Sono 80mila i posti di lavoro in meno per i giovani, una disoccupazione record in Europa. E’ un’emorragia che sembra inarrestabile ormai quella subita dai giovani italiani in questi ultimi anni. Avevano perso già molti posti di lavoro nel 2009 e 2010, e il calo è proseguito nei primi tre mesi dell’anno successivo. E’ il presidente dell’Istat, Enrico Giovannini a spiegarlo durante un’audizione alla commissione Bilancio della Camera: «Dopo la forte caduta nel biennio 2009-2010, l’occupazione dei giovani tra i 18 e i 29 anni continua a calare, nella media dei primi tre trimestri del 2011» e «ha subito una flessione del 2,5% (circa 80 mila unità, per l’appunto)». Ma non è finita qui. «Il tasso di disoccupazione dei giovani tra 18 e 29 anni è sceso dal 20,5% del primo trimestre 2011 al 18,6% del terzo trimestre, rimanendo almeno 11 punti percentuali al di sopra di quello complessivo. Tuttavia, se consideriamo la fascia di età 15-24, come proposto dall’Unione europea, la disoccupazione sale al 31%, la più alta dopo la Spagna». Tornando indietro al 2010 il calo degli occupati raggiunge la quota record di oltre mezzo milione di giovani, 501 mila, per la precisione.
La Cgil ha cifre anche più gravi da citare. «Il dramma dei giovani è determinato dalla crisi e dalle regole del lavoro – ricorda il segretario confederale della Cgil, Fulvio Fammoni – Quando si tireranno le somme si vedrà che nel 2011 si saranno persi oltre 100 mila occupati tra i giovani, mentre contemporaneamente l’80% delle assunzioni è con contratti di lavoro precari. Sta in questi numeri l’agenda delle riforme necessarie al Paese: sviluppo, crescita e lotta alla precarietà».
E però qualcosa non torna nei conti e negli allarmi. La Cgia di Mestre spiega che se è vero che nei primi 9 mesi del 2011 sono stati 80mila in più i giovani italiani disoccupati, lo è anche il fatto che 45.250 posti messi a disposizione degli under 29 dalle imprese sono rimasti vuoti. Si tratta del numero di possibili assunti che le aziende hanno dichiarato di non essere riuscite a reperire sul mercato del lavoro: o per il ridotto numero di candidati che hanno risposto alle inserzioni (circa il 47,6% del totale), oppure per l’impreparazione di chi si è presentato ai colloqui (pari al 52,4%), sulla base di quanto risulta dai dati Excelsior-Ministero del Lavoro. «Purtroppo – commentano gli esperti della Cgia – è il paradosso che sta vivendo il mercato del lavoro».
Le figure professionali più difficili da reperire sono state quelle dei commessi (quasi 5.000 posti), camerieri (poco più di 2.300 posti), parrucchieri/estetiste (oltre 1.800 posti), informatici e telematici (quasi 1.400), contabili (quasi 1.270), elettricisti (oltre 1.250), meccanici auto (quasi 1.250), tecnici della vendita (1.100), idraulici e posatori di tubazioni (1.000) e baristi (poco meno di 1.000). Bisognerà aspettare il consuntivo delle assunzioni avvenute nel 2011, nei prossimi mesi – avverte la Cgia – per vedere se le cose alla fine sono andate proprio così.
Nel frattempo il governo lavora alla riforma del lavoro. Il ministro del Welfare, Elsa Fornero, assicura che arriverà «entro la fine di marzo» e che sarà «una riforma incisiva e credibile per i mercati». «Siamo partiti con il piede giusto», afferma il presidente della Confindustria, Emma Marcegaglia. La battaglia vera, infatti, è stata spostata alla fine della trattativa, e riguarderà l’articolo 18. Il segretario generale della Cgil Susanna Camusso lo ha di nuovo difeso spiegando che si tratta di «una norma di civiltà» e che non è vero che allontani gli investitori.
La Stampa 17.02.12