La crisi economica, a scuola, fa crescere i dispersi. Il ministro dell´Istruzione, letti gli ultimi dati sulla fuga dalle classi, ha scelto di porre la questione tra le priorità del suo mandato. In Italia un ragazzo su cinque non ha un diploma di media superiore né una qualifica professionale: è “disperso scolastico”, secondo l´accezione europea, destinato al fallimento personale. Gli ultimi dati Istat, passati dall´Istituto nazionale di statistica al Miur dieci giorni fa e ora pubblici, illuminano il quadro: il 18,8 per cento dei giovani italiani fugge la scuola prima del diploma (si sale al 22 tra i maschi). Certo, alle spalle c´è un recente recupero: dal 2004 al 2010 è tornato in aula e agli esami finali il 4 per cento degli iscritti, ma l´ufficio statistica del ministero sta lavorando nuovi dati che illustrano come la lunga crisi economica abbia interrotto il recupero e stia allargando un problema storicizzato al Sud alle periferie delle metropoli italiane: Milano, Torino, Genova, Verona, Bologna, Roma.
Il ministro Francesco Profumo è stato un mese fa a Ponticelli (Napoli) e sabato scorso ha trascorso una giornata a Palermo, dove ha scoperto che all´istituto comprensivo Giovanni Falcone di via Marchese Pensabene, quartiere Zen 2, per sei anni è stata richiesta la targhetta del civico (il numero 34) e quando è arrivata i vandali l´hanno distrutta. «Lo Stato deve esserci di più», ha detto Profumo, «noi individueremo una persona che segua questa scuola e il suo progetto». La palestra del “Falcone” è chiusa dal 2009, le poche telecamere installate sono rivolte sulle aiuole e la notte non riprendono nulla, l´ascensore è fermo da dieci anni perché mai si è fatta manutenzione. Queste condizioni strutturali aiutano la dispersione scolastica, fenomeno che ogni studio affianca alla povertà familiare, al degrado del territorio. In Sicilia la “media dispersione” sale al 26%. In quartieri come lo Zen 2, rivela il sottosegretario all´Istruzione Marco Rossi Doria, un giovane su due non va a scuola.
Ecco, non si riesce a scalfire in maniera organica quella soglia: un abbandono ogni cinque studenti. Secondo l´agenda di Lisbona la dispersione doveva essere dimezzata entro il 2010, e senza dubbio dovremo farlo entro il 2020. Questo governo ci prova ora investendo sulle quattro aree a rischio – Campania, Puglia, Calabria e Sicilia – 30 milioni di euro di fondi europei, quattro già disponibili. «Abbiamo una dispersione quasi doppia di Francia e Germania e non riusciamo a migliorare», dice il sottosegretario Rossi Doria, una vita e una fama da “maestro di strada” nei quartieri poveri di Napoli. «Da 25 anni conosco i ragazzi dispersi e tocco con mano il valore delle statistiche generali: ogni anno di istruzione in più significa meno malattie, meno dipendenza, meno povertà. È vero in Brasile, in India e allo Zen. In Italia l´uscita dall´analfabetismo è stato il volano del boom economico, ma oggi, dopo 130 anni, la scuola non è più un luogo di emancipazione sociale».
La dispersione scolastica è un´emergenza della gioventù italiana e da qui a giugno 2014 sarà affrontata con 30 milioni di euro. «Dobbiamo puntellare il ciclo delle elementari: resta la fase migliore della scuola italiana, ma mostra le prime crepe», dice Rossi Doria. Più ore il pomeriggio e rafforzamento degli alfabeti di base. «Se dai 7 ai 9 anni leggi bene e capisci i significati, scrivi in maniera corretta, impari la base del pensiero scientifico-matematico, sei pronto per passare alle medie e alle superiori senza rischi». È tra i 14 e i 17 anni che ci si “perde”: sono 117 mila i ragazzi di quell´età fuori da qualsiasi percorso formativo. «L´Invalsi, con i test in seconda e quinta elementare, ci sta aiutando a guidare i nostri figli e segnala i primi problemi nelle periferie di Roma e delle grandi città del Nord». Pool di insegnanti lavoreranno con i ragazzi sui risultati Invalsi e si sta studiando se per il lavoro surplus potranno essere pagati straordinariamente: «L´obiettivo è quello di tenere le scuole aperte tutto il giorno». La seconda parte del piano ministeriale prevede una connessione, «una rete», tra la realtà scolastica (presidi, insegnanti, bidelli) e le strutture sociali del territorio circostante (centri sportivi, luoghi di associazionismo, parrocchie). «È un raddoppio della marcatura sui ragazzi a rischio», dice il sottosegretario. Si sta creando un prototipo per i quartieri periferici delle città da rendere operativo a settembre, nuovo anno scolastico. Il “maestro di strada” spiega, quindi, la necessità di creare «scuole di seconda occasione». Strutture private che, coinvolgendo le madri, potranno lavorare sulla psicologia degli infanti e far crescere la loro capacità di narrazione. Napoli ha aperto la strada, a Torino si è sviluppata la realtà “Provaci ancora Sam”. Contro l´addio alla scuola, infine, diventa fondamentale la riqualificazione degli istituti tecnici: «Dove c´è una rete industriale e artigianale che funziona i dati migliorano». A Benevento, nel centro di Lecce, in alcuni zone di Torino, nella provincia di Trento.
La Repubblica 27.02.12