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“Riforme, il Pd ci crede Berlusconi pensa a sé e a controllare Casini”, di Andrea Carugati

Fioccano gli incontri, pubblici e riservati, i partiti si annusano, ma ancora sulla riforma della legge elettorale poco o nulla si muove. Ieri si sono parlati in pubblico Franceschini e Cicchitto. Clima cordiale, è già questa è una novità, dopo anni di scontri in aula. Entrambi respingono con sdegno le accuse di «inciucio». «Schiocchezze», taglia corto il capogruppo Pd. «Le regole si scrivono tra avversari», rincara il collega del Pdl. Si cerca un «minimo comune denominatore», ma le distanze restano. Il Pdl fatica a rinunciare al premio di maggioranza, vuole un modello
di tipo spagnolo, più chiaramente bipolare. Franceschini parte dal sistema tedesco, che è molto proporzionale ma ha i collegi uninominali, assai utili a riavvicinare elettori ed eletti. Il capogruppo Pd cerca una mediazione, ipotizza «premi di coalizione» per favorire chi dichiara le alleanze prima del voto. E insiste su una «mozione comune» in Parlamento, da votare «entro marzo», che fissi almeno la «cornice» di un percorso di riforma, i principi condivisi. Non solo dai due maggiori partiti. «Bisogna coinvolgere tutti, anche le forze minori,ma partendo dai partiti che sostengono il governo».
Il Pdl insiste nel mettere in agenda anche le riforme costituzionali, il Pd teme che possa essere «un alibi per non fare niente». Il punto su cui l’intesa pare più solida è il no alle preferenze. «C’è rischio di interferenze della criminalità, soprattutto al
Sud», dice Cicchitto. Come uscirne? Franceschini punta sui collegi uninominali, Cicchitto sulle liste cortissime (ma bloccate) del sistema spagnolo. Il capogruppo Pd insiste su una riunione di tutti i capigruppo di Camera e Senato, per mettere nero su bianco un documento che affronti anche i regolamenti parlamentari e la riforma
Cicchitto frena: «Prima ci vuole l’intesa tra i leader di partito». Berlusconi, durante una riunione Pdl, ha frenato: «Non dobbiamo esporci troppo, altrimenti il fallimento sarà imputato a noi». E ancora: «Nonpossiamo rompere con la Lega e dobbiamo evitare che Casini corra da solo alle amministrative». Anna Finocchiaro è pessimista: «Non vedo la giusta consapevolezza da parte di tutti sull’urgenza di cambiare il Porcellum».E avverte: «Il Pd non accetterà giochetti». Il Pd intanto ieri ha incontrato una delegazione di Sel guidata da Gennaro Migliore. Gli uomini di Vendola sono
stati «rassicurati». «Non ci saranno sbarramenti inaccettabili, né espliciti né impliciti». Se questa è l’aria, Di Pietro e Vendola possono archiviare l’idea di fare una lista civica comune per opporsi all’«inciucio» Pd-Pdl per tagliare fuori i partiti minori. Di Pietro ribadisce le sue richieste: «Si discuta in Parlamento, non nei retrobottega». Casini benedice da lontano il dialogo Pd-Pdl: «Mi fa piacere, prima tutte le energie venivano spese per delegittimarsi a vicenda…».
SCONTRO SULLE FIRME PER LE LISTE
Intanto in Commissione alla Camera proprio la materia elettorale diventa oggetto di scontro. Succede che la proposta Pd per limitare i soggetti autorizzati ad autenticare le firme per le liste elettorali venga presa d’assalto da una serie di emendamenti (della Lega ma anche di Pdl, Idv e radicali) tesi in sostanza adabolire la raccolta
firme per tutti i partiti già presenti in Parlamento. Tra i vari emendamenti, spunta anche l’idea di abolire le firme per tutti i tipi di elezione, comprese le comunali. Alla fine Gianclaudio Bressa, (firmatario con Franceschini della proposta originaria)
decide di ritirarla. «Il nostro obiettivo era moralizzare le procedure sulle firme, evitando anche episodi fraudolenti», spiega. «Se invece si pensa all’abolizione delle firmeo ad un condono generalizzato, non ci stiamo». La stessa Commissione Affari costituzionali di Montecitorio ieri ha approvato una proposta di legge bipartisan
per i consigli e le giunte comunali e circoscrizionali, che prevede come minimo un terzo di donne in lista e la possibilità di esprimere una doppia preferenza, a patto che sia data a un candidato di «genere diverso».

L’Unità 10.02.12

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Ecco le bozze segrete anti-Porcellum”, di Rudy Francesco Calvo

La proposta degli sherpa del Pd piace a Terzo polo e Sel, non a Pdl e MoDem
Molto tedesco, un’apparenza di spagnolo, parecchi aggiustamenti all’italiana. È la ricetta segreta che il Pd ha portato nei giorni scorsi al tavolo del confronto sulla legge elettorale. Un modello sostanzialmente proporzionale che, proprio per questo, è stato molto apprezzato sia dai centristi che dai vendoliani.
A elaborare la bozza, alla quale potranno ancora essere applicati correttivi, sono stati Luciano Violante e Gianclaudio Bressa, su mandato di Pier Luigi Bersani e Dario Franceschini. I punti forti della proposta, sui quali si basa l’asse con Terzo polo e Sel, sono lo sbarramento al 5 (o 4) per cento e l’attribuzione dei seggi a partire da un collegio unico nazionale: chi supera la soglia, insomma, ottiene un numero di seggi proporzionale alla percentuale di voti ottenuta, da ripartire poi nei territori. La scelta degli eletti avviene in maniera mista.
A numero di parlamentari invariato, se quindi non ci sarà la riforma costituzionale che dovrebbe ridurlo, i 630 deputati saranno selezionati in tre diverse tranches: 250 sulla base di collegi uninominali; 250 in liste bloccate circoscrizionali più corte di quelle attuali (ma un’altra opzione è quella di “ripescare” i migliori perdenti nei collegi); i rimanenti 130 seggi servirebbero invece a recuperare i vincitori “eccedenti” dei collegi (cioè quei candidati che, pur vincendo all’uninominale, non rientrerebbero nel numero di eletti che spetterebbe al loro partito sulla base della sola spartizione proporzionale; sono quei seggi che in Germania vengono aggiunti al numero complessivo dei deputati, operazione impossibile in Italia, dove il numero dei parlamentari è fissato dalla Costituzione).
Al netto degli “eccedenti”, i seggi rimanenti sono redistribuiti proporzionalmente alle coalizioni dichiarate prima del voto, che superano il 10 per cento. Una soglia studiata “ad arte” per far rientrare anche il Terzo polo. Non un vero premio di maggioranza, quindi, in quanto (nelle condizioni attuali) difficilmente potrà servire a creare una maggioranza autonoma in grado di sostenere il governo, rendendo più probabile la necessità di nuove alleanze da definire in parlamento. Con i centristi a fare da ago della bilancia.
Accanto a questa proposta di stampo tedesco, sul tavolo ce n’è un’altra più spagnoleggiante. Si tratta del disegno di legge presentato dal senatore del Pdl Giuseppe Saro e ripreso con qualche modifica dai democrat veltroniani Stefano Ceccanti e Salvatore Vassallo.
A sostenerlo, com’è evidente, ci sono quella componente dei berluscones più convinta della necessità di una riforma (capitanata da Gaetano Quagliariello) e, sull’altra sponda, la parte “maggioritaria” del Pd, rappresentata soprattutto da MoDem.
Una bozza che favorisce i due partiti più grandi, senza penalizzare troppo quelli medi (Lega, Udc, Sel, Idv): un effetto che si ottiene spostando l’assegnazione dei seggi dal livello nazionale alla circoscrizione, in modo da alzare (meno rispetto alla Spagna) la soglia di sbarramento implicita. La scelta degli eletti avverrebbe comunque in parte nei collegi uninominali e in parte in piccole liste bloccate.
Sulla base di queste due proposte, gli incontri più o meno riservati tra i partiti proseguono. Ieri la delegazione del Pd ha ricevuto quella di Sel e martedì vedrà Idv e del Terzo polo. Franceschini, che ieri ha partecipato a un’iniziativa di AreaDem insieme a Fabrizio Cicchitto, spinge per arrivare entro marzo a una mozione parlamentare comune di tutte le forze che sostengono il governo Monti. Il capogruppo del Pdl mantiene il suo scetticismo sul confronto in atto, ma ha dichiarato ieri la sua preferenza per il modello spagnolo.

da Europa Quotidiano 10.02.12