Non sarà un grande sindaco, si perdoni l´eufemismo, e purtroppo in tal senso di indizi ne abbiamo ormai accumulati molteplici, ma non si può non riconoscere a Alemanno il talento di una straordinaria e chissà quanto involontaria comicità. Gianni Alemanno è un comico senza sorriso, un Buster Keaton alla vaccinara ma più dolente e triste. Per quel non so che di vagamente arrogante e ottuso proprio del suo guardare di sottecchi. Ieri, nel tentativo patetico e infantile di rifugiarsi in un alibi assurdo, ha scaricato la responsabilità della figuraccia mondiale per il clamoroso fallimento del piano antineve – una macchina per altro neppure mai avviata – sui bollettini della Protezione civile e le previsioni meteo, rei a suo giudizio di non averlo messo in guardia per tempo sulla eccezionalità delle precipitazioni. Forse avrebbero dovuto avvisarlo già lo scorso Ferragosto. Sarebbe bastato? Ne dubitiamo.
Insomma, Alemanno o scherza, o la sua impudenza ha superato l´ultimo confine del principio di irrealtà o il sindaco deve avere qualche conto ideologico in sospeso con i meteorologi. Che siano tutti comunisti? Non potendo risolvere il contenzioso a manganellate, il sindaco si metta l´animo in pace. Ammetta di avere ancora una volta sbagliato. Gli esperti avevano diffuso l´allarme già all´inizio della settimana. Lo testimoniano i resoconti dei giornali, delle tv e i siti Internet. Un vaticinio scientifico di precisione quasi incredibile, tanto che fino ai primi fiocchi di venerdì mattina, riconosciamolo, molti tra di noi avevano manifestato scetticismo. Esagerano, ci dicevamo, per quel vizio indigeno di teatralità di un paese appassionato di catastrofi. Ma quali trenta centimetri in una sola notte su Roma, male che vada si tratterà di una spolverata, neve mista a pioggia che si farà fango in un batter di ciglia. Tuttavia, sotto sotto, si stava all´erta. Tutti, non Alemanno. Lui, pacifico nella sua sicumera, rimaneva fedele al suo motto: arrangiatevi. Lascio le scuole aperte, tocca a voi decidere se mandarvi o no i figli. Restate inchiodati di traverso con l´auto lungo via del Tritone? Mettete le catene, con calma. Preferireste evitare di sfracellarvi sul pavè con lo scooter? Andate a piedi. E se non volete rischiare di rompervi un femore sul marciapiede portatevi appresso un badile. Adesso, infatti, distribuisce pale. Lo faceva pure Mussolini. Che diamine, spetterà mica al Comune farvi da balia nelle incombenze quotidiane.
Così ieri mattina alle sette Roma era bellissima, silenziosa, struggente e dolorosa come in una lettera di Leopardi o nelle descrizioni di Michelangelo Antonioni. Un bowling sul Tevere. Tutto scivolava dentro la sua monumentale e imbiancata rotondità. Una ragazza bionda in body verde correva e sbuffava vapore acqueo in via del Corso, un giapponese intirizzito e commosso si fotografava sotto l´Altare della Patria, al Teatro di Marcello un ragazzo con la Punto prigioniero di un deserto bianco pietiva un consiglio: mo´ ´ndo metto ´ste catene, sulle rote davanti o su quelle de dietro? I rari lampeggianti azzurri di carabinieri e vigili urbani sfilavano impotenti, con aria di scusa. Eppure nel silenzio qualcosa stonava. C´era troppo silenzio nel silenzio della neve. Non il clangore di uno spazzaneve, non il vociare faticoso e allegro di una squadra di spalatori, non la pioggia ruvida sull´asfalto di un camion spargisale. Non un taxi di pronto soccorso, alla faccia della rivolta contro la liberalizzazione delle licenze. Chilometri e chilometri e chilometri di nulla. La città più bella del mondo abbandonata a se stessa. Tragicamente e comicamente. Costretta a scegliere tra l´abdicare alla dignità di grande capitale e l´arrangiarsi, che oggi non è più un´arte. Ma se dobbiamo arrangiarci, che bisogno abbiamo di un sindaco, viene da domandarsi. E di un sindaco come questo. Se lo chieda anche lei, gentile signor Alemanno, quando finirà la caciara. Ci rifletta su.
La Repubblica 05.02.12