I giovani italiani sono sempre più disillusi rispetto alla possibilità di trovare lavoro in Italia e per questo guardano con crescente interesse fuori confine. Aumenta, quindi, l’esercito dei giovanissimi disoccupati pronti a trasferirsi all’estero per cercare fortuna ed occupazione. Ma cresce anche il numero di teenager e giovani di tra i 20 ed i 30 anni «non interessati a nulla», indifferenti allo studio ed al lavoro (che non si preoccupano nemmeno di cercare), vale a dire quell’area giovanile denominata “Neet” che non può non generare crescente preoccupazione tra genitori, insegnanti ed educatori. È il preoccupante quadro sull’universo giovanile del nostro Paese che emerge dal Rapporto “Giovani 2014 – La condizione giovanile in Italia”, edito da “Il Mulino”, una indagine svolta su un campione di circa 10mila giovani dai 19 ai 22 anni promossa dall’Istituto Giuseppe Toniolo, presieduto dal cardinale di Milano Angelo Scola, in collaborazione con l’Università Cattolica e con il sostegno di Fondazione Cariplo e di Intesa Sanpaolo. I circa 10mila intervistati, di differenti orientamenti scolastici, politici e religiosi, sono stati scelti in tutte le Regioni italiane. Oltre l’85% degli intervistati (19-32 anni) è convinto che in Italia siano scarse o limitate le opportunità lavorative legate alle proprie competenze professionali. Il perdurare della crisi economica e la carenza di efficacia delle politiche passate, inoltre, ha generato una forte sfiducia nel futuro: come dimostra il 70% che ritiene di avere poca o per nulla fiducia che l’Italia nei prossimi anni riuscirà a tornare a crescere sul livello degli altri paesi sviluppati. I giovani vedono le proprie capacità ed i propri talenti indissolubilmente frenate dai limiti del sistema paese e dalle carenze della politica, finora giudicata incapace di rimettere le nuove generazioni al centro della crescita. «I dati del Rapporto Giovani – spiega il professor Alessandro Rosina, tra i curatori dell’indagine – «aiutano ad andare oltre e rivelano come nelle nuove generazioni rimanga complessivamente alta la volontà di non rassegnarsi, ma come crescente sia anche la frustrazione per il sottoutilizzo delle proprie potenzialità. Sempre più complicato è trovare la propria strada. Una condizione che, complessivamente, rende il percorso di transizione alla vita adulta simile ad un labirinto». La principale causa della disoccupazione è attribuita dal 37,3% dei giovani ai limiti dell’offerta del mercato del lavoro, considerata ridotta come quantità e bassa come qualità, a cui va aggiunta una mancanza d’investimenti in ricerca e sviluppo. Il 20,9% ritiene che si debbano migliorare meccanismi di reclutamento, legati a regole troppo rigide e lontani dalla meritocrazia. Solo il 19,2% attribuisce ogni causa alla crisi economica, mentre il 17,4% è autocritico: a loro avviso i giovani non trovano lavoro per via della poca esperienza (15,3%), di una scarsa formazione e dalla difficoltà ad accettare alcuni tipi di lavori. Il 70% dei giovani vede il domani pieno di rischi ed incognite. Disoccupazione e impieghi precari spingono sempre di più i giovani ad essere concreti e pragmatici. E’ così che il 75,7 % (80% dei giovani al Sud, 71,4% al Nord) rinuncia a programmare il proprio futuro per affrontare le difficoltà del presente. Se nel 2012 il lavoro era ancora considerato più un luogo di autorealizzazione che un mezzo per procurarsi reddito, ora, la situazione è completamente capovolta. L’obiettivo primario è quello di trovare un’occupazione retribuita rinviando nel medio-lungo periodo la propria realizzazione personale. Ma è tra i “Neet” (giovani indifferenti a tutto, lavoro e studio compresi) che c’è più preoccupazione: sfiorano il 90 per cento quanti si dicono sfiduciati sulla possibilità di una ripresa socio-economica del Paese. «In particolare i “Neet” – avverte infatti il professor Rosina – sono la categoria più a rischio di perdere ogni speranza di miglioramento in carenza di politiche concrete ed efficaci in grado di aiutare i giovani italiani a mettere basi solide al proprio futuro attraverso una adeguata collocazione nel mondo del lavoro». Poca allegria anche sui possibili futuri salari per quanti riusciranno a trovare lavoro. Il 70% pensa che sarebbe più giusto arrivare a percepire a 35 anni tra i mille e i 2mila euro mensili, ma oltre la metà degli intervistati teme che non riuscirà ad andar oltre i 1.500. Le difficoltà a trovare un lavoro hanno intaccato nei giovani non solo la fiducia nelle istituzioni, ma hanno anche ridotto il senso di appartenenza sociale, portando i giovani a rifugiarsi nella rete parentale più ristretta al punto che solo il 35% circa ritiene che la maggior parte delle persone sia degna di fiducia. Un alto grado di fiducia viene riposto unicamente nei familiari e negli amici: l’80% dei giovani si ritiene infatti soddisfatto dei propri rapporti.
Pubblicato il 27 Dicembre 2014