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“Brillanti negli studi ma penalizzate sul mercato lavoro: l’identikit delle laureate italiane”, di Alessia Tripodi – Scuola 24 09.03.15

Più brillanti nello studio, ma con meno chance sul mercato del lavoro, soprattutto se hanno figli. Sono le laureate italiane secondo il ritratto tracciato da Almalaurea in occasione dell’8 marzo, che rivela come tra i laureati del 2013 la presenza femminile raggiunga il 60%, con voti medi pari a 103,3 su 110 contro il 101 degli uomini. Mentre sul fronte occupazionale i numeri sono scoraggianti: a un anno dalla tesi magistrale lavora il 52% delle donne contro il 60% degli uomini, un divario che aumenta in modo considerevole per le laureate con prole. E che si riflette anche sulle retribuzioni, più basse del 30 per cento.

Più stage, meno lavoro 
In base al Rapporto sul Profilo dei laureati italiani, le donne hanno svolto più tirocini e stage riconosciuti dal proprio corso di laurea, il 60% contro il 52% dei maschi (la media nazionale è del 57%); hanno usufruito in maggior misura di borse di studio, 24% delle donne contro il 19% dei maschi la cui attribuzione è condizionata dal profitto negli studi (è il 22% a livello nazionale).
Ma se si guarda alle performance occupazionali delle laureate magistrali a uno e cinque anni dal titolo si scopre che, anche se più istruite, le donne sono ancora penalizzate. Già ad un anno dalla laurea le differenze fra uomini e donne (che rappresentano rispettivamente il 42% e il 58%) risultano significative, con un divario di oltre 7 punti percentuali: lavorano infatti il 52,5% delle donne e il 60% degli uomini.
Le donne risultano meno favorite non solo perché presentano un tasso di occupazione decisamente più basso, spiega Almalaurea, ma anche perché si dichiarano più frequentemente alla ricerca di un lavoro: il 34% contro il 26% rilevato per gli uomini. A cinque anni dal conseguimento del titolo le differenze di genere si confermano significative e pari a 7 punti percentuali: lavorano 78 donne su cento e 85 uomini su cento.

Più penalizzate se hanno figli 
Il differenziale occupazionale, a un anno dalla laurea, raggiunge i 28 punti tra quanti hanno figli (il tasso di occupazione, considerando solo quanti non lavoravano alla laurea, è pari al 55% tra gli uomini, contro il 27% delle laureate), mentre scende fino a 10 punti, sempre a favore degli uomini, tra quanti non hanno prole (tasso di occupazione pari al 50% contro il 40%, rispettivamente). A cinque anni dalla laurea,si conferma il differenziale: 24,5 punti percentuali tra quanti hanno figli (il tasso di occupazione è pari all’88% tra gli uomini, contro il 63,5% delle laureate), mentre scende fino a 7 punti, sempre a favore degli uomini, tra quanti non hanno prole (tasso di occupazione pari al 82% contro il 75%, rispettivamente). Anche nel confronto tra laureate, chi ha figli risulta penalizzata: a un anno dal titolo lavora il 40% delle laureate senza prole e il 27% di quelle con figli (un differenziale del 13%). A cinque anni il divario permane (11,5% punti percentuali): lavora il 75% delle laureate senza prole e il 63,5% di quelle con figli.

Buste paga più leggere 
Ad un anno dalla laurea gli uomini possono contare più delle colleghe su un lavoro stabile (le quote sono 38% e 31%), mentre il contratto a tempo determinato, spiega Almalaurea, è
leggermente più diffuso tra le donne (27%) e meno tra gli uomini (23%).
A cinque anni dal conseguimento del titolo il lavoro stabile diventa una prerogativa tutta maschile: può contare su un posto sicuro, infatti, il 77% degli occupati e il 64% delle occupate. «È naturale – sottolinea Almalaurea – che queste differenze sono legate anche alle diverse scelte professionali maturate da uomini e donne; le seconde, infatti, tendono più frequentemente ad inserirsi nel pubblico impiego e nel mondo dell’insegnamento, notoriamente in difficoltà nel garantire una rapida stabilizzazione contrattuale».
Sul fronte delle retribuzioni, a un anno dalla laurea gli uomini guadagnano il 30% in più delle loro colleghe: 1.217 euro contro i 936 euro delle donne. A cinque anni, il differenziale retributivo è pari sempre al 30,5% a favore dei maschi: 1.556 euro contro 1.192 euro delle colleghe. Ad influire sul differenziale retributivo, spiega l’indagine, è anche la maggior diffusione del contratto part time per le donne.
Un’analisi approfondita, conclude Almalaurea, mostra che a parità di condizioni gli uomini
guadagnano in media, ad un anno dalla laurea, 90 euro netti in più al mese; un valore che sale a 167 euro tra i laureati 2009 a cinque anni dalla laurea.