attualità, politica italiana

"Il lifting del miracolo", di Filippo Ceccarelli

Eccolo di nuovo. Senza occhiaie, liscio in volto come un bambino. È tornato sulla nave. Ha parlato, come se nulla fosse accaduto. Tutto chiaro, tutto facile. L´Europa sbaglia, giù le tasse, via l´Imu, la riforma della Costituzione, Sarkò, Renzi, Grillo. Stavolta non solo è difficile, ma anche faticoso e forse anche vano prendere sul serio Berlusconi, e non solo perché sta per compiere 76 anni. In compenso, per due volte gli è fiorita in bocca una parola, la più abusata e avvelenata della sua storia: “miracolo”.
Più esattamente: il suo ultimo governo ha fatto “miracoli” in politica estera. Quali non ha detto. E poi se Renzi vince, avremo il “miracolo” di un Pd socialdemocratico. Figurarsi cosa gliene importa. Ma non è questo il punto.
Il caso interessante, e per certi versi fatale, è che a suon di miracoli evocati e rivendicati si chiude idealmente un ciclo ventennale di potere ingannevole e mirabolante. Chi non ricorda come finiva la tele-cassetta della discesa in campo? «Dobbiamo costruire insieme un nuovo miracolo italiano».
Era il 1994. Per la verità già allora Giulio Tremonti aveva espresso le sue riserve sul «miracolismo finanziario berlusconiano», pure aggiungendo in modo più prosaico: “Panzane”. Ma il fatto che di lì a poco proprio lui, Tremonti, avrebbe condiviso ai massimi gradi, con le peggiori responsabilità e fino alla fine l´avventura berlusconiana, è una terribile conferma dell´efficacia, per non dire della potenza persuasiva di questo miracolismo.
Ieri, in fondo, Berlusconi s´è anche tenuto. Del resto nel 2000, dando inizio alla crociera elettorale di “Azzurra”, era salito a bordo dicendo: «Sono qui per miracolo». Infatti i «signori del malocchio» gli avevano fatto venire l´influenza. Ma lui era più forte. Con la consueta confezione umoristica a sfondo magico, il messaggio dello stregone-clown attingeva a un dimensione molto più profonda di quando osservatori, oppositori e cultori dell´ideologia pubblicitaria riuscivano allora a cogliere.
Due anni dopo, per via del cancro debellato, disse: «Io sono un miracolo vivente». E nel 2007 comunicò che le donne incinte gli chiedevano di mettere loro la mano sulla pancia; e alcuni miopi sugli occhi; e l´anno dopo lui stesso porse questa specialissima mano ad alcuni imprenditori del Lazio: «Toccatela – l´incoraggiava – perché ha fatto il grano». Chissà oggi come se la passano. E seppure il prodigio appare al confronto assai meno rilevante nel 2009 il Giornale scrisse che un signore di Latina aveva risolto il problema dei piccioni che gli sporcavano il balcone ponendovi la gigantografia del premier.
Tutto è sempre stato un miracolo per Berlusconi: la nascita di Forza Italia, la salvezza del paese dal comunismo, la tenuta della maggioranza, le Grandi Opere che prendevano corpo, il fatto che il governo non metteva le mani nelle tasche dei cittadini, il semestre di presidenza italiana, i risultati del G8, l´accordo Nato-Russia, perfino la riforma del credito venne annunciata con la formula: «San Silvio da Arcore ha fatto il miracolo».
È strano come un popolo che si crede talmente furbo da imprimere perfino sulle mattonelle da muro il motto «Qui nessuno è fesso» abbia abboccato per tanti anni, tacitando ogni residua memoria, oscurando ogni relazione tra causa ed effetto. E cadono un po´ le braccia, sale un filo di nausea nel consultare vecchi giornali e banche dati elettroniche. E il “miracolo” dell´Alitalia, il “miracolo” dell´immondizia tolta da Napoli in 58 giorni (su quanto realmente avvenuto vale ricordare “La bolgia” di Conchita Sannino, Saggiatore 2010 e il saggio di Ciro Tarantino “Scrofole e re”, Rubbettino 2011), e il “miracolo” dopo il terremoto, naturalmente, «nessuno ha fatto un miracolo come noi».
E adesso ancora promesse, ancora miracoli? Ancora nel maggio del 2011, con la crisi ormai esplosa: «Abbiamo fatto un miracolo – sosteneva Berlusconi – nel tenere in ordine i conti dello Stato e contemporaneamente sostenere il mondo del lavoro e delle imprese». E ancora nel giugno, ormai correndo verso la catastrofe: «È stato miracoloso mantenere il bilancio in ordine senza colpire i cittadini». Con tragicomica postilla: «Crediamo di meritare quasi un monumento perché rispetto ai governi europei non abbiamo adottato nessuna misura punitiva verso i cittadini». E già.
Eccolo di nuovo. Dimagrito. Sulla nave. A promettere questo o quello, a raschiare la stiva del miracolismo. E non ci sono più le parole, ma ieri c´era un fantastico video semi-amatoriale (Agf) su Repubblica.it: lui che sta per imbarcarsi, inquadrato in una specie di cornice d´acciaio bianca, gli dicono “Presidente, è in gran forma!”, ma sullo schermo, più simboliche non si potrebbero, si vedono ragnatele svolazzanti, un muto senso di vecchiume e di perduta realtà.
La Repubblica 17.09.12
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“L´ex premier non va preso sul serio ma se ritorna lui allora l´euro finirà”, di Andrea Tarquini
Lo storico Stuermer: “Fa un pessimo servizio al suo Paese e ci rende diffidenti”. No comment, dicono interpellati telefonicamente da Repubblica ambienti governativi. Ma nella Berlino della politica e negli ambienti vicini alla Cdu della cancelliera Angela Merkel malumore e preoccupazione sono evidenti. «Berlusconi forse vorrebbe usare il denaro come il viagra», afferma il professor Michael Stuermer, storico, intellettuale di rango del centrodestra al potere ed ex consigliere di Helmut Kohl negli anni del varo dell´euro. E Karl Lamers, che in quella stessa epoca storica fu l´uomo-chiave del team del cancelliere della riunificazione per i rapporti con i partner europei, aggiunge: «Non lo prendo sul serio, non do valore alle sue parole, e spero non venga preso sul serio. La Banca centrale europea, come tutti sanno, è indipendente, non è controllata dalla signora Merkel».
Le dichiarazioni di Silvio Berlusconi stanno creando qui un effetto molto preciso: la paura che torni l´immagine dell´Italia inattendibile, paese bello da visitare ma di cui non puoi fidarti. E insieme, l´effetto del risveglio di nuovi timori sul futuro dell´euro, proprio mentre appoggiando il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, contro la linea dura del numero uno della Bundesbank Jens Weidmann (criticato ieri molto duramente dal ministro delle Finanze Wolfgang Schaeuble per aver attaccato Draghi in pubblico) Angela Merkel cerca di far accettare alla sua opinione pubblica il suo appoggio a Draghi e i costi e rischi del salvataggio della moneta unica.
«Berlusconi ha reso un pessimo servizio al suo Paese, ha resuscitato e rafforzato diffidenze verso l´Italia», sottolinea Stuermer. E continua: «Insisto, lui probabilmente ne sa più di viagra che non di denaro e gestione del denaro pubblico, e forse gli piacerebbe un uso facile o smodato della stampa di denaro. Sarebbe inutile o dannoso, come l´uso facile o smodato del viagra. Se lui tornasse al potere una fine dell´euro, quella che i tedeschi temono, si accelererebbe. Quelle parole, quando l´opinione pubblica tedesca ne sarà informata, daranno a molti la conferma di vecchie idee sull´Europa mediterranea, che siano pregiudizi oppure no». «La Germania – insiste Stuermer – ha una certa idea della lotta all´inflazione, e anche un´idea molto precisa dell´indipendenza della Bce da ogni pubblico potere, Berlusconi è stato premier e dovrebbe saperlo. Agli occhi dei tedeschi il vostro dibattito sul dopo-Monti adesso acquista anche un´altra luce».
Non molto diverse, al fondo, le opinioni a caldo di Karl Lamers. «Le idee della cultura politica tedesca sulla gestione dei pubblici bilanci e sulla politica monetaria sono note, ma il rispetto dell´indipendenza della Bce è assoluto, e colgo quest´occasione per ribadire il nostro pieno rispetto per Mario Draghi. Invito a sdrammatizzare, a non prendere sul serio quelle parole, e spero che i più nel suo partito non lo seguano». Non prendiamola sul serio, almeno non ancora, aggiungono confidenzialmente e nell´anonimato altre fonti: lui adesso non è al timone.
La Repubblica 17.09.12