Il nuovo governatore di Sicilia intende sfoltire l’ufficio stampa della Regione dove lavorano ventuno giornalisti, tutti con la qualifica di redattore capo e uno stipendio fino a seimila euro al mese. Uno di loro è distaccato a Bruxelles per curare le relazioni fra Palermo e il resto d’Europa, ma il presidente Crocetta – a lungo eurodeputato in quelle uggiose contrade – giura di non averlo mai incontrato. Forse frequentavano Europe diverse.
Nei giornali, come in qualunque altro consesso giornalistico governato dalla logica, la qualifica di capo redattore presuppone per ragioni semantiche l’esistenza di uno o più redattori che lavorino alle dipendenze del capo. Alla Regione Sicilia, invece, ciascuno è capo redattore di se stesso e, capeggiandosi, redige. Una bella responsabilità. Che però adesso Crocetta ritiene di potere affidare a un numero più ridotto di persone. L’ufficio stampa del Piemonte ospita nove giornalisti professionisti, quello della Campania anche meno. Naturalmente la Sicilia è un posto meraviglioso e merita più sforzi di qualsiasi altro. Però ventuno a nove è un bel distacco. E anche questa storia delle Regioni a Statuto Speciale – lo possiamo dire? – ha fatto il suo tempo. Erano giustificate sessant’anni fa, quando l’Italia si ricompattava dopo la guerra e temeva di perdere pezzi ai confini. Ma dopo due generazioni siamo (o non siamo) italiani tutti allo stesso modo. E la crisi ha reso ancora più odiosa questa perpetuazione dei privilegi, dal momento che le tasse le paghiamo (o non le paghiamo) tutti allo stesso modo.
La Stampa 20.11.12
Pubblicato il 2 Novembre 2012