LETTERA APERTA AI DOCENTI PRECARI
Lunedì sera, intervenendo nell’Aula di Montecitorio sull’articolo 10 del disegno di legge sulla Scuola, ho dimenticato una lezione importante: la frustrazione fa dire cose di cui poi ci si pente.
Pertanto, devo delle scuse ai tanti giovani abilitati che si sono sentiti colpiti e offesi dalle mie parole. Parole che erano specificatamente rivolte alla collega Gelmini e alle sue scelte operate in qualità di ministro dell’istruzione e non al merito dell’emendamento in votazione. Ma questo poteva essere chiaro a me, non a chi stava seguendo il dibattito da casa.
Ho compiuto un errore: riconoscerlo è il primo passo per emendarlo.
Il secondo passo è chiedervi una manciata di minuti per poter esporre le ragioni del mio comportamento.
L’ANTEFATTO
Nel 2006, il governo Prodi decise di aggredire il problema del precariato scolastico. Lo fece imboccando due strade: l’immissione in ruolo di 150.000 docenti per coprire tutti i posti vacanti (svuotando le GAE); riforma – mediante una delega al governo – della formazione iniziale dell’insegnante strettamente connessa all’immissione in ruolo, per non creare nuovo precariato.
Quel programma non venne attuato (con l’eccezione della immissione in ruolo della prima tranche di 50.000 docenti) per responsabilità del successivo governo Berlusconi, che fece scelte di segno opposto: taglio pesantissimo agli organici e blocco alle assunzioni. Per quanto riguarda poi la delega su formazione iniziale e reclutamento, essa fu esercitata tradendo lo spirito originario: fu mantenuta infatti l’attuale separazione tra le due fasi, di formazione e di accesso alla professione, con la conseguenza di continuare a creare precariato e di illudere giovani abilitati (a loro spese). Infatti, a chi nel 2011 mi chiedeva un’opinione sui corsi TFA, rispondevo esprimendo i dubbi su un costoso titolo che avrebbe dovuto essere abilitante alla professione ma che nei fatti lo sarebbe stato solo per poter sostenere un concorso, cioè un ulteriore sbarramento all’accesso al ruolo. Se l’allora ministra Gelmini avesse davvero avuto a cuore la sorte di voi giovani, bravi e motivati all’insegnamento, avrebbe dovuto attribuire valore concorsuale alle prove selettive di accesso e avrebbe dovuto inserirvi a scuola al termine del TFA in funzione del reale fabbisogno. Così non fu perché non volle. Ora, all’articolo 23 del DDL introduciamo un modello che mette in pratica un nuovo meccanismo che non genererà più precariato. Ovviamente – per quelli già abilitati – sarà attuata una fase transitoria che valorizzerà il percorso che avete già compiuto (a voi non verrà applicato il contratto di formazione!). Ci facciamo carico anche degli errori compiuti da altri.
LUNEDI’ SERA
Prima della sospensione per cena, la relatrice Coscia aveva espresso parere negativo a tutti gli emendamenti presentati e contrastanti con l’impianto dell’articolo 10, cioè immissione in ruolo di 100.000 aventi titolo – a legislazione vigente – e concorso per abilitati per 60.000 cattedre (e definizione dell’organico dell’autonomia, incrementato di 50.000 posti).
Alla ripresa di seduta è intervenuta l’ex ministro Gelmini. È stata oggettivamente impeccabile nell’esporre una linea che obliterava ogni responsabilità personale alla situazione drammatica in cui vivono i precari della scuola (quelle stesse persone che liquidava – non più tardi di 3 anni fa – come una questione di cui non poteva farsi carico perché “la scuola non è un ammortizzatore sociale”!). Si è sottratta dall’autodenunciare la propria decisione di NEGARE AL VOSTRO TITOLO VALORE CONCORSUALE E DI AVER DELIBERATAMENTE IMPEDITO AL TFA DI ESSERE STRETTAMENTE CONNESSO ALL’IMMISSIONE IN RUOLO, condannandovi a vivere in un limbo. A quel tempo sarebbe stato lineare seppur non facilissimo, perché i posti di TFA non vennero calcolati concretamente sul fabbisogno, che fu “gonfiato”, per le ragioni che tutti sappiamo (basta andare alla rassegna stampa di quei mesi); ma ora, ex-post, è giuridicamente impraticabile, perché nel frattempo si sono abilitati altre migliaia di aspiranti docenti. L’esclusione degli uni rispetto agli altri – tutti abilitati, tutti con identico titolo, seppur conseguito con modalità diverse – rileva, ora, un profilo delicatissimo di legittimità. Purtroppo, questi sono i fatti.
È stato nell’ascoltare il travisamento della realtà che ho deciso – d’impulso – di intervenire per richiamare alla memoria dei colleghi, alcuni dati di fatto e per affermare che, finalmente, la stagione dei tagli imposti alla scuola dal governo Berlusconi era alle spalle.
Ecco perché ho pronunciato una frase, infelice e brutta, volgendo lo sguardo in direzione della collega ex ministro, ma chi da casa ci seguiva, legittimamente, ha ritenuto che mi riferissi al merito dell’emendamento. Una frase infelicissima: “Avrei votato non nel merito, ma per togliermi la soddisfazione”. Soddisfazione per aver superato, con l’ampliamento degli organici, la politica di riduzione delle risorse alla scuola, voluta da Tremonti ed eseguita da Gelmini, e affermata dall’articolo 10, che stavamo discutendo. Questi i fatti.
Molti di voi mi hanno scritto invitandomi a vergognarmi, per aver cancellato il vostro futuro per sfizio, per capriccio. Nessun capriccio, come spero di aver chiarito. Semmai, la necessità di richiamare alle proprie responsabilità chi ha avuto, in qualità di ministro, modo e occasione di intervenire ed affrontare il problema del precariato ed è riuscita solo ad aggravarlo.
Ma la frase pronunciata, lo riconosco, è davvero pessima e alle vostre orecchie è risuonata come offensiva. E di questo mi scuso.
Manuela Ghizzoni
Ps: l’articolo 10, vi delude perché aspiravate ad un terzo canale di scorrimento che, forse, con il trascorrere degli anni, potrebbe condurvi all’agognato posto in ruolo. Forse, sempre che non arrivi un nuovo ministro taglia-cattedre. Per le scelte compiute tra il 2008 e il 2012 si è tornati alla situazione che trovò Prodi. Se l’obiettivo è, allora come ora, affrontare alla radice il fenomeno del precariato e assegnare alle scuole i docenti migliori, allora dobbiamo tornare al piano del 2007. Temete – legittimamente – che la commissione non riesca a cogliere la ricchezza della vostra preparazione. E’ stato già detto più volte: va abbandonata l’impostazione del vecchio concorso (con preselezione a quiz, al pari del lotto, due prove scritte e una orale). Bisogna fare in modo che la valutazione comparativa si limiti ad accertare le capacità didattiche, mentre il titolo abilitativo – e il servizio svolto – saranno valorizzati in termini di punteggio aggiuntivo, come dispone il comma 17 e come ha rafforzato l’accoglimento dell’odg Ascani. È una opportunità. Nessuno, ripeto nessuno, vuole disperdere il vostro talento e la vostra competenza.
il video dell’intervento alla Camera del 18 maggio