Un messaggio al Pdl: «Questo non è un governo a sovranità limitata, non possono essere esclusi temi come la giustizia o la riforma della Rai». E uno a Mario Monti: «Il problema non sono i partiti, in generale. C’è un preciso partito, con nome e cognome, che sta creando difficoltà. Su questo bisogna essere chiari». Il giorno dopo il vertice a Palazzo Chigi saltato per il forfait di Angelino Alfano, l’umore di Pier Luigi Bersani non è dei migliori. Il segretario del Pd spiega ai suoi interlocutori che sarebbe voluto andare all’incontro tra Monti e i leader delle forze che lo sostengono in Parlamento per parlare di lavoro, scuola, riforma fiscale, e anche di due argomenti che reputa strettamente connessi alla mission dei “tecnici”. «Il Pdl dice che questo governo deve occuparsi solo di economia? si sfoga con i suoi Ma quanti investimenti, dall’estero e in Italia, non arrivano perché c’è il problema della corruzione? Anche l’Ocse ha ricordato quanto freni lo sviluppo del Paese. E poi vogliamo parlare o no di Rai? Sarà o no un problema economico e industriale se la principale azienda pubblica italiana è allo sbando?».
Bersani insomma non ha intenzione di lasciar passare il diktat del Pdl e fa sapere al governo che è pronto a partecipare a un vertice a Palazzo Chigi con Monti, Alfano e Casini solo se non ci saranno argomenti preclusi in partenza. «Io vado al prossimo incontro con il premier e parlerò di tutto spiega anche ai cronisti che lo interpellano alla Camera sull’annuncio da parte del presidente del Consiglio di un incontro la prossima settimana ma sia chiaro, non accetto esclusione di temi».
Proprio sulle due questioni su cui il Pdl ha posto il veto, cioè giustizia e nuova governance Rai, il Pd sta lavorando per innescare dal Parlamento un’accelerazione della discussione. Se il disegno di legge anticorruzione è da tempo bloccato in commissione alla Camera e ora si attende un’iniziativa del Guardasigilli Paola Severino, la proposta di legge del Pd sulla riforma della Rai, a prima firma Bersani, è ancora in attesa di assegnazione alle commissioni competenti, Cultura e Telecomunicazioni. Il capogruppo del Pd in quest’ultima, Michele Meta, e il portavoce di Articolo 21 Beppe Giulietti, hanno chiesto di calendarizzare tutte le proposte depositate per avviare una discussione prima della scadenza dell’attuale Cda, il 28 marzo. Dario Franceschini, secondo firmatario del testo presentato dal Pd, potrebbe chiederlo formalmente alla prossima riunione dei capigruppo. Il Terzo polo è d’accordo col Pd su questo tema (così come l’Idv) e Gianfranco Fini non avrebbe difficoltà a dare il via libera. «I tempi per approvare una nuova legge prima del 28 ci sono», dice Bersani. Ma i deputati del Pd che stanno lavorando all’operazione sono convinti che basti anche soltanto l’avvio della discussione, senza necessariamente arrivare ora all’obiettivo, per impedire che a fine mese si proceda al rinnovo del Cda sulla base della legge Gasparri. «Il governo potrebbe commissariarlo in attesa di regolarizzazione o definizione di nuove regole viene spiegato così come è già successo per altre aziende partecipate dal Tesoro».
Il Pd è pronto a giocare questa carta se rimarrà il veto del Pdl sulla Rai, ma allo stato Bersani non dà affatto per scontato che nell’agenda di Monti non ci sia la riforma di viale Mazzini, come pure qualcuno sostiene: «Io non gliel’ho mai sentito dire», risponde il leader del Pd a chi lo avvicina alla Camera, senza nascondere di aver trovato «indelicato Confalonieri» che è andato da Monti proprio nel giorno in cui si sarebbe dovuto tenere il vertice. «La Rai sta andando in difficoltà strategica, bisogna smetterla con le logiche spartitorie. Io non partecipo al prossimo Cda nominato con la legge Gasparri, neppure se potessi avere la maggioranza del Cda stesso». Bersani racconta di averlo spiegato direttamente anche a Monti: «Gli ho detto che si può mettere al vertice anche Einstein, ma anche Einstein finisce per perdere la faccia in un meccanismo che non può funzionare. Bisogna capire cosa deve essere la Rai: un’azienda o un luogo di scorribande?».
Ma c’è anche un altro messaggio che Bersani fa arrivare a Monti. Se il presidente del Consiglio fa sapere di auspicare che «non si allarghi lo spread tra i partiti politici che sostengono la maggioranza», il leader del Pd non sorride troppo alla battuta: «Il problema non sono i partiti. C’è un solo partito, con nome e cognome precisi, che con il suo comportamento sta creando una situazione pericolosa. Su questo sarebbe bene essere chiari».
l’Unità 09.03.12