La rubrica MetaCarpi del settimanale Voce del 13 giugno era dedicata a “Fascismo” e, tangenzialmente, citava anche la mia attività parlamentare.
Ho ritenuto utile commentare: ne è scaturito un “botta e risposta” sul numero in uscita oggi.
Ecco la mia lettera pubblica.
Cortese Direttore,
ho letto con interesse, ma non senza perplessità, la rubrica MetaCarpi dell’ultimo numero di Voce – intitolata “Fascismo” – che cita anche il mio lavoro parlamentare. La proposta di legge del collega Fiano, che ho convintamente sottoscritto, introduce il reato di propaganda del regime fascista e nazifascista: la recente vicenda dello stabilimento balnerare di Chioggia, per non parlare del fascio littorio inserito nel simbolo di una lista elettorale ammessa alle recenti elezioni amministrative, dimostrano come siano diffuse le ostentazioni apologetiche delle ideologie fasciste e naziste. La proposta Fiano ha acceso un dibattito pubblico nel merito che ritengo utile e mi fa piacere che anche il suo giornale se ne sia occupato, anche se nutro perplessità sulla tesi di fondo sostenuta nella rubrica: se il fascismo degli italiani fosse davvero esclusivamente “antropologico”, quasi genetico, non avremmo potuto liberarcene e costruire una Democrazia. Preferisco pensare – con un po’ di ottimismo della volontà – che tornaconto, familismo e individualismo siano, se non superabili, almeno condizionabili da cultura e norme.
Ho invece decisamente sussultato nel leggere del fascismo realizzato come di “apparenze, qualche buona politica esemplare e di tanta messa in scena di cartone”, ammesso che abbia ben inteso il senso di quel passaggio. Spero che non si prenda ancora per buona la leggenda metropolitana “dei treni che arrivavano puntuali”, soprattutto nel carpigiano, dove i treni trasferivano da Fossoli i deportati per i campi di concentramento e di sterminio tedeschi e polacchi. Fossoli sta a testimoniare, indelebilmente, che il fascismo realizzato è stato oppressione, pensiero unico, persecuzioni razziali e degli oppositori. Di cartone, invece, ricordo soprattutto le scarpe dei nostri soldati mandati a morire nella campagna di Russia. Non mi sembrava, però, una “messa in scena”.
Con i migliori saluti,
Manuela Ghizzoni
Sollecitato, il Direttore ha replicato argomentando con chiarezza – come potete leggere nell’immagine allegata – la sua affermazione del fascismo come “messa in scena di cartone” (in origine, di facile fraintendimento).
E mi comunque diagnosticato la sindrome di antifascismo ideologico, basata sulla reazione ad un commento che si prestava al malinteso. Diagnosi affrettata ed emessa senza tener conto che tesi ed antitesi sono state entrambe condizionate dalla necessità editoriale della sintesi.
Ad ogni buon conto, continuo a ritenere il confronto sul nostro recente passato necessario e utile (senza incorrere in “apologia”).