La relazione sul Def di cui sono stata relatrice ieri 21 aprile alla Commissione Cultura Scienza e Istruzione della Camera. In un documento complesso che riguarda tutte le politiche del Governo, ho incentrato l’analisi soprattutto sui temi della formazione e della cultura, di competenza della Commissione. Oggi il parere e la votazione.
Il Documento di economia e finanza 2015 costituisce il principale documento di programmazione della politica economica e di bilancio. Esso, infatti, traccia gli impegni di consolidamento delle finanze pubbliche in una prospettiva di medio-lungo termine e definisce, sul versante delle diverse politiche pubbliche, gli indirizzi adottati dall’Italia per il rispetto del Patto di Stabilità e Crescita europeo e il conseguimento degli obiettivi definiti nella Strategia Europa 2020.
Con riferimento al 2014, il DEF evidenzia come nel quarto trimestre 2014 si è interrotta la caduta dei livelli generali d’attività. Nel complesso, tuttavia, nel 2014 il PIL ha registrato una contrazione dello 0,4%, su cui ha inciso in maniera rilevante la debolezza della domanda interna, in particolare degli investimenti. Un apporto positivo è, invece, disceso dalla domanda estera. Nel 2015 l’economia italiana è entrata in una fase di moderata ripresa. In considerazione di ciò, il DEF fissa le stime tendenziali di crescita del PIL allo 0,7% per il 2015 e all’1,3% per il 2016, al rialzo rispetto alle previsioni indicate ad ottobre 2014 nel Documento programmatico di bilancio (DPB). Per gli anni successivi, il DEF prevede una crescita tendenziale del PIL più contenuta, pari nel 2017 all’1,2% e in media all’1,1% nel biennio successivo. Tale flessione, tuttavia, non discenderebbe da considerazioni negative circa l’andamento dell’economia italiana, ma riflette – secondo quanto illustrato nel DEF – un principio di cautela circa la valutazione delle principali variabili di finanza pubblica. In particolare, il Governo ha sottratto dalla previsione del tasso di crescita tendenziale del PIL l’impatto positivo sulla crescita che stima provenire da alcune riforme strutturali. Tale impatto è stato, invece, considerato nella formulazione delle previsioni programmatiche di crescita a partire dal 2018.
Come di consueto, il nostro esame si soffermerà, in particolare sulla terza sezione del DEF, recante lo schema del Programma Nazionale di riforma (PNR), che prosegue nell’azione di rilancio dell’economia italiana già delineata all’inizio del mandato di Governo.
Nel Programma si verifica l’esito delle riforme intraprese dopo l’approvazione del PNR dello scorso anno e si prospetta un’agenda di interventi in grado di conseguire sia gli impregni presi in sede europea (rispetto alla generale Strategia Europa 2020, oltre alle specifiche Raccomandazioni rivolte all’Italia l’8 luglio 2014, cui seguono le più recenti Analisi elaborate dalla Commissione, nel marzo 2015), sia di impostare una crescita – economica e sociale – che possa essere intelligente, sostenibile e solidale.
Ecco perché le politiche di riforma indicate nel PNR 2015 con riferimento a istruzione, formazione, università, ricerca e cultura rappresentano uno degli asset principali del percorso di riforme strutturali, nella consapevolezza che molti dei nodi che rallentano lo sviluppo del Paese sono superabili solo attraverso un investimento sul capitale umano. Nel merito, le iniziative assunte hanno l’obiettivo di contrastare la disoccupazione giovanile e l’abbandono scolastico, assicurare ai giovani le competenze necessarie per essere cittadini e lavoratori nel XXI secolo, innovare la nostra economia anche attraverso l’incremento del numero dei ricercatori, numero che collocano l’Italia fra gli ultimi paesi in assoluto nella Comunità Europea.
Segnalo, inoltre, che in coerenza con gli obiettivi del PNR, il Governo collega alla decisione di bilancio alcuni provvedimenti di nostro particolare interesse, quali il disegno di legge di riforma della scuola, attualmente all’esame della Commissione, e il disegno di legge concernente il cinema e lo spettacolo dal vivo, non ancora presentato.
Nell’ambito dell’istruzione e della formazione, la Commissione europea a luglio 2014 aveva raccomandato all’Italia (Raccomandazione 6) di: rendere operativo il sistema nazionale di valutazione degli istituti scolastici e dei docenti, per migliorare i risultati e, conseguentemente, ridurre i tassi di abbandono scolastico; accrescere l’apprendimento basato sul lavoro, nonché l’istruzione terziaria professionalizzante; istituire il registro nazionale delle qualifiche, per garantire un ampio riconoscimento delle competenze; erogare i finanziamenti pubblici premiando in misura sempre più consistente la qualità dell’istruzione superiore e della ricerca.
Nel documento successivo del 18 marzo 2015, nel dar seguito alle citate Raccomandazioni, la Commissione evidenzia il progresso compiuto dall’Italia poiché: “Il governo dà la priorità alla spesa per l’istruzione, dopo diversi anni di tagli”. La Commissione valuta quindi positivamente la priorità attribuita alla spesa per l’istruzione attuata mediante sia l’istituzione del Fondo per la buona scuola con la legge di stabilità 2015 (dotato di 1 miliardo di euro nel 2015 e 3 miliardi di euro dal 2016) e sia lo stanziamento di 1 miliardo di euro per le azioni riguardanti le misure di sicurezza, l’efficienza energetica e i regolamenti antisismici nonché la ristrutturazione degli edifici scolastici. In particolare, è apprezzata l’assunzione “su base permanente a partire da settembre 2015” di insegnanti che ora lavorano con contratti temporanei.
Al riguardo, il PNR si sofferma ampiamente nella descrizione degli interventi per la riforma del sistema nazionale di istruzione presenti nel disegno di legge AC 2994 – “Riforma del sistema nazionale di istruzione e fomazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti” – di cui il 10 aprile abbiamo avviato l’esame e che, come ho già detto, è collegato alla decisione di bilancio. L’impatto macroeconomico di tale riforma è indicato nel + 0,3% del PIL entro il 2020, nel + 0,6% entro il 2025 e nel + 2,4% nel lungo periodo.
Nello stesso ambito, il PNR evidenzia che entro il 2015 – in raccordo con la messa a regime del Sistema Nazionale di Valutazione (SNV), del Rapporto di Autovalutazione e del Piano di Miglioramento di ciascuna scuola – sarà introdotta la valutazione dei dirigenti scolastici e dei docenti. In particolare, i dirigenti scolastici riceveranno obiettivi di mandato individuati dagli Uffici scolastici regionali sulla base dei dati del SNV. Il raggiungimento di tali obiettivi sarà oggetto di valutazione periodica anche al fine di quantificare una parte della retribuzione. I docenti saranno valutati dai dirigenti scolastici. Questi indirizzi di intervento trovano corrispondenza con disposizioni e deleghe legislative contenute nel citato DDL di Riforma del sistema nazionale di istruzione, a cui rinvio.
La Commissione europea, nel merito delle iniziative per mettere a regime il SNV, si esprime positivamente affermando che “le misure per migliorare i risultati scolastici sono promettenti”. A tale proposito manifesta un indirizzo condivisibile e da attuare, poiché raccomanda un “adeguato coinvolgimento di tutti gli attori e le parti interessate” come elemento essenziale “per il successo dell’iniziativa”.
Il documento della Commissione europea evidenzia, invece, che i progressi sono stati contenuti per quanto riguarda l’apprendimento sul lavoro e lo fa con parole chiare: “La pertinenza dell’istruzione per il mercato del lavoro è tuttora limitata”. Rileva, ad esempio, la ridotta scala di applicazione del programma sperimentale per lo svolgimento di periodi di formazione in azienda per gli studenti degli ultimi due anni delle scuole secondarie di secondo grado per il triennio 2014-2016, attraverso la stipula di contratti di apprendistato, previsto dal D.L. 104/2013. La Commissione, poi, stigmatizza il ritardo con il quale si sta provvedendo alla definizione del quadro unitario per il riconoscimento delle qualifiche.
La Commissione valuta invece positivamente – nell’ambito dell’istruzione terziaria a orientamento professionale – l’introduzione, dal 2015, di una quota premiale per il finanziamento degli istituti tecnici superiori: è “un passo positivo” anche se gli ITS “restano una piccola nicchia del sistema di istruzione: alla fine del 2013 frequentavano istituti tecnici superiori solo circa 5000 studenti, sebbene i dati sull’occupabilità dei diplomati siano incoraggianti”.
Sul collegamento istruzione e mondo del lavoro, il PNR ricorda che il ddl di Riforma del sistema nazionale di istruzione – a cui rinvio nuovamente – introduce nell’ordinamento una durata minima dei percorsi di alternanza scuola-lavoro e mette a regime la possibilità di svolgere periodi di formazione in azienda attraverso la stipula di contratti di apprendistato. Segnalo, inoltre, che il PNR fa riferimento all’istituzione di un registro nazionale delle imprese che propongono percorsi di alternanza scuola-lavoro, che non è tuttavia presente nel testo dell’A.C. 2994.
Con riferimento al tema delle qualifiche, il PNR evidenzia che l’intesa che definisce un quadro operativo per il riconoscimento a livello nazionale delle qualificazioni regionali, raggiunta nella Conferenza Stato-regioni del 22 gennaio 2015, segna un avanzamento sostanziale verso l’attuazione del più complessivo sistema nazionale di certificazione delle competenze e la realizzazione del Registro nazionale delle qualifiche, previsto dal d.lgs. 13/2013.
All’azione sulle competenze e sulle attività della scuola il Governo ha affiancato un investimento straordinario sull’edilizia scolastica per la messa in sicurezza, l’efficienza energetica, l’adeguamento antisismico e l’ammodernamento delle scuole esistenti e la creazione di nuovi istituti adatti all’innovazione didattica. Più di 400 interventi sono stati già realizzati e 200 sono in corso di completamento con le risorse messe a disposizione dal decreto Fare. Il 30 giugno 2014 il CIPE, riprogrammando Fondi di Sviluppo e Coesione, ha destinato 400 milioni a interventi di messa in sicurezza ed agibilità delle scuole per un totale di 2.328 interventi del valore medio di circa 160mila euro. Le aggiudicazioni avverranno con iter agevolato per consentire una rapida partenza delle opere. Altri 376 interventi, presenti sempre nelle graduatorie del decreto del ‘Fare’ , potranno essere finanziati con i ribassi d’asta. Il Patto di Stabilità è stato sbloccato per 404 cantieri in corso o che stanno aprendo per un valore di 244 milioni, con progetti dall’importo medio di un milione, generando circa 400 milioni di valore complessivo. A luglio 2014 è stata aggiunta alle quattro categorie di beneficiari della quota dell’otto per mille già esistenti, una quinta tipologia costituita da ‘ristrutturazione, miglioramento, messa in sicurezza, adeguamento antisismico ed efficientamento energetico degli immobili di proprietà pubblica adibiti all’istruzione scolastica. Con l’articolo 10 del D.L. n. 104 del 2013 è stata autorizzata la stipula di mutui con oneri di ammortamento a carico dello Stato per favorire interventi di messa in sicurezza, realizzazione e ristrutturazione di edifici scolastici. Stante il costo del denaro attuale, a disposizione ci saranno circa 850 milioni, al netto degli oneri, di cui sono già stati definiti i criteri per il riparto tra le regioni. Il Disegno di legge di Riforma del sistema nazionale di istruzione introduce misure sia sul piano della programmazione degli interventi che su quello finanziario (concorso di idee per la selezione di soluzioni progettuali innovative finanziati con finanziamenti INAIL che porteranno alla costruzione di circa 60 nuove scuole; potenziamento del ruolo e delle funzioni attribuite all’Osservatorio per l’edilizia scolastica; creazione di una programmazione unica nazionale per gli interventi in materia di edilizia scolastica; recupero di risorse stanziate per vecchie procedure avviate per interventi di edilizia scolastica al fine di riassegnarle agli interventi previsti nella programmazione nazionale unica; indagini diagnostiche dirette a prevenire fenomeni di crollo dei solai degli edifici scolastici). Sono poi previste risorse per l’edilizia scolastica da assegnare con lo strumento dei fondi immobiliari agli Enti locali beneficiari. Grazie alle somme sbloccate si potranno rigenerare strutture obsolete o costruire nuovi edifici dotati degli standard di sicurezza più recenti e di nuovi modelli di spazi di apprendimento. Infine, si ricorda che l’immissione dei dati sull’Anagrafe dell’edilizia scolastica è stata effettuata per 13 Regioni e entro il 30 giugno 2015 verrà completata per le restanti Regioni.
La Commissione, per quanto riguarda l’istruzione terziaria, sottolinea la “maggiore attenzione alla qualità dell’istruzione superiore”, riferendosi, in particolare, all’incremento, nel 2014, della quota di finanziamenti pubblici legati al risultato trasferiti alle università e alla definizione di criteri – cosiddetti costi standard – per l’assegnazione della quota residua di finanziamento pubblico.
Con riferimento all’ambito universitario, il PNR evidenzia che le azioni di Governo intendono puntare sia su una sempre più stretta relazione fra qualità e ripartizione delle risorse (che riguarderà anche gli enti di ricerca), sia “sulla revisione delle regole di reclutamento dei docenti universitari con interventi su Università che non raggiungono gli obiettivi di qualità del reclutamento del personale attraverso le chiamate degli abilitati”. Su questo intervento – che non trova ulteriore spiegazione nel PNR – sarebbe utile un chiarimento da parte del Governo.
Nel PNR, inoltre, il Governo indica come azione prioritaria l’aumento dell’impatto delle misure di diritto allo studio, “base di garanzia per tutti gli studenti capaci e meritevoli in stretta correlazione con il reddito”, anche completando l’iter di definizione dei livelli essenziali delle prestazioni previsto dal d.lgs. 68/2012. Su tali aspetti – che incidono direttamente sul tasso degli immatricolati e quindi dei laureati e sulla reale esigibilità del diritto ad una istruzione superiore – insistono anche le proposte di legge sulla tassazione universitaria, da quasi due anni in esame presso la Commissione: ritengo che l’espressione del Governo in merito non sia più procrastinabile.
Il Governo propone poi “il rafforzamento dello strumento dei prestiti d’onore in un’ottica di parallelismo, non di sostituzione o supplenza del diritto allo studio”. Tale specificazione è apprezzabile – soprattutto se fosse riferita ad aiuti per il conseguimento di titoli di specializzazione, come i master – ma altrettanto sarebbe una valutazione attenta delle esperienza già messe in campo e che non hanno mai dato esiti concretamente positivi, come il Rendiconto della Corte dei Conti segnala ormai da molti anni.
Nel PNR sono poi evidenziate specifiche azioni per favorire la mobilità degli studenti e l’internazionalizzazione del sistema educativo e della ricerca – in particolare, estendendo e potenziando il programma Erasmus e utilizzando il c.d. Fondo giovani –, così come per favorire l’allineamento con le migliore pratiche internazionali e rendere l’Italia attrattiva.
Nel più volte citato documento della Commissione, sono anche evidenziate alcune criticità tuttora non risolte. Tra di esse, la mancanza di un sistema globale di orientamento formativo a tutti i livelli di istruzione: il 46% dei diplomati del 2014 non erano soddisfatti della loro scelta. Si apprezza che dall’a.s. 2013/14 le attività di orientamento e consulenza formativa siano obbligatorie, ma le risorse a disposizione sono limitate. Le linee guida emanate nel febbraio del 2014 riconoscono la necessità di ampliare e migliorare le attività di orientamento formativo, anche per contrastare più efficacemente la dispersione scolastica (anche se ci avviciniamo all’obiettivo nazionale per il 2020 del 16%, siamo molto lontani al tasso europeo).
Altra criticità richiamata dalla Commissione, che non ha ancora corrispondenza in specifiche azioni del PNR, riguarda le competenze degli adulti, dato che la popolazione italiana tra i 16 e i 65 anni è quella che ha il più basso livello di capacità di scrittura, lettura e calcolo dei paesi dell’UE, mentre l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita non è sufficientemente diffuso.
Altra criticità riguarda il finanziamento dell’università, poiché “la spesa per l’istruzione terziaria in percentuale al PIL, è ben al di sotto della media UE”: la Commissione si sofferma sul fatto che tra il 2009 e il 2013, il finanziamento pubblico complessivo è stato ridotto di circa il 20% in termini reali e la spesa dell’amministrazione pubblica per l’istruzione terziaria in percentuale al PIL p la più bassa dell’UE (0,4% nel 2012).
Con riferimento agli obiettivi della strategia Europa 2020, gli obiettivi italiani indicati dal PNR 2015 (confermando sostanzialmente gli obiettivi nazionali fissati dal PNR 2014) prevedono di raggiungere nel 2020: un livello di spesa in ricerca e sviluppo pari all’1,53% del PIL, a fronte di un valore registrato per il 2012 pari a 1,26% e di un obiettivo europeo del 3%; un livello di abbandoni scolastici inferiore al 16% del totale dei 18-24enni, a fronte di un valore registrato nel 2014 del 15% e di un obiettivo europeo inferiore al 10%; un livello di istruzione terziaria pari al 26-27%, a fronte di un livello registrato nel 2014 del 23,9% e di un obiettivo europeo del 40%.
Se il secondo e il terzo obiettivo sono connessi alle politiche del PNR che ho precedentemente illustrato, pertanto valgono le considerazione che ho anticipato, rispetto al primo obiettivo segnalo che il Governo, tra gli strumenti per sostenere la ricerca e l’innovazione, ha individuato l’ampliamento del vigente quadro di crediti d’imposta per la ricerca e lo sviluppo (la cui nuova disciplina è contenuta nella legge di stabilità 2015) e l’impiego di personale altamente qualificato come specifico indicatore che caratterizza le PMI innovative, che possono godere delle agevolazioni a supporto dell’innovazione, previste dal c.d. DL Investiment compact. Questa disposizione, peraltro, risponde almeno in parte alla criticità rilevata dalla Commissione europea circa la difficoltà per i lavoratori altamente qualificati di trovare una occupazione corrispondete al loro profilo.
Relativamente alla ricerca, il PNR evidenzia, in particolare, che entro il 2015 sarà pubblicato il Programma nazionale per la ricerca 2014-2020 – che dovrebbe essere portato a conoscenza della Commissione con una audizione del Ministro –, che intende integrare gli interventi a livello europeo, nazionale e regionale, puntando sul rafforzamento del capitale umano, delle infrastrutture di ricerca, della collaborazione pubblico-privato, del sostegno specifico al Mezzogiorno.
Sottolinea, in particolare, che l’impatto del Programma nazionale della ricerca dipenderà molto dal capitale umano che il Paese riuscirà a formare e ad attrarre. Occorrerà, pertanto, intervenire sulla qualità della formazione alla ricerca, sul percorso di carriera e sui canali attraverso i quali i ricercatori possono trasferire alla società i risultati del loro lavoro.
A partire dal 2015, ci si prefigge, dunque, di avviare iniziative per la valorizzazione e l’attrazione dei migliori ricercatori e per l’innovazione dei percorsi di dottorato di ricerca, rafforzandoli sugli aspetti inerenti l’internazionalizzazione, l’interdisciplinarietà e l’intersettorialità. Su questi interventi – che annunciano, ad esempio, l’avvio di una selezione a carattere nazionale per posizione a tempo determinato, o la semplificazione dell’impiego delle risorse assunzionali di università e EPR – sarebbe utile un chiarimento da parte del Governo.
Per il settore dell’Alta formazione artistica, musicale e coreutica, il PNR evidenzia, fra l’altro, che il cantiere AFAM appositamente costituito ha elaborato il documento “Chiamata alle arti”, sul quale sarebbe auspicabile un coinvolgimento delle commissioni parlamentari competenti. Inoltre, fa presente che nel 2015 sarà riattivato il Consiglio nazionale per l’alta formazione artistica, musicale e coreutica.
Il PNR conferma, inoltre, l’azione di rafforzamento ed integrazione tra le politiche per la cultura e quelle per il turismo, settori riconosciuti come essenziali per la crescita civile ed economica del Paese. In particolare, anche a seguito del dibattito svolto durante il semestre di presidenza italiana, si evidenzia il ruolo della cultura come strumento di sviluppo e di coesione sociale, così come si riconosce il suo carattere trasversale e le sue implicazioni intersettoriali, che impongono ormai una modifica dei tradizionali schemi di governance delle politiche di settore, richiedendo piuttosto la definizione di nuovi modelli di collaborazione tra i diversi livelli istituzionali e tra soggetti pubblici e privati.
In tale ottica, ricordo che a fine 2014 è stato insediato un tavolo permanente tra MIBACT e ANCI, in attuazione del Protocollo d’intesa precedentemente siglato, finalizzato a individuare soluzioni innovative in materia di gestione dell’offerta culturale delle città. In tale contesto si inserisce anche la previsione del conferimento annuale del titolo di capitale italiana della cultura recata dal D.L. 83/2014.
Nello stesso spirito è stato affrontato anche l’assetto organizzativo dell’amministrazione MIBACT, occasione per sciogliere alcuni nodi del comparto beni culturali e del turismo. Il PNR ricorda, in particolare, che la nuova politica gestionale ha interessato anche il settore dei musei, con la costituzione di un sistema museale italiano costituito da 20 musei dotati di autonomia tecnico-scientifica – la cui direzione sarà affidata con un bando internazionale emanato il 7 gennaio 2015 a esperti in materia di gestione museale – e da una rete di 17 Poli regionali. Del sistema museale nazionale fanno parte i musei statali, nonché, tramite apposite convenzioni stipulate con il direttore del Polo museale territorialmente competente, ogni altro museo di appartenenza pubblica o privata.
Relativamente all’attrazione di capitali privati, il PNR ricorda che la legge di stabilità 2015 ha ulteriormente ampliato la platea dei destinatari dell’ Art Bonus, estendendo la possibilità di fruire delle agevolazioni fiscali anche per il sostegno delle fondazioni lirico-sinfoniche e dei teatri di tradizione.
Rispetto al tema della Semplificazione (oggetto della Raccomandazione 7) il PNR ricorda che in ambito culturale sono stati facilitati i procedimenti di riproduzione dei beni culturali e la consultazione degli archivi. Infatti, è stato ridotto da 40 a 30 anni il termine previsto per la consultazione presso gli Archivi di Stato dei documenti di organi giudiziari ed amministrativi e si è disposto che non sia dovuto alcun canone per le riproduzioni di specifici beni culturali. Purtroppo da tale facilitazione restano esclusi i documenti d’archivio. Per evidente vantaggio della ricerca è auspicabile che anche per il patrimonio documentale si possano disporre norme di semplificazione nella riproduzione.
Per ulteriori approfondimenti, rinvio alla documentazione predisposta dagli Uffici.