Domani non potrò essere alla cerimonia per ricordare le vittime dell’attentato terroristico fascista del 2 agosto 1980. Lo celebro oggi, con un mio atto solitario, ma con gli stessi sentimenti di rabbia e pietà (identici a quelli che provai allora, solo lo sbigottimento ha lasciato il posto alla consapevolezza) e lo stesso groppo alla gola che avrei domani, sfilando insieme a chi non vuole dimenticare. Alla stazione di Bologna oggi, come allora, c’è tanta tanta gente, tanti viaggiatori carichi di valige, in attesa o che corrono trafelati per raggiungere il treno che li porterà a casa o in vacanza. Davanti al muro squarciato della sala d’spetto non si ferma invece nessuno. Lo faccio io. Ostento la mia sosta davanti alla lastra di vetro che rappresenta la frattura con un prima della bomba, e un dopo. Qualcuno penserà che sono matta, con le spalle al binario 1, guardando il “nulla”. Poi scatto qualche foto. E solo allora un paio di persone, adulte, si incurioscono al mio gesto. Sento che si domandano “ma cos’è?”. Leggono la targa. Forse capiscono. E scattano anche loro. Mi dico: “ok. Hanno capito. Anche nel frangente di un viaggio verso le vacanza c’è spazio per l’esercizio di memoria”. Sarà davvero così? Voglio crederlo. Innanzitutto per le 85 vittime, che a casa o in vacanza non ci arrivarono mai. Per le loro famiglie, che hanno atteso, anno dopo anno, un ritorno impossibile e che anno dopo anno ogni 2 agosto tornano alla Stazione di Bologna per dire a tutti che non dimenticano e non dimenticheranno. Per la giustizia italiana, che è stata lenta, depistata, osteggiata. Per il nostro intero Paese, che non può e non deve dimenticare come la notte della Repubblica è sempre lì, prossima al giorno, che a volte pare volgere al termine.
Di Prof.Quatermass – Opera propria, CC BY 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=12843360