In parallelo modifiche costituzionali e abrogazione del Porcellum: decolla il “lodo Napolitano”. Non solo fibrillazioni e fisiologiche tensioni, come sulla delicata partita dell’articolo 18: la maggioranza parlamentare che sostiene l’esecutivo Monti regge all’urto, sigla un’intesa lampo sulle riforme istituzionali ed elettorale e dissolve i fantasmi di crisi e di voto anticipato. A Mario Monti che due giorni fa da Seul, in Corea, aveva “richiamato” i partiti, i tre segretari di Pdl, Pd e Udc hanno risposto ieri dalla cosiddetta Corea di Montecitorio, il grande corridoio parallelo al Transatlantico: dallo studio di Berlusconi.
Un vertice deciso a tambur battente: ordine del giorno preciso, zero sbavature: poco più di un’ora di colloquio tra Alfano, Bersani e Casini, assistiti da La Russa, Quagliariello, Violante, Adornato e Bocchino per siglare un protocollo congiunto sulle riforme istituzionali possibili in questo scorcio di legislatura da far marciare – e qui è la novità – in parallelo con una riforma elettorale che consenta, cancellando il Porcellum, la scelta dei parlamentari da parte di chi vota e la fine dell’obbligo di coalizione.
Sembra poco: ma nella «strana e eterogenea» maggioranza “montista” l’accelerazione chiesta dal Pd sulla legge elettorale che era stata finora posta in coda, cioè dopo le riforme costituzionali, è l’ennesimo esplicito segnale politico della volontà di arrivare con Monti fino a fine legislatura, che i tre segretari hanno voluto mandare non soltanto al capo del governo, ma anche ai loro nervosi partiti: alternativamente, o congiuntamente, insofferenti al piglio “tecnico”. Si rassegni chi, nei partiti, ancora coltiva l’idea di spedire a casa Monti anzitempo. Dal vertice “ABC” esce il messaggio opposto: si va avanti. C’è un pezzo di Pdl, per restare sul versante destro della maggioranza – molti ex An più qualche falco ex forzista – che gioca al tanto peggio tanto meglio e cerca la rissa, come sull’articolo 18: il che fa gioco a Berlusconi, ma a condizione che si tratti solo di fumo, senza far veri danni a Monti.
Quest’ala di Pdl, ieri, è stata isolata e neutralizzata: poiché si doveva mandare un segnale di concordia tra i segretari sulle riforme, Alfano ha ammainato la bandiera del Pdl del posticipo della legge elettorale rispetto alle modifiche della costituzione. Si vedrà in concreto se l’atto cavalleresco del Pdl nasconda una trappola: cioè se, una volta partite in parallelo, «le riforme costituzionali passano entro giugno in prima lettura e quella elettorale invece rallenta…», come già sibilava ieri un grosso calibro del Pdl, ex aennino.
Ma per veleni e trame c’è tempo. Ieri è stato il giorno dell’accordo (nonostante uno scambio di battute al fulmicotone Bersani-Alfano sull’articolo 18), salutato subito da Napolitano con parole di «vivo apprezzamento» per l’impegno di Pdl, Pd e Terzo polo a collaborare «senza indugio» alla doppia riforma. Del resto l’idea del percorso parallelo ha il copyright del Quirinale, che la teorizza da prima di Natale. «Possiamo dire che è passato il “lodo Napolitano”», scherzava ieri Quagliariello. La prossima settimana i segretari si ritroveranno per un nuovo vertice, con Monti. Dovrebbe essere la volta del dossier Rai e di un primo accenno a quello sull’articolo 18. Per certo ABC e Monti parleranno di giustizia, tema su cui il Pdl (in cui tutti sono contro tutti e nessuno si fida più di nessuno) ha i nervi scoperti.
Al punto che ieri, in vista del vertice di venerdì su anticorruzione, responsabilità civile dei magistrati e intercettazioni (tra i capigruppo Pdl, Pd, Udc e Fli e il ministro Paola Severino), Cicchitto s’è attaccato al telefono e ha preteso di parlare direttamente con Monti che era a Seul, nel bel mezzo di una plenaria di 60 leader mondiali: scavalcando clamorosamente Alfano, ha indicato presunti paletti e chiesto garanzie sui nodi della giustizia. Per colpa della telefonata, Monti s’è perso il discorso di Obama in cui il presidente Usa aveva onorato il premier-professore italiano con una citazione.
da Europa Quotidiano 28.03.12