Sono la relatrice della delega, prevista dalla legge 107, sulla formazione iniziale e l’accesso al ruolo di insegnante di scuola secondaria. Il provvedimento, che introduce un vero e proprio ribaltamento del sistema precedente, è stato incardinato oggi. Il nuovo meccanismo di ingresso nella professione di docente prevede prima la partecipazione a un concorso pubblico e, poi, a seguire, un triennio retribuito di formazione e di tirocinio, al termine del quale è prevista l’automatica immissione in ruolo.
Formazione iniziale e accesso all’insegnamento nella scuola secondaria di primo e secondo grado
Schema di D.lgs. n. 377
Bozza di relazione
Lo schema di decreto legislativo di cui oggi avviamo l’esame recepisce la delega prevista dalla legge 107/2015, in materia di nuovo sistema di formazione iniziale e di accesso nei ruoli di docente nella scuola secondaria.
Il nuovo sistema è profondamente diverso da quello, anzi da tutti quelli previgenti, anche se si può pensare che ne costituisca una naturale evoluzione motivata dalle esperienze e dalle riflessioni degli ultimi decenni. Si tratta però di un vero ribaltamento di paradigma: la selezione dei candidati docenti avverrà prima e non dopo la specifica formazione professionale iniziale.
Ricorderete infatti, che l’articolo 1, comma 181, lettera b), della legge 107 ha disposto l’accesso ai ruoli attraverso concorso pubblico nazionale dopo la laurea magistrale, prevedendo che, al superamento del concorso, si avvii un contratto triennale di formazione e tirocinio retribuito, attraverso cui si raggiungerà un’adeguata formazione, disciplinare e professionale, improntata – come obiettivo di lungo termine – anche al continuo aggiornamento disciplinare e didattico e alla costante sperimentazione e innovazione metodologica, maturando progressivamente le competenze necessarie alla funzione docente. La conclusione positiva di questo percorso determina l’attivazione del rapporto a tempo indeterminato. Si intende, quindi, sostituire il sistema vigente, che richiede, dopo la laurea magistrale, il conseguimento dell’abilitazione e, successivamente, il superamento di un concorso per entrare di ruolo.
Il nuovo sistema ha l’obiettivo di attrarre e preparare alla professione docente persone giovani e competenti nelle loro discipline, anche grazie alla eliminazione delle cause che hanno determinato il fenomeno dei lunghi periodi di precariato pre-ruolo che risiedono nell’aver tenuto rigidamente separate le fasi della formazione iniziale e dell’accesso al ruolo che, d’ora in avanti, saranno indissolubilmente e strutturalmente in relazione non solo in termini organizzativi, ma anche progettuali. La delega in parola, infatti, disciplina, per la prima volta, la collaborazione paritetica e la coprogettazione tra scuola e università, ovvero istituzioni AFAM, nell’ambito della formazione iniziale e della valutazione, nel corso e a conclusione del triennio, del possesso delle necessarie competenze professionali e attitudini personali da parte degli aspiranti docenti.
Si tratta di una sfida innovativa, per i soggetti coinvolti, poiché la posta in gioco è di costruire un percorso che conduca alla conoscenza e all’esercizio della didattica generale e della metodologia didattica della propria disciplina, oltre che all’adeguata acquisizione di conoscenze e di competenze docimologiche, psicologiche, antropologiche, relazionali, organizzative, progettuali, digitali che ogni docente avrà modo di spendere nell’esperienza reale del complesso universo scolastico.
Nell’illustrarvi lo schema, mi soffermerò sugli aspetti principali, rinviando, per ogni approfondimento, al dossier del Servizio Studi.
Devo peraltro premettervi che durante l’esame dovremo chiarire qualche passaggio previsto dallo schema, a partire dalla definizione dell’anno nel quale sarà emanato il primo bando di concorso e dell’anno a partire dal quale il nuovo sistema diventerà l’unico per l’accesso ai ruoli nella scuola secondaria.
Lo schema specifica che l’intervento riguarda sia i docenti della scuola secondaria di primo e di secondo grado che gli insegnanti tecnico-pratici nella scuola secondaria di secondo grado e sia i posti comuni che i posti di sostegno. Inoltre, specifica che: il concorso pubblico nazionale, per titoli ed esami, è indetto su base regionale o interregionale; il percorso triennale destinato ai vincitori del concorso è di tirocinio e formazione iniziale ed è differenziato fra posti comuni e di sostegno; l’accesso ai ruoli a tempo indeterminato è stabilito previo superamento di valutazioni intermedie e finali del percorso formativo.
Il concorso è bandito ogni due anni, sul numero di posti che si prevede si rendano vacanti e disponibili nel secondo e terzo degli anni scolastici che compongono il percorso di formazione iniziale e tirocinio. Il bando prevede contingenti separati, per ciascuna regione, per posti comuni, posti comuni di insegnante tecnico-pratico, posti di sostegno. Ogni candidato può concorrere in una sola regione. Entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, un regolamento definirà, fra l’altro, i criteri di composizione e i requisiti dei componenti delle commissioni giudicatrici, i programmi delle prove di esame, i criteri generali di valutazione delle prove e dei titoli, i punteggi da assegnare, la composizione della commissione di valutazione finale e i criteri di valutazione per l’accesso al ruolo. Con il medesimo regolamento si prevede anche la costituzione di una commissione nazionale di esperti per la definizione “dei programmi” e delle tracce delle prove di esame del concorso.
Al riguardo, segnalo che dovremo chiarire se la definizione dei programmi delle prove di esame sia affidata al regolamento, ovvero debba essere definita dalla commissione nazionale di esperti. Segnalo, inoltre, che prevedere che la stessa commissione e, più in generale, che tutta la disciplina concorsuale siano definite con il regolamento implicherebbe, per ogni necessità di modifica, ripassare per il parere del Consiglio di Stato e delle Commissioni parlamentari.
Sulla base dei criteri e dei requisiti stabiliti dal regolamento, l’USR nomina, per ogni sede concorsuale e per ogni classe di concorso, una commissione giudicatrice, che è unica per posti comuni e di sostegno. Al riguardo, dovremo chiarire se, nel caso di bando riguardante più classi di concorso raggruppate in ambiti disciplinari, debba essere nominata una commissione per ogni classe.
Gli oneri relativi al funzionamento delle commissioni giudicatrici e della commissione nazionale di esperti sono quantificati a decorrere dal 2018. Da ciò si dedurrebbe che l’avvio della prima procedura concorsuale secondo il nuovo sistema sia previsto per il 2018. Ma sul punto tornerò oltre, perché le indicazioni del testo non sono concordanti.
Per la gestione delle procedure concorsuali, anche al fine di assicurare la coerenza tra gli insegnamenti impartiti e le classi disciplinari di titolarità dei docenti, è previsto anche il riordino e l’aggiornamento periodico delle classi di concorso.
Inoltre, è prevista l’organizzazione di specifiche attività formative riservate a docenti di ruolo in servizio, volte a consentire l’insegnamento anche in classi disciplinari affini o di modificare la classe disciplinare di titolarità, nell’ambito dei limiti previsti dalla mobilità professionale e in coordinamento con la formazione continua. Tale disposizione potrà essere utilizzata anche da chi vorrà transitare dal posto di sostegno al posto comune.
Requisito per la partecipazione al concorso è, per i posti comuni di personale docente, il possesso della laurea magistrale o a ciclo unico, oppure del diploma accademico di II livello, coerente con la classe di concorso. Per i posti comuni di insegnante tecnico-pratico è richiesto il possesso della laurea, oppure del diploma accademico di I livello, sempre coerente con la classe di concorso. Per i posti di sostegno è richiesto il possesso del titolo di studio previsto per i posti comuni di personale docente o di insegnante tecnico-pratico, in relazione alla classe di concorso per la quale il candidato presenta domanda di partecipazione.
Per tutte le tipologie di posto, inoltre, è richiesto il possesso di almeno 24 crediti formativi universitari o accademici che il comma 181 lettera b) punto 2.1 della legge 107 ha individuato nell’ambito delle discipline antropo-psico-pedagogiche e in quelle che concernenti le metodologie e le tecnologie didattiche. Mi soffermo nel ricordare che tali crediti sono conseguibili sia come crediti curriculari che come crediti aggiuntivi, pertanto lo studente aspirante docente potrà ottenerli nel corso della laurea triennale o del diploma di I livello ovvero nel corso della laurea magistrale o del diploma di II livello ovvero come crediti aggiuntivi nel corso degli studi o al termine di essi. A tale proposito – e allo scopo di non determinare un aggravio del percorso di studi – lo schema in parola dispone che con DM si possa intervenire sulle classi dei corsi di laurea, di laurea magistrale e di I e II livello. Nel caso si tratti di crediti aggiuntivi inseriti nel piano di studi sarebbe necessario disporre una norma che “tuteli” gli studenti – e conseguentemente i corsi di laurea – rispetto alle conseguenze di una inevitabile impossibilità a mantenere la regolarità degli studi.
Questi 24 crediti – che molto interesse hanno destato nel mondo accademico – costituiscono la parte iniziale di un unico percorso verticale, coerente ed organico, che prosegue nel triennio successivo: si tratta di un “curriculum” verticale nel corso del quale, in successivi momenti di formazione, si declineranno in senso pedagogico e didattico i contenuti disciplinari appresi durante gli studi universitari o accademici e matureranno le competenze specifiche che qualificano professionalmente il mestiere dei docenti. Pertanto, il dettaglio dei 24 CFU, in termini dei settori scientifico-disciplinari in cui potranno/dovranno essere maturati, dovrà essere coerente con i successivi 75 CFU per i posti comuni e 90 per i posti di sostegno, nonché con tutta l’attività formativa prevista per il triennio e su cui si dirà poco oltre. Una coerenza che potrà realizzarsi solo dopo aver individuato gli obiettivi formativi e le competenze da acquisire del complessivo curriculum verticale, senza dimenticare la necessità di un’ulteriore coerenza con i percorsi della formazione in servizio, per l’aggiornamento delle competenze personali e dei risultati della ricerca educativa come funzione imprescindibile della professione docente nella scuola delle competenze.
Rispetto al testo della delega richiamata poco fa, lo schema in parola specifica che almeno 6 dei 24 crediti devono essere conseguiti in almeno 3 dei seguenti 4 ambiti disciplinari: pedagogia, pedagogia speciale e didattica dell’inclusione; psicologia; antropologia; metodologie e tecnologie didattiche. Tra i requisiti sono altresì previsti l’attestazione di competenze linguistiche corrispondenti almeno al livello B2, nonché competenze informatiche e telematiche.
Il concorso consiste in due prove scritte a carattere nazionale e una prova orale. Per i soli candidati che concorrono per i posti di sostegno è prevista un’ulteriore prova scritta a carattere nazionale.
In particolare, la prima prova scritta ha l’obiettivo di valutare il grado delle conoscenze in una specifica disciplina, scelta dal candidato tra quelle afferenti alla classe di concorso. Nel caso delle classi di concorso concernenti le lingue e culture straniere, la prova è effettuata nella lingua prescelta.
La seconda prova scritta – a cui accedono i candidati che hanno superato positivamente la prima – ha l’obiettivo di valutare il grado delle conoscenze nelle discipline antropo-psico-pedagogiche e sulle metodologie e tecnologie didattiche.
Il superamento della seconda prova scritta consente l’accesso alla prova orale, che ha l’obiettivo di valutare il grado delle conoscenze in tutte le discipline facenti parte della classe di concorso, nonché di accertare la conoscenza di una lingua straniera europea e il possesso di abilità informatiche di base.
La prova scritta aggiuntiva per i candidati a posti di sostegno è sostenuta dopo la seconda prova scritta e ha l’obiettivo di valutare il grado delle conoscenze nella pedagogia speciale, nella didattica per l’inclusione scolastica e nelle relative metodologie.
La graduatoria di merito comprende, per ciascuna sede concorsuale e per ciascuna classe di concorso, solo i candidati che hanno superato tutte le prove d’esame. Per i posti comuni, essa è formata sulla base della somma dei punteggi riportati nelle tre prove, nonché nella valutazione dei titoli, mentre, per i posti di sostegno, per il 70%, si tiene conto del punteggio riportato nella prova scritta aggiuntiva e, per il restante 30%, della somma dei punteggi riportati nelle altre tre prove e nella valutazione dei titoli. A questo punto i candidati presenti nelle graduatorie di più classi di concorso devono esercitare innanzi tutto l’opzione per una delle classi di concorso e, successivamente, i candidati che concorrono anche a posti di sostegno esercitano l’opzione tra posto comune e posto di sostegno. Al termine dell’esercizio di queste opzioni, in ogni sede concorsuale e per ogni classe di concorso, è determinato, separatamente per posti comuni e posti di sostegno, l’elenco definitivo, in ordine di punteggio, dei vincitori, pari al numero dei posti messi a concorso maggiorato del 5%.
In ordine di punteggio, i vincitori scelgono poi l’ambito territoriale cui essere assegnati per svolgere il percorso formativo, tra quelli indicati nel bando nella regione in cui hanno concorso e sottoscrivono il contratto retribuito a tempo determinato di durata triennale di tirocinio previsto dalla legge, le cui condizioni normative ed economiche sono definite in sede di contrattazione collettiva nazionale.
La retribuzione dei vincitori di concorso nel triennio di formazione iniziale e tirocinio è uno dei punti più delicati e importanti dello schema in esame, pur essendo corretto che ogni determinazione precisa venga lasciata alle determinazioni della contrattazione collettiva. La legge delega prevede espressamente un “contratto retribuito” per l’intero triennio e specifica che il decreto delegato deve dettare “la disciplina relativa al trattamento economico durante il periodo di tirocinio, tenuto anche conto della graduale assunzione della funzione di docente”.
Lo schema in esame ora prevede che, nel terzo anno di tirocinio, le condizioni economiche siano equivalenti a quelle di una supplenza annuale, senza ulteriori dettagli riguardo al trattamento retributivo spettante ai contrattisti nel primo e secondo anno, salvo l’indicazione che la contrattazione collettiva deve svolgersi nel limite di un maggior onere pari a 117 milioni di euro annui, a cui si aggiungono, per le esigenze del secondo anno, le risorse corrispondenti alle supplenze brevi.
Ritengo che il dibattito nelle Commissioni congiunte dovrà approfondire attentamente questo tema, sia per adeguare il testo del decreto alle prescrizioni della delega, sia per dare una prima risposta alle preoccupazioni che sono state immediatamente sollevate. Occorrerà, in particolare, dare indicazioni sulla retribuzione del primo anno – quello destinato a conseguire il diploma di specializzazionne – senza dimenticare che finora i costi della formazione sono stati interamente a carico degli interessati (sia per le SSIS, sia per TFA e PAS) per cifre cospicue, con una media di 2.500-3000 euro l’anno per persona, mentre, in futuro, non vi saranno costi ma una retribuzione per i vincitori di concorso che seguiranno il corso di specializzazione.
Occorrerà, altresì, garantire le risorse economiche adeguate e individuare le condizioni generali degli incarichi didattici e della retribuzione del secondo anno affinché risultino coerenti con gli impegni formativi e lavorativi del contrattista e con la graduale assunzione della funzione di docente prevista dalla legge.
Come anticipato, alla luce della previsione che quantifica gli oneri relativi alle attività delle commissioni giudicatrici a decorrere dal 2018, occorrerà chiarire perché si preveda che gli oneri derivanti dai contratti stipulati con i vincitori del concorso decorrano solo tre anni dopo. Peraltro, tale onere, riferendosi anche al primo anno del contratto, dovrebbe avere la stessa decorrenza di quella dell’onere per l’organizzazione dei corsi di specializzazione che, invece, è previsto dal 2020. Ma su questo punto tornerò a breve.
Vengo ora a illustrare il percorso di formazione e tirocinio, facendo notare che esso, come anticipato, è realizzato in collaborazione fra scuola, università e istituzioni AFAM e ha l’obiettivo di rafforzare la metodologia didattica e le specifiche competenze – in particolare pedagogiche, relazionali, valutative e tecnologiche – della professione docente.
Il corso universitario di specializzazione che il tirocinante deve frequentare nel primo anno di contratto comprende lezioni, seminari e laboratori, nonché attività di tirocinio per un numero di ore che saranno definite con decreto. Si segnala a questo proposito un lieve contrasto lessicale presente tra l’articolo 9, comma 2, lettera b), e l’articolo 12, comma 3, dello schema in esame: nel primo si legge che il tirocinio indiretto si svolge presso le scuole, mentre nel secondo, correttamente, si indica che il tirocinio indiretto si svolge, per sua stessa definizione, presso le università o istituzioni AFAM. Si noti che l’ordinamento didattico del corso di specializzazione sarà definito dalla Conferenza nazionale per la formazione iniziale e l’accesso alla professione docente, istituita dall’articolo 14 dello schema di decreto e costituita in composizione paritetica tra scuola e università.
Il corso del primo anno si conclude con un esame finale, che consente di conseguire il diploma di specializzazione che dà accesso al secondo anno. Il contratto è poi confermato per il terzo anno se viene superata la valutazione intermedia alla fine del secondo anno.
Durante il secondo e terzo anno, il contrattista deve svolgere un progetto di ricerca-azione, sotto la guida congiunta dei tutor universitario e scolastico e, sulla base di incarichi del dirigente scolastico, può effettuare supplenze, anche brevi o saltuarie nel secondo anno ma che, nel terzo anno di contratto, riguardano posti vacanti e disponibili, quindi con orario completo di insegnamento. Rispetto alle figure dei tutor – sui quali tornerò più oltre – segnalo che la definizione di “tutor universitario” non ricomprende coloro i quali opereranno nelle istituzioni AFAM: pare quindi necessario individuare una nuova denominazione.
La valutazione finale del percorso di formazione e tirocinio è affidata ad una commissione presieduta da un dirigente scolastico e comprende docenti universitari e delle istituzioni AFAM impegnati nei corsi di specializzazione, nonché il tutor scolastico e il tutor universitario del contrattista. A questo proposito sarebbe utile chiarire se della commissione fanno parte anche docenti della scuola come sarebbe auspicabile. In caso di valutazione positiva, il contrattista è inserito nella graduatoria regionale per l’accesso al ruolo, stilata sulla base dei punteggi conseguiti, e sceglie l’ambito scolastico definitivo di assegnazione.
I contrattisti che conseguono il diploma di specializzazione, ma non concludono positivamente il percorso triennale, sono riammessi alla parte residua del percorso previo superamento di un nuovo concorso. Al riguardo, segnalo che dovremo chiarire il riferimento alla validità dei titoli “eventualmente” già conseguiti.
Il coordinamento e il monitoraggio del nuovo sistema di formazione iniziale e accesso alla professione docente nella scuola secondaria sono affidati ad una Conferenza nazionale, composta pariteticamente da esperti provenienti dai sistemi scolastico, universitario e AFAM. Ad essa potrebbe anche essere affidato il compito di valutare l’efficacia del sistema a partire dagli esiti raggiunti anche al fine di suggerire eventuali modifiche da apportare dopo la fase di prima applicazione. Parrebbe altresì opportuno specificare che l’intera attività della Conferenza sia orientata sulla base di un quadro organico delle competenze della professionalità docente, da aggiornare continuamente anche in raffronto con i principali modelli formativi e studi internazionali nel settore.
Per l’insegnamento nelle scuole paritarie la legge delega richiede, al punto 8, il “conseguimento” (non il “possesso”) del diploma di specializzazione. Il decreto in esame articola il requisito in due possibili fattispecie: la prima è, naturalmente, il possesso del diploma di specializzazione; la seconda, di carattere transitoria, è l’essere “iscritti al relativo corso di specializzazione, fermo restando il conseguimento del diploma di specializzazione entro un triennio dall’immatricolazione al corso”. Al riguardo, segnalo che dovremo valutare se tale ultima previsione sia coerente rispetto ai principi di delega, così come dovremo chiarire la previsione di conseguimento dello stesso “entro un triennio dall’immatricolazione al corso” quando invece il corso di specializzazione ha durata annuale. Si comprende tuttavia che la scelta operata dallo schema di decreto è correlata all’ultimo periodo del comma 2 dell’articolo 15, laddove si prevede che “è considerato titolo prioritario per l’ammissione al corso di specializzazione essere titolari di un contratto triennale retribuito di docenza presso una scuola paritaria”, norma che tende positivamente ad allineare la situazione degli insegnanti in formazione sia presso la scuola statale che presso la scuola paritaria.
Un nodo da sciogliere risiede in un’altra norma della legge 107, per l’esattezza il punto 3.4, che ha previsto “la possibilità, per coloro che non hanno partecipato o non sono risultati vincitori nei concorsi nazionali di cui al numero 2), di iscriversi a proprie spese ai percorsi di specializzazione per l’insegnamento secondario”. Si tratta di un punto contestabile della delega che il testo dello schema di decreto rischia di complicare ulteriormente poiché lo collega forzatamente all’articolo 15, relativo alle scuole paritarie, sebbene ne sia del tutto indipendente.
Come anticipato, uno dei punti dello schema che necessita di maggiori chiarimenti riguarda la previsione che le disposizioni relative al nuovo percorso entrino in vigore a decorrere dall’a.s. 2020/2021. Tale disposizione rischia di pregiudicare il concreto avvio del nuovo sistema, lasciando peraltro nell’incertezza i giovani che stanno concludendo i propri studi magistrali o accademici di II livello: per rispondere alle loro legittime istanze si dispone la possibilità di attivare un nuovo corso di TFA per le classi di concorso e le tipologie di posto per le quali sono esaurite le graduatorie ad esaurimento, pur nella consapevolezza che questo nuovo corso differirebbe ulteriormente l’avvio del nuovo sistema.
Rispetto a questi temi, l’esame nelle Commissioni del provvedimento è l’occasione per una attenta analisi dei tempi di realizzazione delle diverse fasi del nuovo percorso (emanazione di Decreti Ministeriali, redazione del bando concorso secondo la disciplina transitoria, svolgimento del concorso per i posti vacanti e disponibili a partire dall’a.s. 2019/2020 (il concorso indetto nel 2016 riguarda i posti vacanti e disponibili fino all’a.s. 2018-2019) al fine di sincronizzarle e valutare quindi la possibilità di un anticipo della decorrenza del percorso triennale di formazione e tirocinio.
Lo schema in parola prevede una “disciplina transitoria”, vale a dire disposizioni che si applicano per l’accesso ai ruoli a categorie di soggetti che nel tempo sono destinate ad esaurirsi. In particolare, dispone una riserva di posti nel concorso – non specificata né nell’entità, né nella durata, come invece meriterebbe di esserlo – per i soggetti abilitati e per quelli inseriti nella terza fascia delle graduatorie di istituto, con almeno 36 mesi di servizio. Si tratta di un tema delicato perché riguarda il futuro professionale di migliaia di docenti che lavorano, spesso da tempo, in condizioni di precariato. Per gli stessi soggetti che usufruiscono della riserva di posti, prevede anche una semplificazione del percorso concorsuale. In particolare, gli abilitati devono sostenere solo la prova orale, mentre i soggetti iscritti nelle graduatorie di istituto di terza fascia con almeno 36 mesi di servizio devono sostenere solo la prima prova scritta e la prova orale.
Prevede, inoltre, una semplificazione del percorso triennale di formazione e tirocinio per i vincitori del concorso che sono in possesso dell’abilitazione, riservatari e non. In particolare, i vincitori del concorso relativo a posti comuni e a posti di insegnante tecnico-pratico, in possesso di abilitazione, accedono direttamente al secondo e al terzo anno del contratto. Il percorso è ridotto al solo terzo anno se i soggetti hanno prestato servizio per almeno 36 mesi. Resta da valutare se debbano o meno conseguire i crediti formativi previsti al III anno per i tirocinanti del percorso ordinario.
Analoghe previsioni, su cui non mi dilungo, riguardano i vincitori del concorso relativo a posti di sostegno in possesso di pregressa specializzazione per l’insegnamento su posti di sostegno.
Un’ultima semplificazione è prevista per i vincitori del concorso – per tutte le tipologie di posto – che non sono in possesso dell’abilitazione, ma sono inseriti nelle graduatorie di istituto di terza fascia con almeno 36 mesi di servizio, riservatari e non. Essi, dopo il conseguimento del diploma di specializzazione, sono ammessi direttamente al terzo anno di contratto.
Il nuovo sistema di formazione iniziale e accesso al ruolo della scuola secondaria richiede, ovviamente, investimenti specifici, per retribuire i titolari dei contratti di formazione triennale e per far funzionare la macchina formativa, pur dovendosi considerare anche le risorse provenienti dall’utilizzazione dei tirocinanti del II e III anno come supplenti e, più in generale, dall’eliminazione graduale del fenomeno delle supplenze prevista dal punto 5 della legge delega. Comunque occorrerà certamente un investimento specifico per il personale universitario e scolastico che curerà la formazione dei futuri docenti.
Stante l’attuale situazione dell’organico accademico – rispetto ai professori universitari disponibili nelle discipline interessate (in particolare nelle didattiche disciplinari) e alle loro specifiche qualificazioni nel campo della formazione degli insegnanti e della ricerca educativa – è facile immaginare le difficoltà, forse insormontabili, che gli atenei dovranno affrontare se non potranno contare su risorse specificatamente destinate a tale finalità. Gli atenei dovranno quindi essere incentivati a destinare posti di professore a questa nuova attività formativa (ad esempio con quote predefinite del Fondo di Finanziamento Ordinario e di punti organico) e a selezionare i nuovi professori anche sulla base delle loro capacità di contribuire direttamente alla formazione degli insegnanti, disponendo altresì che le docenze in discipline professionalizzanti (corsi di laboratorio e di didattica agita nelle scuole) possano essere affidate anche a insegnanti della scuola particolarmente esperti e selezionati allo scopo.
A questo proposito, rispetto alle figure dei tutor scolastici e universitari (sulla cui denominazione da cambiare si è già detto) – figure fondamentali per il buon funzionamento del nuovo sistema perché veri e propri “ponti” tra università e scuola – si ritiene necessario che lo schema in parola rinvii ad una revisione della normativa vigente, al fine di armonizzare la loro formazione, selezione e organizzazione (incluso la durata del contratto e la possibilità di eventuali esoneri, totali e parziali, dall’attività didattica) con le inedite esigenze del nuovo sistema di formazione iniziale e accesso al ruolo della scuola secondaria.
Aggiungo, infine, che lo schema in parola è privo delle necessarie previsioni riguardanti la disciplina applicabile nelle regioni a statuto speciale in cui sono presenti più gruppi linguistici.
In conclusione auspico l’avvio di una partecipata discussione – che sarà stimolata dagli esiti delle molte audizioni previste dal nostro calendario dei lavori – su un tema che rappresenta una delle più grandi sfide del futuro: la disponibilità di una classe docente preparata e motivata, che possa così preparare e motivare il capitale umano del futuro.
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