A scuola non si va solo per apprendere saperi e competenze, ma anche, e soprattutto, per cominciare a comprendere come si diventa cittadini e come si sta da cittadini in una comunità. Guardando a tante prese di posizione recenti di genitori singoli o in gruppo su temi svariati – compiti pomeridiani e delle vacanze, pasto in mensa o panino portato da casa, vaccinazioni, educazione al rispetto dell’altro trasformato in insegnamento della teoria gender, installazione delle telecamere – mi chiedo, e vi chiedo, se non stiamo buttando a mare il senso delle istituzioni. E’ un’affermazione forte, me ne rendo conto, ma è un tema che, penso, ci riguardi tutti, e da molto vicino. Ognuno vorrebbe una scuola a propria immagine e somiglianza, una scuola “à la carte”, e in questo, pur con tutti i possibili distinguo e il rispetto per le ragioni di tutti, io intravvedo una deriva potenzialmente pericolosa per il nostro patto sociale. Non sono una operatrice della scuola, quindi non ho nulla da difendere, non sto difendendo lo status quo, non sto difendendo insegnanti e presidi che, anzi, troppo spesso hanno confuso tentativi di condivisione degli obiettivi educativi agiti dalle famiglie con l’intromissione nella loro libertà di insegnamento. Difendo nulla e nessuno se non l’alleanza educativa tra famiglia e personale scolastico sulla quale si fonda il principio di delega dell’istruzione dei propri figli a maestre e professori, fermo restando il diritto alla partecipazione del progetto educativo da parte delle famiglie. L’Istituzione Scuola si basa su questa alleanza, una alleanza che richiede rispetto reciproco, condivisione di obiettivi formativi e che consente di fidarci e affidarci reciprocamente. Un’alleanza che si sta allentando per responsabilità che non sono certo solo di una parte, ma che si sta comunque allentando. Se in passato, in mancanza di strumenti culturali, le famiglie forse si affidavano troppo alla scuola e al suo personale, oggi, dico ancora forse, ci si affida troppo poco, o meglio si diffida troppo e di tutto. E questo, mi pare, non possa portare a nulla di buono per il senso di comunità e della tenuta del nostro patto sociale. Perché l’alunno di oggi sarà un adulto e un cittadino di domani. E non sarà indifferente se e come vorrà stare nella comunità in cui vive.
Pubblicato il 7 Ottobre 2016