Lettera aperta alla ministra Fornero
Egregia ministra,
Lei ha avviato una politica previdenziale di grande durezza. Sappiamo che di ciò è pienamente consapevole come attestato, visibilmente, dalla conferenza stampa tenuta a Palazzo Chigi il 4 dicembre scorso. Prima ha avuto la fiducia dei tre maggiori partiti al Parlamento e subito dopo ha mostrato una inattesa quanto insensibile chiusura che si è concretizzata, per esempio, nel difficile rapporto con le organizzazioni sindacali. All’Italia non giova un altro alfiere prussiano che difenda come un fortino la riforma delle pensioni con il suo nome. La nostra nazione ha bisogno, semmai, di politici umili che ascoltino la voce della gente, degli esponenti politici, del mondo della cultura, che sappiano intercettare i disagi sociali e alleviarli con giuste soluzioni, che non attentino alla vita intesa come progettualità. Il suo procedere sordo e irremovibile non va certo in quella direzione. Il trattamento discriminatorio dei lavoratori della scuola ne è testimonianza. Così è accaduto, crediamo noi, con l’emendamento n. 6.51, accantonato per ora al Senato fino al 13 febbraio in attesa di essere approvato o respinto, che prevede la proroga al 31 agosto per coloro che abbiano maturato nel 2012 la vecchia quota 96 (60 anni di età e 36 di contributi o 61 di età e 35 di contributi). Sappiamo da fonti politiche della sua ostilità verso tale articolo concernente un’esigua fascia di lavoratori della conoscenza, avversione che esula, spiace rilevarlo, da ogni ragione democratica di un paese civile.
Elsa ForneroForte della fiducia incassata a larghissima maggioranza La vediamo arroccata in uno stallo morale che le impedisce l’esame sereno delle iniquità che pur sussistono (e sono tante) in questa riforma delle pensioni. Noi ci limitiamo a segnalare quella relativa ai docenti e al personale ausiliario della scuola classe 1952, fortemente penalizzati dalla nuova normativa previdenziale e dimenticati dai media. Questi lavoratori, nello specifico, che stanno peraltro approntando un ricorso collettivo contro il Governo, hanno da sempre una sola finestra di uscita per andare in pensione: il 1 settembre di ogni anno scolastico. La riforma da lei confezionata ha purtroppo ignorato che tutti i dipendenti pubblici maturano l’anzianità per anno solare ad eccezione della scuola che la matura, invece, per anno scolastico.
Il Governo, colpevolmente dimentico di questa particolarità normativa, ha decretato che solo coloro i quali maturano i requisiti al 31 dicembre del 2011 possano andare in pensione con le vecchie regole. L’emendamento in questione, presentato dal Pd, propone invece, con molta avvedutezza, di rimediare a tale “stortura” e di varare un intervento volto a introdurre il termine del 31 agosto 2012 per quel personale del comparto scuola che abbia maturato i requisiti di accesso e di regime delle decorrenze previgenti alla data di entrata in vigore del decreto-legge 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. Se si vogliono conservare i diritti riconosciuti per tutti i dipendenti al 31 dicembre 2011, per analogia gli stessi diritti per la scuola devono essere fissati al 31 agosto 2012. Questa si chiama equità. Molti ne rimarranno fuori, lo sappiamo, ma ci saranno altre sedi che non il milleproroghe dove affrontare le spinose questioni della gradualità dello scalone di 6 anni.
Si tratta, cara Ministra, di una rivendicazione sostenuta e condivisa da molti parlamentari, così palesemente giusta che è solo da ratificare. Un emendamento, il 6.51 nella fattispecie, è stato infatti depositato presso il Senato dall’Ufficio Legislativo del gruppo del Partito Democratico. Non è, come potrebbe sembrare a chi non conosce la Pubblica Amministrazione, un segno di favore o una regalia per fini elettorali ma un ravvedimento costituzionale che dovrebbe essere adottato per sanare l’ingiustizia prima che i tribunali facciano sborsare a Codesto Governo ben altro denaro oltre a fargli perdere la faccia. La copertura è stata trovata e giustificata con il già citato articolo 6.51 a firma del senatore Mercatali, che ne è stato il Relatore.
Quello che Le chiediamo è di addivenire ad una risoluzione positiva in grado di correggere l’odiosità di una norma iniqua che presenta inoltre, come ha scritto l’ex ministro dell’istruzione Giuseppe Fioroni, dei “profili di anticostituzionalità”. Riteniamo che ci siano gli estremi perché il Parlamento la voti anche nel caso in cui Lei fosse contraria. Tuttavia confidiamo che i politici più assennati e vicini al mondo della scuola, come l’onorevole Manuela Ghizzoni e la senatrice Mariangela Bastico, che tanto hanno fatto lungo questo versante, riescano a convincerla. Tale provvedimento, infatti, potrebbe dare nuovi posti di lavoro ai tanti precari e senza “posto fisso” che vagolano in attesa – amareggiati e in veste grigia – di un punto di riferimento certo.
Egregia ministra, ponderi, di grazia, i termini di tale iniquità e dia ai lavoratori della conoscenza quanto spetta loro di diritto, si sbilanci un po’ a favore della giustizia. Forse, così, una parte di questo paese tornerà ad appassionarsi alla politica, a sentirla come qualcosa di proprio.
Abbiamo registrato di recente una sua certa flessibilità e apertura nei confronti della categoria dei medici, apertura che ha fatto revocare, in attesa di chiarimenti, lo sciopero del 9 febbraio indetto dalla FIMMG. Non è forse vero che Lei ha valutato con attenzione le argomentazioni sulle pensioni di questa classe e che le ha considerate meritevoli di approfondimento? Mi auguro che non faccia due pesi due misure con i lavoratori della conoscenza. La maggior efficacia rivendicativa dei medici non solo riflette le odiose pressioni lobbistiche a tutti noi note ma – ciò che è peggio – è spia di quella logica barbara che medicalizza anche la cultura invece di riservare a quest’ultima il posto d’onore nell’istituto civile dell’educazione.
Terminiamo con una considerazione personale. Le persone interessate – è importante ribadirlo – non sono, come è scandalosamente accaduto negli anni ’80 e anche nei primi anni ’90, dei baby pensionati con al massimo 20 o 25 anni di servizio. Si tratta di lavoratori sessantenni che hanno dai 37 ai 40 anni di onorato servizio alle spalle e che hanno sempre pagato le tasse senza mai evadere di una lira (o di un centesimo). Non chiedono favoritismi personali ma quei diritti imprescindibili che sono sanciti dalla costituzione. Si adoperi dunque, ministra Fornero, affinché l’emendamento sia approvato al Senato e che l’illegittimità venga sanata. Non badi solo ai “saldi invariati” ma anche ai “diritti acquisiti”!
Ci piacerebbe che arrivi quel giorno in cui Lei possa spiegarci che la riforma appena varata è stata fatta davvero per rispondere ad un patto generazionale e non già per fare cassa!
da http://affaritaliani.libero.it/sociale/privilegi-sulla-previdenza-i-medici-preferiti-ai-docenti110212.html?refresh_ce