Ho scelto di sostenere la riconferma Dario Franceschini a Segretario nazionale del Partito Democratico. L’ho fatto per più ragioni.
Intanto perché sei mesi sono un tempo troppo breve per chiudere un’esperienza così complessa come la direzione politica di un grande partito. E non credo che accresca il credito del PD l’immagine di un partito che rinnova e cambia i propri dirigenti troppo spesso.
Peraltro in questi pochi mesi Franceschini ha dimostrato di essere un dirigente capace di scegliere, decidere e agire.
Ha tenuto la barra a dritta sulla laicità confermando il profilo chiaro di un credente laico, consapevole delle responsabilità che la politica ha nei confronti delle persone e delle loro scelte di vita. E mi piace ricordare che – nei mesi in cui si discuteva in Italia di coppie di fatto – Dario Franceschini fu tra i promotori di un’importante lettera sottoscritta da 60 parlamentari della Margherita con la quale, di fronte ad un appello della Conferenza episcopale italiana che chiedeva ai parlamentari credenti di uniformare il loro voto alle loro ragioni di fede, si rispose a chiare lettere che l’essere credente non può far venire meno per chi ricopra incarichi istituzionali, il dovere prioritario di essere fedeli alla Costituzione e alle leggi dello Stato.
Franceschini ha tenuto la barra a dritta sulla collocazione europea condividendo la scelta di costruire in Europa un nuovo campo progressista fondato sull’alleanza al Parlamento europeo tra gli eletti del Partito Democratico e gli eletti socialisti e socialdemocratici. Scelta né facile, né scontata e che Franceschini ha praticato e vissuto con coerenza e lealtà.
E in una campagna elettorale difficile e in salita Dario Franceschini ha impresso al nostro agire il profilo di una proposta concreta sui contenuti, sulle esigenze, sui bisogni dei cittadini. Lo ha fatto spendendosi con generosità, passione e stabilendo un rapporto di fiducia e di simpatia con l’elettorato. E ha ottenuto un risultato che, sia pure inferiore all’esito delle elezioni politiche del 2008, non era affatto scontato, alla vigilia del voto.
Ma c’è una ragione ancora più profonda che attiene al PD, al suo carattere di casa comune dei riformisti italiani: il PD e prima l’Ulivo, lo abbiamo voluto plurale, fondato sull’incontro, la reciproca contaminazione, l’intreccio delle esperienze di donne e uomini provenienti da storie e culture diverse. Abbiamo voluto costruire un Partito che riconoscesse il valore delle differenze e, tenendo conto dell’apporto di ciascuno, fosse in grado di creare contaminazione culturale, pensiero nuovo, identità nuova. E pure in mezzo a difficoltà, limiti, insufficienze abbiamo cominciato a costruire quel PD che per questo oggi non può e non deve essere omologato a una sola delle culture originarie che lo hanno promosso.
E Franceschini è il Segretario che offre oggi le maggiori garanzie che il PD mantenga quel profilo largo, aperto e plurale che è essenziale per la funzione nazionale che deve assolvere.
E’ un errore pensare che chi viene dai DS e chi viene dalla Margherita debba automaticamente scegliere un Segretario che venga dalla stessa esperienza. Dobbiamo, invece, scegliere un Segretario non guardando alle provenienze di origine, ma al progetto del Partito Democratico e alla sua identità di un partito che mescola, fonde e unisce culture e storie diverse in un progetto per l’Italia che vada oltre il passato e in cui tutti possiamo identificarci insieme.
Peraltro, proprio perché abbiamo scelto in Europa l’alleanza a Strasburgo con i socialisti – scelta in cui io ho creduto con convinzione – è opportuno e necessario che a gestire l’avvio di tale rapporto sia un Segretario che viene da un percorso diverso, garantendo così al PD quel profilo largo e plurale che è la ragione stessa per cui noi abbiamo voluto e fondato il Partito Democratico.
Certo, la scelta che ho compiuto e che compirà chi mi accompagnerà in questo cammino, non è facile. D’altra parte non ho mai scelto nella mia vita per convenienza o per comodità, né mi sono mai chiesto se una decisione fosse facile, ma se fosse giusta e sono convinto che sostenere Franceschini sia oggi la scelta giusta per l’Italia, giusta per il Partito Democratico e il suo futuro.