Non solo nei posti di lavoro ma fin dai banchi dell’istruzione universitaria le donne italiane devono sudare sette camicie per poi ottenere pari trattamenti di carriera in termini di prospettive di reddito. Lo rivela uno studio dell’Ocse: in Italia – si legge nel rapporto – la laurea è un affare per gli uomini. I vantaggi per le donne dal punto di vista della resa salariale sono inveve limitatissimi.
In base ai calcoli dell’organizzazione, un uomo in Italia con una laurea può aspettarsi rispetto a un diplomato un vantaggio salariale durante la carriera superiore a 322mila dollari, mentre per una donna il benificio si ferma a 136mila.
Al netto di tasse e contributi sociali, il valore netto della luarea è di 173mila dolari per l’uomo e di soli 25mila per la donna, con la maggiore disparità fra i paesi industrializzati.
La media Ocse è di 186mila a livello lordo per un uomo e di 134mila per una donna, con valori netti rispettivamente di 82mila e 51mila dollari.
Il rapporto “Education at a glance 2009” presentato dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, invita inoltre a investire nella scuola per uscire dalla recessione. In pratica, tutto l’opposto di quello che accade con le politiche di governo e i frutti avvelenati della riforma Gelmini, fatta di soli tagli.
Investire nell’istruzione è un mezzo per lottare contro la recessione e accrescere i futuri redditi – è il monito. I vantaggi che derivano da un buon livello di istruzione e il probabile mantenimento di un tasso di disoccupazione elevato durante tutto il periodo di uscita della crisi, sottolinea l’Ocse, spingeranno un numero sempre maggiore di giovani a proseguire gli studi.
L’Ocse raccomanda quindi ai governi di tenere conto di questa tendenza quando elaborano le strategie in materia di scuola. “Il perioro che seguirà la crisi mondiale sara caratterizzato da una domanda senza precedenti per la formazione universitaria” ha dichiarato Angel Gurria, il segretario generale dell’organizzazione, aggiungento che “gli investimenti in capitale umano contribuiranno alla ripresa a condizione che le istituzioni scolastiche siano in grado di rispondere a questa domanda”. E vista l’aria che tira con la riforma Gelmini sulla scuola e gli atenei….
L’Unità, 8 settembre 2009
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Sull’argomento segnaliamo questo articolo tratto dal Messaggero
“«Così, da noi, non va avanti nessuno»”, di G.A.
ROMA – «La scuola italiana oggi non è elastica, non lascia spazio alle libere inclinazioni degli studenti, non valorizza gli interessi dei suoi alunni, ma tende ad allineare conoscenze e risultati, così non va avanti nessuno, né i meritevoli, né chi è debole e dovrebbe migliorare. Ad esempio i curricola sono molto rigidi, non c’è modo per un ragazzo di approfondire una materia in cui si sente forte».
Pietro Lucisano, presidente del corso di laurea in Scienze dell’Educazione e della Formazione della Sapienza dà ragione all’Ocse, la scuola italiana deve cambiare in senso meritocratico. Anche per quanto riguarda i docenti.
«Agli insegnanti- spiega- vanno dati stipendi migliori. E questa è la base. Quanto alla valutazione del loro operato, prima bisogna fornire agli insegnanti ambienti di lavoro adeguati con spazi per riunirsi e un computer per poter scrivere. Solo a quel punto si potrà procedere con il giudizio sul loro lavoro».
La Gelmini vuole dare stipendi più alti a chi lavora di più, lei è d’accordo?
«La scuola è una comunità di tipo cooperativo. Dare incentivi ai singoli può frenare l’attività di gruppo, che invece è necessaria. Sarebbe meglio gratificare i team che lavorano meglio. E magari al singolo insegnante si possono fornire gli strumenti per aggiornarsi».
Per l’Ocse i nostri bambini passano troppe ore in classe, è un danno?
«Effettivamente in Italia i bambini restano troppe ore dietro ai banchi, ma da noi la scuola ha un ruolo sociale preciso consolidato nel tempo: accoglie anche di pomeriggio bambini che fuori, ad eccezione di quelli abbienti, avrebbero poche cose da fare se non guardare la tv. Calare bruscamente le ore è difficile ma si potrebbe cambiare il modo di stare a scuola».
Passiamo all’università, gli stranieri ci snobbano, come mai?
«E’ inevitabile: chi glielo fa fare a venire in Italia e pagare 450 euro per una camera doppia? Il problema è di accoglienza: non siamo preparati per offrire servizi adeguati a chi arriva. E’ anche vero che i corsi in inglese sono pochi da noi».
Il Messaggero, 9 settembre 2009
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