendo. A Siena, dove il bilancio era in una situazione davvero critica, si è passati da 118 corsi di laurea a 84, le sedi esterne da 5 sono diventate 2 e i docenti da 1060 sono diventati 800, come ha raccontato il rettore Silvano Focardi nella sua relazione alla commissione Istruzione del Senato. In totale i corsi di laurea sono diminuiti del 20%, da 5699 almeno 100 sono già stati cancellati. Ora sono circa 4600, più o meno in linea con il dato della Francia (4878) e della Gran Bretagna (5009).
Ma se c’è chi taglia c’è anche chi non lo fa. Come il Politecnico di Milano che ha una sede decentrata come Lecco dove i tagli della Gelmini e l’appello verso una razionalizzazione delle risorse hanno portato a uno stanziamento di 25 mila euro dalla Regione Lombardia e alla fine di ogni timore da parte degli studenti. «Purtroppo in questo momento si sottolineano di più i problemi di bilancio che le esigenze degli studenti e dell’insegnamento – lamenta Alberto Civica, segretario generale della Uil Università – Sedi decentrate come quelle del politecnico di Torino hanno anche venti anni di corsi alle spalle, non possono essere cancellate in modo così repentino».
La Stampa, 19 ottobre 2009
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