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“Il falso castello di Marco Travaglio”, di Cristoforo Boni

Marco Travaglio, dispensatore quotidiano di contumelie e ancor più di improbabili congetture spacciate come verità assolute, ieri su “il Fatto” se l’è presa con il nostro giornale. Dopo aver detto nientemeno che destra e sinistra non esistono più (sarebbero «etichette giurassiche») – peccato che l’abbia fatto proprio nel giorno in cui Mario Monti è tornato alla carica dell’articolo 18 per ostacolare il patto sociale tra imprese e sindacati – Travaglio punta l’indice contro” l’Unità. “Per restare nel suo gergo potremmo dire che due sono i capi d’accusa: una «delirante campagna in difesa di Ottaviano Del Turco» e una complicità con il Pd sulla riforma della responsabilità civile dei magistrati.

La seconda accusa è ridicola, anzi è soltanto strumentale alla campagna che “il Fatto “conduce contro il Pd. Siccome, nella visione di Travaglio il fronte della politica passa dalle procure, dai tribunali e procede a colpi di scomunica (mentre invece tutto ciò che riguarda il conflitto sociale e i poteri reali dell’economia è quasi irrilevante), quale occasione migliore delle battaglie parlamentari sulla giustizia per distribuire patenti di farabutto? Ma non varrebbe la pena di rispondere a Travaglio, se non fosse che la prima accusa colpisce la professionalità de “l’Unità” e il lavoro di un suo cronista, che senza pregiudizi è andato a riguardare le carte dell’inchiesta su Del Turco e ha raccolto notizie sullo stato del processo.

È il compito più importante per un giornalista. Roberto Rossi, infatti, ha riportato sul giornale i risultati della sua ricerca senza partito preso e senza la sicumera che Travaglio solitamente ostenta. Ha scritto, sulla base dei suoi riscontri, che l’inchiesta su Del Turco si sta sgonfiando e che gli indizi sembrano ormai ridotti a quelli costruiti dal suo, non proprio credibile, accusatore. E “si è posto, da giornalista libero, una domanda politica, visto che quell’inchiesta ha avuto enormi conseguenze politiche (oltre che umane): davvero, se fosse stato un errore o un infortunio del magistrato, si può fischiettare e far finta di niente? Qualcuno si è dimenticato che il procuratore capo disse che «c’erano prove schiaccianti» contro Del Turco e questo condizionò il giudizio dei partiti e dell’opinione pubblica?

Nessuno ovviamente pretende di anticipare il giudizio. Anzi, lo attendiamo con grande rispetto. “Il Fatto” è convinto che l’inchiesta sia fondata e Del Turco sia colpevole? Bene, faccia la sua ricerca: leggeremo con attenzione e rispetto le conclusioni. Purché non pretenda di possedere la verità e di avere il potere di dividere il bene dal male. Purché non pretenda che il giudizio giornalistico (e quindi parziale, provvisorio) su un’inchiesta in corso sia possibile solo se è conforme alle tesi della relativa Procura.

Ma passiamo al secondo punto: la responsabilità civile dei magistrati. Ciò che Travaglio attribuisce a “l’Unità “è semplicemente una menzogna. Ieri il costituzionalista Massimo Luciani ha scritto con chiarezza che l’emendamento votato alla Camera è una follia, priva peraltro di fondamento nella giurisprudenza europea. Ciò che l’Europa ha chiesto all’Italia è una più ampia responsabilità dello Stato (non del singolo magistrato) di fronte agli errori giudiziari e ai doverosi risarcimenti civili. Dunque, nessuna esitazione nel giudicare il colpo di mano di Pdl e Lega. Vuol dire che la responsabilità dei magistrati, già sottoposta a referendum, non potrà mai più essere discussa? Ovviamente no. Ma Luciani ha giustamente ricordato il limite posto dalla Consulta: non può in ogni caso essere messa a rischio «l’indipendenza della magistratura». In altre parole, lo Stato che deve risarcire il cittadino vittima dell’errore giudiziario può rivalersi direttamente sul magistrato solo in caso di dolo o di trascuratezza grave. Ma limitare ai casi eccezionali la responsabilità civile impone maggior rigore nell’azione disciplinare. Maggior rigore rispetto alla prassi attuale. Si può discutere di una composizione diversa, più «indipendente», della commissione disciplinare del Csm oppure istituire un giurì di tutte le magistrature esterno al Csm. Ecco, questo è il terreno di in confronto serio, senza anatemi e senza vendette.

da www.unita.it