lavoro

“Forzare la mano per esistere. Otto storie di ordinaria crisi”, di R. Giovannini

Lo dicevano chiaro e tondo gli operai dell’Alstom di Colleferro: per far parlare di sé, dei problemi del lavoro, bisogna «un po’ forzare la mano». Ormai è difficile per una «normale» vertenza finire sui giornali o in tv, a maggior ragione in questi tempi di crisi in cui le aziende a rischio chiusura sono centinaia. D’altra parte, se si vuole ottenere qualche risultato, coinvolgere la politica, bisogna che i media parlino di te. E scioperi e cortei non fanno notizia o quasi, come sanno benissimo i metalmeccanici Fiom in piazza. E allora?
Allora, si «forza la mano». Si sale sui tetti della fabbrica o dell’ufficio, su un carroponte sospeso o su una ciminiera, ci si barrica in azienda, si fa lo sciopero della fame. In qualche caso si occupano strade, ponti, stazioni ferroviarie. A volte (in Francia lo si è fatto spesso, in Italia solo al call center Omnia Network) si mette paura sequestrando i manager per qualche ora. Azioni disperate, quasi sempre gestite insieme dalle organizzazioni di Cgil-Cisl-Uil, e che quasi sempre hanno successo: la strategia della disperazione coinvolge le istituzioni, appassiona l’opinione pubblica grazie a un uso sapiente dei media, favorisce la stipula di accordi.
Innse
È il caso più clamoroso. L’Innse, un’azienda metalmeccanica condannata nonostante 16 mesi di lotta, ha trovato un compratore (il gruppo Camozzi) e riaprirà il 12 ottobre con tutti i 49 dipendenti. Tutto questo grazie alla protesta clamorosa di 4 lavoratori che dal 4 al 12 agosto scorso vanno in cima a un carroponte.
Cim
Al caso dell’Innse si sono ispirati i sette operai della società di materiale edile Cim di Marcellina, vicino Roma: salgono la mattina del 10 agosto su una torre alta circa 50 metri per protestare contro la vendita del terreno comunale dove sorge l’azienda. Tre giorni dopo scendono: il Comune ha sospeso l’ordinanza di sgombero.
Lasme
Lotta estrema anche alla Lasme di Melfi (Potenza), azienda dell’indotto Fiat che produce alzavetri elettrici di cui era stata annunciata la chiusura. Il 25 agosto scorso sette dei 174 dipendenti riescono a raggiungere il tetto dello stabilimento; adesso è in atto una trattativa, si parla di Cassa integrazione a rotazione e di impegni per commesse da parte di Fiat.
Insegnanti precari
Protesta clamorosa anche per gli insegnanti precari: a Benevento, nella mattinata del 29 agosto 7 docenti (precarie nonostante 10 anni di insegnamento) raggiungono il tetto del provveditorato. Queste e altre proteste ottengono dal ministro Gelmini il cosiddetto decreto «salvaprecari», che per l’appunto prevede per i precari «storici» corsie preferenziali per le supplenze.
Ideal Standard
Ha ottenuto risultati anche la protesta dei 130 lavoratori della Ideal Standad di Brescia: la proprietà aveva deciso di chiudere lo stabilimento e procedere allo spegnimento del forno, e gli operai hanno occupato il sito il 27 agosto. Il 21 settembre l’azienda ha accettato di negoziare, e il 7 ottobre è stato firmato un accordo che salva la fabbrica: il forno resta acceso, i dipendenti restano in Cig ordinaria fino al 27 dicembre.
Cnh
È andata bene anche ai 434 operai della Cnh di Imola, fabbrica di macchine movimento terra della Fiat: ne era stata annunciata la chiusura, dal 25 al 30 agosto un operaio, il 51enne Guido, ha fatto lo sciopero della fame ad oltranza. Il 1° settembre è ripresa la trattativa, il 10 settembre l’accordo che salva lo stabilimento e garantisce la Cig per 12 mesi.
Novico
Cinque operai e un’operaia hanno deciso il 28 agosto di chiudersi vicino a una vasca contenente materiale pericoloso, dentro lo stabilimento della Novico di Ascoli, fabbrica di siringhe monouso con 80 dipendenti in amministrazione controllata. Dopo qualche giorno sono usciti, ma per lo stabilimento non è in vista una soluzione.
Adelchi
Infine, una vertenza ancora in corso. Parliamo dei 600 lavoratori della Adelchi di Tricase (Lecce), un’azienda calzaturiera in crisi con i dipendenti in cassa integrazione. Un accordo prevedeva l’avvio di un piano industriale e la riattivazione parziale delle linee da metà settembre, ma non è stato rispettato. Alcuni operai hanno deciso 10 giorni fa di salire sul tetto del Municipio di Tricase. Sono ancora lassù.

La Stampa, 9 ottobre 2009