Juan Carlos, con uno strappo al protocollo, lo invita a cena in un locale tipico della capitale spagnola. Fra Giorgio Napolitano e il re di Spagna c’è una vecchia amicizia ma sono tempi difficili, per l’uno e per l’altro, e non c’è spazio per troppi convenevoli. «Non si torna indietro dall’euro», mette in guardia il capo dello Stato. Madrid deve restare agganciata al treno al Ue, e son serviti quelli che «profetizzano irresponsabilmente la fatale implosione della moneta unica», le cui voci sono state «messe a tacere o quantomeno fortemente attenuate». Chi sono i predicatori di sventura? Napolitano ne traccia in questo modo l’identikit: «Non si può discettare a cuor leggero sulle disastrose ricadute a catena di una disintegrazione dell’euro, sull’intero sistema economico europeo e mondiale». Nomi non ne fa, ma non è difficile scorgervi il profilo di Silvio Berlusconi, che ancora qualche giorno fa presentava con grande disivoltura la sua ricetta per uscire dalla crisi: fuori la Germania dalla moneta unica. Per il presidente della Repubblica, invece, è bene non farsi illusioni sulle conseguenze di una crisi dell’Europa, perché «non ci sarebbero né vinti né vincitori, solo economie prostrate, tensioni commerciali acute, fenomeni di impoverimento e fortissimi disagi sociali». E ne parla, a Roma, anche Mario Monti: se il governo italiano sta facendo le riforme strutturali, «bisogna dire grazie anche alla Germania». Il ragionamento del premier parte dal fatto che sì, in effetti una certa durezza dell’atteggiamento dell’Ue è stato determinato dalla linea Merkel, ma se oggi «abbiamo un’Europa che ci chiede di fare progressi, e senza questa richiesta non ci sarebbero stati, molto merito va ascritto anche alla Germania».
A Madrid, dove ieri ha incontrato anche il premier Rajoy e ritirato il premio Nuova economia Forum, Napolitano nei suoi colloqui ha naturalmente affrontato la delicatissima questione della richiesta dello scudo antispread, anche perché dopo la Spagna potrebbe toccare all’Italia finire nel ciclone della speculazione. Per il capo dello Stato però non si tratta di salvare via via l’uno o l’altro stato, ma di «stabilizzare l’euro sui mercati». È un compito comune, quindi bisogna andare avanti sulla strada tracciata dall’ultimo Consiglio europeo a Bruxelles: non è ammissibile che «ai sacrifici necessari per risanare il debito pubblico si debbano aggiungere i costi di interessi alti». Dovuti ad uno spread che oscilla per la speculazione, e non a causa dell’economia italiana, i cui fondamentali
sono migliori di altri paesi. Ed è grazie a queste basi, un sistema bancario più solido e un maggiore risparmio delle famiglie italiane, che secondo il Colle il nostro paese può evitare di imboccare lo stesso sentiero che potrebbe condurre la Spagna a chiedere l’intervento della Bce. Ma l’Europa non è solo euro, avverte Napolitano, non dobbiamo commettere l’errore di «esaurirla nella moneta unica». C’è un assoluto bisogno di crescita e occupazione, anche se non va certo dimenticato il problema numero uno che resta quello del debito sovrano. Altrimenti, denuncia un allarmatissimo presidente della Repubblica, «avremo una generazione persa ai fini del mondo del lavoro e della produzione, con gravi conseguenze sociali e politiche». Una generazione perduta, senza un’occupazione, che di sicuro non troverà risposte e fiducia nella politica.
La Repubblica 03.10.12
Pubblicato il 3 Ottobre 2012