ROMA «L’Italia rappresenta un’eccellenza riconosciuta nel mondo per quanto riguarda gli interventi straordinari nel campo dei beni culturali danneggiati. E questa missione delinea molto bene la ragione che ci spinge a insistere sul piano della diplomazia culturale».
Il ministro per i Beni e le attività culturali, Dario Franceschini, presiede una breve riunione organizzativa nel suo studio al ministero. Oggi, 1 luglio, parte per Katmandu la missione di sei tecnici, storici dell’arte e restauratori che sosterranno le autorità della Repubblica federale del Nepal «nella definizione e nell’adozione delle misure emergenziali per la preservazione e il recupero del patrimonio culturale danneggiato nel sisma del 25 aprile scorso», come si legge nel piano di lavoro del ministero di Franceschini.
La task force culturale in partenza per la terra cara a Bernardo Bertolucci, che ha lanciato commossi appelli per la salvaguardia di quel magnifico patrimonio, sarà composto da sei persone. Il coordinamento è affidato a una donna, Daila Radeglia, storico dell’arte dell’Iscr, l’Istituto centrale del restauro. Con lei ci saranno l’architetto Giorgio Sobrà (Iscr), che studierà i problemi legati alla statica, Andrea Santacesaria, restauratore dell’Opd, Opificio delle Pietre dure, esperto in problemi legati al recupero del legno danneggiato (ingenti beni culturali nepalesi hanno nel legno il materiale principale), Francesca Capanna (Iscr), specializzata in dipinti murali e protagonista di diverse spedizioni internazionali, Luigi Vigna (Opd),restauratore e anche geometra, Maria Elisabetta Prunas (Iscr), restauratrice con una poliedrica competenza in diversi materiali.
Per poter partire, come ha spiegato al ministro Antonia Pasqua Recchia, segretario generale del ministero, i sei sono stati sottoposti a una pesante profilassi obbligatoria di vaccini per poter lavorare in un’area in cui è possibile contrarre malattie, inclusa la rabbia.
Il modello di riferimento per il lavoro del gruppo sarà quello messo a punto in diversi terremoti, soprattutto durante quello dell’Emilia Romagna dove i danni al patrimonio storico-artistico sono stati ingentissimi. E infatti anche la spedizione nepalese è stata organizzata dal prefetto Fabio Carapezza Guttuso, coordinatore dell’Unità di crisi del ministero dei Beni culturali che entrò in azione pochissime ore dopo il devastante terremoto nel Centro Italia del gennaio 2012.
Il gruppo di lavoro conterà sulla collaborazione delle autorità nepalesi competenti in materia di beni culturali e, in questa prima fase, avrà compiti di analisi della situazione: verificare l’esistenza di spazi dove ricoverare manufatti, opere d’arte, materiali per poter eseguire pronti interventi e catalogazione; capire quali siano i provvedimenti d’emergenza rispetto ai diversi materiali (pietre, legno, metalli, tessuti, terrecotte); immaginare un calendario di lavori e collaborazioni. Questa prima missione durerà fino ai primi giorni di ottobre e successivamente, con i risultati di questa prima ricognizione, si passerà a una fase operativa e pratica: ovvero il restauro vero e proprio. Un po’ come accadde (lo ha ricordato Gisella Capponi, che guida l’Iscr) a Bam, la cittadella iraniana dalla storia bimillenaria, eretta in mattoni crudi e semidistrutta nel terremoto del 2003. I tecnici italiani collaborarono al ripristino della Torre numero 1 a Sud Ovest, lavoro apprezzatissimo dagli iraniani. La spedizione in Nepal sarà anche un’occasione per sperimentare nuove tecniche di lavoro, come ha spiegato il direttore generale del ministero per l’Educazione e la ricerca, Caterina Bon Valsassina.
Per il futuro, Franceschini chiede che «la comunità internazionale si organizzi dando vita a una forza multinazionale di pronto intervento in materia di beni culturali danneggiati per superare il ricorso ai singoli accordi internazionale. Se un Patrimonio culturale dell’umanità è in pericolo, è doveroso che sia appunto l’umanità a prendersene cura».
Pubblicato il 1 Luglio 2015