Attualità politica, accordi e possibili alleanze. Alla Festa Democratica ne hanno parlato Fioroni e Cesa
Un incontro tra rivali politici e un dibattito tra amici. In estrema sintesi, questo potrebbe essere il riassunto dell’appuntamento alla Festa Democratica tra Giuseppe Fioroni, responsabile Istruzione del Pd e Lorenzo Cesa, segretario del Udc. Intervistati dal direttore del Tg3, Antonio Di Bella, hanno discusso di attualità politica, di programmi e di possibili alleanze elettorali già dalle prossime elezioni regionali del 2010.
Immigrazione e Libia. Di Bella ha voluto introdurre il dibattito puntando l’indice sul sit-in organizzato dal Udc davanti all’ambasciata libica proprio in concomitanza della visita di Berlusconi a Gheddafi per celebrare l’accordo diplomatico tra Italia e Libia. “Un gesto simbolico, un gesto composto – ha risposto Cesa – proprio per ribadire la distanza e l’opposizione ad un trattato che l’Udc ritiene sbagliato. Dare 5 miliardi di dollari in cambio di nessuna garanzia, e per giunta darli ad un dittatore che non rispetta i diritti umani è sbagliato. Va bene l’amicizia nei confronti della Libia ma non accordi di questo genere. Berlusconi farebbe meglio a frequentare di più Sarkozy e Merkel e meno Putin e Gheddafi”.
“Un atteggiamento grave e pericoloso – ha rimarcato Fioroni – che avviene proprio quando il commissario del Acnur (agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati) condanna la politica del nostro governo. Il governo è cinico perché cinico è Berlusconi. Cinica è la Lega. E con l’introduzione del reato di clandestinità induce al cinismo di popolo. È chiaro che la logica del menefreghismo non centra nulla con la sicurezza. Anzi si crea un Paese meno sicuro, che viola i diritti dell’uomo che nessun vantaggio economico o petrolio potrebbe mai barattare”.
Alleanze. Cesa ha voluto ribadire che “la scelta del Udc di non aderire al Pdl è stata giusta. Noi non condividiamo il sistema bipolare che dimostra tutti i suoi limiti perché non da risultati. Le alleanze le faremo in base ai progetti e ai programmi in funzione dei reali problemi del territorio. Cercheremo candidati che la pensano come noi tenendo presente che il Pdl non ha mantenuto nessuna promessa fatta in campagna elettorale tranne quelle importanti per la Lega. Le polemiche che alimentano il dibattito politico sono auto-alimentate proprio per coprire le promesse disattese”.
Anche per Fioroni stiamo assistendo ad un imbarbarimento del clima politico. “L’attacco ad Avvenire – ha dichiarato l’esponente democratico – rappresenta una strategia senza precedenti: una rappresaglia strumentale mediatica, un insulto alla libertà di informazione e il punto più basso del dibattito politico ormai incapace di indignarsi davanti alle più infime mancanze di rispetto come quelle della Lega nei confronti di chi non la pensa come loro”. Fioroni è stato nettamente contrario all’equiparazione delle domande fatte da la Repubblica al premier e quelle de Il Giornale a monsignor Boffo. “È la sostituzione della verità con la verosimiglianza”.
Il dopo congresso Pd. Fioroni non intravede scenari di divisione dopo il congresso, anzi ha rimarcato il fatto che ciò in democrazia dovrebbe essere normale, attualmente e grazie a Berlusconi è diventato un’anomalia. “Il pericolo non è il congresso dove i candidati discutono, anche aspramente, in base a programmi e progetti. Il pericolo è il sistema dove un pensa e decide e gli altri applaudono approvando l’elezione. Ma allo stesso tempo occorre metter fine ad un congresso inteso come trincea, come dibattito tra cattolico e no, tra vecchio e nuovo. Non ci deve essere nessuna ossessione sul “da dove proveniamo” ma puntare sul “dove vogliamo andare”. Un partito nato due anni fa non può vivere di ricordi. Non deve rifugiarsi nella sicurezza del passato ma guardare avanti nella sfida e nella speranza di un futuro che dovremo scrivere insieme”.
Cesa ha voluto evidenziare che, a suo giudizio, la scelta di arrivare al congresso del Pd in questi giorni non è stata la scelta migliore vista la situazione di crisi nazionale e le enormi difficoltà che sta passando il governo che richiederebbero maggiore vigore nell’opposizione. Il congresso occupa troppa energie per i democratici che andrebbero destinate nella battaglia politica parlamentare.
“Il congresso del Pd è stata una scelta obbligatoria. Dopo le dimissioni di Veltroni che confermavano lo strano virus del logoramento interno che ha colpito gli ultimi sette, otto leader del centrosinistra dopo le elezioni; dopo il traghettamento di Franceschini per le elezioni europee con un risultato positivo rispetto alle paure maggiori che ci attanagliavano; era giusto che passata l’emergenza si ritornasse ad situazione normale dove nessuno potesse diventare segretario del Pd senza un congresso”.
Il Pd e l’Udc insieme? Per Cesa il Pd si porta dietro una contraddizione interna che difficilmente riuscirà a risolvere. “Non si può fare il paragone con i candidati alle primarie americane dove sia Obama, sia Clinton non avevano posizioni troppo distanti. Ex comunisti e ex democristiani insieme, mi creano il dubbio che sulla difesa di alcuni valori e sulla concezione del Paese stesso ci siano troppe distanze che non si placheranno dopo il congresso”.
La risposta di Fioroni non si è fatta attendere. “Con la sua nascita il Pd ha dato un grande contributo di chiarezza. È chiusa definitivamente la stagione dei tanti insieme solo in nome del anti-berlusconismo. Il cemento del tutti insieme ad ogni costo non regge. Oggi un’alleanza si basa sulla condivisione di progetti e programmi. Il Pd è la garanzia di stabilità per il Paese. Molto meglio qualcuno in meno che dare l’impressione di non saper rispettare gli impegni presi”.
“Mi auguro di rivedere presto Cesa, qui a Genova a sostegno della riconferma di Burlando alla guida della Giunta regionale. In parlamento a settembre vorrei che l’Udc stesse con noi in almeno tre scommesse fondamentali: una mobilitazione contro la riforma scolastica della Gelmini perché non è possibile fare dei tagli sul futuro dei nostri figli; nella tutela delle PMI che soffriranno un autunno nero e per questo chiediamo che ci sia una dilazione delle tasse e delle imposte per 6/8 mesi; nella tutela del sud d’Italia, insultato ogni giorno dalla Lega ricordando che nei prossimi 10 anni si assisterà ad un nuovo e importante flusso migratorio dal sud al nord che comincerà a capire e a soffrire di alcuni problemi come quello della disoccupazione che oggi conosce poco”.
“Fioroni: «Basta alleanze contro il Cavaliere»”, di Alessandra Costante
Udc o Italia dei valori? O entrambi? Il tema delle alleanze fa il suo ingresso domani sera, lunedì, alla Festa nazionale democratica con un confronto tra “ex”, Lorenzo Cesa e Giuseppe Fioroni, Udc il primo, Pd il secondo, entrambi cattolici, nati e cresciuti alla scuola Dc. Ed è da Fioroni, sostenitore della mozione Franceschini, che arriva l’ennesimo avvertimento sulle alleanze: «Basta alleanze contro Berlusconi. Il Pd deve essere il partito centrale di una nuova coalizione credibile. L’alleanza con l’Udc va bene se rispetta questa premessa». Non è certo la prima volta che si parla di alleanze alla Festa democratica. Lunedì scorso il segretario del Pd Dario Franceschini aveva dato l’altolà a coalizioni che andassero nuovamente «da Pecoraro Scanio a Dini» e giovedì lo sfidante alla segreteria nazionale Pier Luigi Bersani aveva parlato di un partito che, però, deve «scordarsi la vocazione maggioritaria».
Parlare di alleanze e coalizioni al Porto Antico di Genova è tutt’altro che un banale minuetto politico. La Liguria nel 2010 è una delle 13 regioni (11 in mano al centrosinistra) che voteranno per le regionali ed è anche quella in cui il risultato è più incerto. Da mesi i sondaggi parlano di una corsa spalla a spalla tra il governatore Claudio Burlando – «per questo serve un segretario regionale forte come Sergio Cofferati che nessuno possa dire che sta lì per conto terzi» interviene Fioroni – e il candidato del Pdl Sandro Biasotti e lo sprint finale non potrà che essere nella caccia ai voti dei moderati e nell’area del non voto. Così il 5% ligure dell’Udc diventa importante. Fondamentale per entrambi. Anche se, voci dai palazzi di Genova e Roma, sussurrano che due anni di intensi contatti tra Burlando e Pier Ferdinando Casini non siano caduti nel vuoto. «Io non trovo da ridire sull’alleanza con l’Udc, mi va benissimo se rispetta la premessa di una coalizione forte e organizzata sulla base di un programma di governo condiviso. Mi viene da discutere quando l’alleanza con l’Udc viene individuata come un meccanismo per il quale il Pd, invece di essere il partito di centrosinistra che è, dovrebbe diventare qualcosa di diverso» spiega Giuseppe Fioroni secondo «nell’enfatizzare il senso dell’alleanza qualcuno cerca strumentalmente di ridefinire il partito democratico stesso». Riferimento neppure troppo cifrato al bersaniano cattolico Enrico Letta.
«Il Pd deve presentarsi come un elemento fondante e fondamentale, credibile per gli italiani anche perché quello che si dice è il programma che poi realizzeremo». Nelle manovre precongressuali che hanno conquistato militarmente gli spazi della festa nazionale democratica, «dobbiamo però evitare una guerra di posizioni come quella del 15-18» osserva l’ex ministro dell’istruzione, ha lasciato il segno la lettera di Romano Prodi, pubblicata il 15 agosto. «Ha ragione quando dice che noi abbiamo faticato alcune volte anche nel semplice buon governo – sostiene Fioroni – perché erano più le cose che ci facevano discutere di quelle per cui stavamo insieme». E proiettato sul futuro questa significa anche un avvertimento ad Idv e al suo leader, Antonio Di Pietro: «Oggi non c’è nessuno che possa ritenere che il cambio di maggioranza sia fattibile senza un impegno forte del Pd. Di Pietro rifletta su questo, sul fatto che essere parte di un’alleanza significa anche dimostrare di essere affidabili, perché altrimenti rischia di ritrovarsi presto con un consenso dimezzato».
Passato, presente, futuro ed alleanze. Non c’è un tema su cui Franceschini e Bersani, i due principali competitor alla segreteria nazionale, dicano le stesse cose. Così l’autocertificazione di essere di sinistra fatta da Bersani alla festa nazionale del Pd, strappando un’ovazione a scena aperta, ha fatto storcere più di un naso nelle fila di Franceschini. «Nello slogan di Bersani, dare un senso a questa storia, c’è qualcosa di freudiano – riflette Fioroni – anche perché la seconda strofa della canzone di Vasco dice che questa storia un senso non ce l’ha». E via con l’attacco a Bersani e il suo voler essere ancora di sinistra: «Sarebbe una follia se un bambino di 2 anni, come è in fondo il Pd, per dare un senso alla propria vita dovesse ricercarlo nelle radici del padre, della mamma o dei nonni. Un partito che ha 2 anni non può vivere di ricordi o, peggio, di rimpianti perché allora è nato vecchio o addirittura morto».
Questione di prospettive, dice Fioroni. «Le mie radici sono il bagaglio, ma il futuro me lo costruisco chiarendo dove voglio andare. E’ pericoloso dare un senso alla storia prendendolo dal passato perché ognuno è autorizzato a pensare di essere stato migliore degli altri».
Il Secolo XIX, 30 agosto 2009