Il leader Pd al vertice Pse: se Moody’s permette anche l’Italia vorrebbe votare
Per fare le riforme ci vuole la politica, non i governi tecnici, e la dimostrazione è la difficoltà dell’attuale esecutivo a varare le norme sulla corruzione. Parlando da Bruxelles, dove è in corso il congresso dei Socialisti europei, il segretario del Pd Pier Luigi Bersani ha ribadito il suo “No” a un nuovo governissimo guidato da Mario Monti e ha spiegato la necessità di una aprire nuova fase costituente in Italia e nell’Ue.
Per Bersani il dibattito in corso in Italia sul Monti-bis è stata l’occasione per ribaltare il pericoloso luogo comune che è nato proprio in Europa, quello secondo cui per riformare i Paesi Ue e salvare l’euro dalla sfiducia dei mercati la politica vada commissariata e i cittadini vadano scavalcati a colpi di lettere della Bce, raccomandazioni delle Troike e memorandumnegoziati a porte chiuse.
«L’Italia è un Paese come gli altri», ha detto il leader del Pd e «se Moody’s e Standard&Poor’s consentono, noi vorremmo fare le elezioni come si fanno in tutto il mondo». Noi, ha chiesto, «siamo figli di un Diominore? Se non facessimo le elezioni avremmo più credibilità?»
No, per Bersani anche mettendosi nei panni di un investitore estero che deve decidere se scommettere i suoi soldi sull’Italia un «governissimo, magari con Monti» nato dalla «balcanizzazione del Parlamento» e con personaggi come Berlusconi o Grillo non sarebbe affatto rassicurante. Basta guardare a questo governo che dopo essere ricorso tante volte al voto di fiducia esita ad utilizzare lo stesso strumento per la legge sulla corruzione.
«Non è vero che la politica non fa riforme», ha protestato Bersani, ricordando gli anni del governo Prodi quando «ci siamo andati giù più duri» su tanti temi. E l’obiettivo del Pd, quello che definisce «punto di fondo» è una maggioranza che sia in grado di fare le riforme. Non meno di quelle di Monti, ma più di quelle di Monti. «Più riforme rispetto a Monti – insiste – questo è l’obiettivo che dobbiamo darci».
Per il ritorno della politica però secondo il segretario dei democratici è necessaria una legge elettorale che fin dalla sera in cui si chiudono le urne faccia capire chiaramente chi è che governeràil Paese, altrimenti sarà «un mezzo disastro».Ei quattro punti inderogabili di qualsiasi riforma elettorale, secondo il leader Pd, sono: un minimo di premialità per chi arriva primo, niente preferenze come quelle che hanno permesso l’elezione de «er Batman» nel Lazio, parità di genere col 50% di donne nelle liste elettorali e rimborsi ai partiti sul principio «meno donne, meno soldi» e, quarto e ultimo punto, un sistema anti-Scilipoti: «Puoi fare un gruppo parlamentare solo se ti presenti alle elezioni». Al momento le proposte presentate dal Pdl non rispondono a nessuno di questi punti. Il Partito di Berlusconi, ha ricordato Bersani, con il Porcellum aveva introdotto “un premio di maggioranza iper-uranico” e ora ha cambiato idea: vogliono un proporzionale puro che consegnerebbe al mondo un’Italia ingovernabile.
In nome del riavvicinamento della politica ai cittadini poi Bersani ha ribadito anche il suo sostegno a delle elezioni primarie aperte perché, ha detto, «pensare di mettersi nel fortino sarebbe la rovina del Pd». La consultazione però non deve essere aperta agli elettori di destra, ha precisato, «piuttosto chiedano a Berlusconi, alla Lega e a Grillo di fare le primarie».
Bersani, che nel 2009 vinse le primarie contro il segretario uscente Dario Franceschini e lo sfidante Ignazio Marino, ieri si è detto «fiducioso» per l’appuntamento di novembre e convinto di uscirne più forte per poter fare «il giorno dopo la nostra proposta politica all’Italia».
Nella prossima legislatura secondo il leader del Pd bisognerà mettere mano alla Legge fondamentale italiana con «uno strumento di rango costituzionale che abbia il compito di fare riforme in tempi dati» per modificare «un impianto istituzionale che si è deteriorato ». Le Regioni, ad esempio, che oggi sono al centro dell’attenzione, per Bersani vanno ridisegnate perché ce ne sono alcune che hanno 380 mila abitanti e altri che ne hanno 10 milioni.
Il nuovo governo dovrà poi «introdurre qualche elemento di equità e redistribuzione perché stiamo diventando uno dei Paesi più diseguali del mondo » e ritornare ad occuparsi di diritti, a partire di quello dei figli degli immigrati nati in Italia. Allo stesso modo Bersani, che ieri sera ha a partecipato alla cena dei leader europei socialisti, è convinto che i progressisti dell’Ue debbano spingere per l’apertura di una fase costituente a livello europeo che culmini con la consultazione dei cittadini europei, perché non si può lasciare i temi della democrazia e dei referendum in mano agli euroscettici e ai populisti. I socialisti europei, ha concluso, devono allargare l’orizzonte politico al di là delle proprie famiglie politiche e avviare «una grande battaglia culturale» per superare sia il pragmatismo dei piccoli passi proposto dalla Cancelliera Angela Merkel che l’immobilismo delle road map di riforme che trascurano le urgenze della recessione in corso.
da L’Unità
Pubblicato il 29 Settembre 2012