Graduatorie, che passione! E’ ormai invalso l’uso di commentare a caldo le classifiche delle più varie istituzioni pubbliche che ci vengono proposte quasi quotidianamente. Che si tratti di comuni, di ospedali o di università, ecco che fioccano analisi e ragionamenti, in fondo non dissimili da quelli che accompagnano spesso le classifiche del campionato di calcio o di altri sport.
Vi è però una grande differenza tra le prime e le seconde.
Facciamo il caso delle università. A differenza delle graduatorie sportive, che si basano sull’esito inoppugnabile delle partite, quelle universitarie si fondano, inevitabilmente, su una pluralità di indicatori quantitativi. Per quanto possano essere numerosi e sofisticati – ma spesso è vero il contrario – questi indicatori si limitano a restituire approssimativamente solo alcuni aspetti delle complesse attività di un ateneo e comprimono inevitabilmente in una sintesi le differenze qualitative tra i diversi dipartimenti. Per giunta, non si può ignorare che tali indicatori sono pesati differentemente, per ottenere il punteggio finale, a seconda delle scelte dell’autore della graduatoria. È proprio per questa ragione che tali classifiche hanno vita assai effimera e, purtroppo, non risultano di grande aiuto per le scelte dei“portatori di interesse” di un’università: gli studenti, le loro famiglie, gli enti locali, le imprese del territorio, gli investitori in ricerca e innovazione.
Fatta questa doverosa premessa, i parametri valutativi, se considerati separatamente, sono comunque d’aiuto per comprendere il posizionamento di un’università rispetto ai singoli problemi e per verificare l’esito delle strategie messe in campo per affrontarli. Nella classifica delle università statali, pubblicata lunedì da un grande giornale nazionale, l’Università di Modena e Reggio Emilia si classifica, come negli anni scorsi, in posizione onorevole, nel primo terzo della graduatoria con un leggero e probabilmente insignificante passaggio dal19-esimo al 21-esimo posto. Conoscendo le incertezze statistiche dei dati utilizzati, si ha sostanzialmente una stabilità di posizionamento che non dovrebbe né far cantar vittoria né far prendere il lutto. Più interessante è l’analisi separata dei vari parametri. Per quanto riguarda la didattica, la nostra università mantiene una lusinghiera posizione di alta classifica, segno di una adeguata attenzione ai diritti degli studenti e alla qualità dell’insegnamento. Per quanto riguarda invece la ricerca, la graduatoria la pone più in basso in graduatoria. Ma quali sono esattamente i dati raccolti per questa valutazione della ricerca? Sarebbe utile un’analisi ragionata condotta dagli organi di governo dell’ateneo, ma al momento sembra che i dati, tutti di origine ministeriale, siano riferiti quasi esclusivamente alle attività di ricerca“pura” con finanziamenti pubblici, con il risultato di tenere in minore considerazione le attività di ricerca applicata e di trasferimento tecnologico in collaborazione con le imprese del territorio. Poiché l’Università di Modena si trova al centro del più importante distretto nazionale di motoristica, ed è particolarmente qualificata in questo campo, e vanta altresì prestigiosi gruppi di ricerca nel campo della sanità finanziati da imprese farmaceutiche internazionali, la sua posizione in graduatoria potrebbe essere risultata falsata da una sottovalutazione, da parte degli autori della classifica, di questi specifici ed importanti aspetti dell’attività di ricerca, che nel gergo internazionale vengono indicati come la “terza missione” dell’università, dopo la didattica e la ricerca libera.
Discutiamo dunque approfonditamente dei dati desunti dalle classifiche, sollecitiamo sempre interventi sui punti deboli per migliorare il livello di qualità della nostra università, ma non cadiamo nell’equivoco di saltare a facili conclusioni (che potrebbero rivelarsi infondate).