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"Scuola, il rituale stanco della valutazione", di Benedetto Vertecchi

I troppi infortuni che accompagnano in Italia le operazioni di carattere valutativo ai diversi livelli del sistema di istruzione dovrebbero indurre a riflettere meglio sulla chiarezza degli intenti che si vogliono perseguire e sull’adeguatezza delle soluzioni adottate dal punto di vista tecnico. Non passa giorno, in- fatti, che non si abbia notizia di pro- ve di ammissione alle università costellate di errori o dense di richieste che dovrebbero essere rivelatrici di non si capisce bene quali competenze. Il quadro non è diverso, anche se gli effetti sociali sono, se possibile, ancora più gravi, quando prove di qualità non migliore sono utilizzate per effettuare selezioni che hanno conseguenze sul destino professionale, e non di rado sulle condizioni di vita, di chi si sottopone ad esse. Basti menzionare quanto è accaduto con le selezioni dei candidati al concorso direttivo o all’ammissione ai corsi di tirocinio tramite i quali dovrebbe procedersi al reclutamento di nuovi insegnanti. È scontato che da tali infortuni non possa che derivare sfiducia nei confronti della possibilità di introdurre nell’attività educativa procedure dalle quali derivino elementi a sostegno di decisioni che perseguano l’intento di migliorarla. Del resto, su questo obiettivo di principio, sembra esserci un generale consenso. Ma è un consenso che si dissolve rapidamente quando si tratta di precisare in che modo l’obiettivo possa essere conseguito. Riaffiorano, da un lato, resistenze radicate nei confronti dell’uso di un’organizzazione delle prove volta a contenere le differenze fra i valutatori, e si manifestano, dall’altro lato, atteggiamenti di accettazione acritica di procedure che ricalcano (più o meno bene, ma più spesso male) modelli diffusi a livello internazionale. Il fatto è che, in forma esplicita o implicita, le pratiche valutative non si limitano a rilevare quale sia stato l’effetto dell’attività educativa, ma investono il piano delle interpretazioni cui i diversi modi di praticare l’educazione fanno riferimento. Non solo: la valutazione funge da elemento di congiunzione tra i valori sociali che si collegano all’acquisizione di valori e conoscenze e gli intenti perseguiti dalle scuole. Basterebbe questa considerazione per concludere che la valutazione richiede un adeguamento continuo dei criteri di riferimento e delle pratiche di attuazione, e che tale adeguamento può essere solo il risultato di una costante attività di ricerca. Occorre indagare i cambiamenti che intervengono nella cultura sociale, nei modi di vita, nelle esperienze di educazione informale. C’è bisogno di studiare l’evoluzione del linguaggio di bambini e ragazzi, la composizione del loro repertorio di simboli, la capacità che dimostrano di collegare pensiero e azione, le relazioni che stabiliscono con i coetanei e con gli adulti, il loro rapporto con la natura. In un sistema educativo, la prima, e fondamentale, attività di valutazione non è quella che si riferisce agli apprendimenti che si conseguono in un contesto organizzato, ma quella che consente di conoscere il profilo di bambini e ragazzi e di coglierne l’evoluzione attraverso gli anni. Ed è proprio la consapevolezza di tale evoluzione che può spingere ad assumere nell’educazione formale (ovvero, nella scuola) decisioni che assecondino o contrastino tendenze in atto. Le pratiche valutative sulle quali si sta soffermando l’attenzione del pubblico sono solo l’espressione di un rituale di accertamento delle competenze acquisite povero d’interpretazioni propriamente educative. Basterebbe confrontare l’inconsistenza dell’organizzazione della ricerca educativa in Italia, e in particolare di quella sulla valutazione, con quella esistente in altri Paesi per rendersi conto che gli infortuni che si vanno lamentando sono eventi annunciati da decenni, da quando allo sviluppo quantitativo del sistema scolastico non è stato fatto corrispondere uno sviluppo corrispondente delle strutture volte ad assicurare al sistema stesso la conoscenza necessaria a sostenerne il funzionamento. La valutazione procede sulla base di tecniche assunte senza una riflessione specifica e, soprattutto, senza che gli elementi assunti siano seguiti da una revisione critica dei comportamenti. Il regolamento recentemente adottato per il sistema nazionale di valutazione è un esempio che mostra come si assumano decisioni prescindendo dalla ricerca. Eppure, pratiche sensate di valutazione possono venire solo dallo sviluppo e dalla diffusione della conoscenza.
L’Unità 05.09.12