L’Ipsos ribalta i dati Ipr: Franceschini in vantaggio. E Bersani va da Cl
La guerra dei sondaggi: Franceschini, dagli inizi di agosto, tiene nel cassetto una ricerca commissionata all’Ispos di Nando Pagnoncelli che ribalta i risultati del pronostico dell’Ipr. Altro che 20 punti di vantaggio per Bersani. Il segretario, a due mesi dalle primarie del 25 ottobre, è in testa di 10 punti e sfonda nei territori dello sfidante. La guerra delle parole: Franceschini ha atteso di vedere lo slogan dell’avversario (”un senso a questa storia”) e ha deciso di giocare di contropiede. Nel “titolo” della sua campagna ci sarà un riferimento al “futuro” in contrapposizione alla “storia” di Bersani (e di Vasco Rossi…). Nuovo contro vecchio, in poche parole. La guerra della simbologia: Franceschini sfida Massimo D’Alema, grande sponsor di Bersani, nella tana del lupo, a Gallipoli. In Salento, dopo il debutto alla festa democratica di Genova lunedì, farà una delle sue prime tappe dopo le vacanze mercoledì 26 invitato dall’ex fedelissimo dalemiano Flavio Fasano (l’ex ministro è stato anche suo testimone di nozze), oggi capo della mozione del segretario in Puglia.
Il congresso del Partito democratico sta per entrare nel vivo e le promesse di fair play rischiano di andare a farsi benedire. Per esempio, la lettura del sondaggio di Pagnoncelli che si fa nello staff di Franceschini è molto maliziosa. Di più: tendenziosa. Il segretario avrebbe dieci punti complessivi di vantaggio su Bersani nelle primarie del 25 ottobre. E il suo successo verrebbe costruito proprio nelle regioni che per storia e competenze (le piccole e medie imprese, l’artigianato) dovrebbero invece favorire lo sfidante. In Piemonte, Liguria, Veneto, Lombardia e Friuli Venezia Giulia Franceschini è largamente in testa. Lo sarebbe, e qui il dato va sicuramente verificato, persino in Emilia Romagna, l’orticello di casa bersaniano, roccaforte del dalemismo, con il governatore Vasco Errani schierato ventre a terra dalla parte dell’uomo delle liberalizzazioni. Franceschini ha un largo vantaggio nelle grandi città, cioè dove si forma il voto di opinione. È in difficoltà invece nel Sud, al massimo regge un testa a testa ma in molti casi si ferma sotto la quota di Bersani. Come dire: nelle aree dominate dai signori delle tessere, Bersani corre in discesa.
Ma Franceschini non si ferma qui. Ha già commissionato un nuovo sondaggio per il 15 settembre, quando sarà finita la sarabanda delle feste di partito, dei convegni post vacanzieri e dei dibattiti in riva al mare. E un nuovo pronostico Pagnoncelli dovrà sfornarlo tra il 5 e il 10 ottobre, alla vigilia del congresso quando la sfida interna, quella del voto degli iscritti, sarà già decisa. Mancheranno però ancora due settimane prima del bagno popolare delle primarie, il verdetto definitivo. Il sondaggio dice anche che potenzialmente Franceschini è più forte nell’elettorato di centrosinistra, Pd a parte. Mentre Bersani gode di un maggiore apprezzamento tra i cittadini del centrodestra. Questa sottolineatura a occhio e croce è un’altra stoccata. Ma lo stesso studio conferma il pronostico sugli iscritti: quella partita molto probabilmente la vincerà lo sfidante.
Ai sostenitori di Franceschini non è piaciuto il mancato invito al Meeting di Cl, dove invece sarà protagonista Pierluigi Bersani. Franceschini comunque rilancia sul fronte cattolico annunciando la sua partecipazione all’assemblea delle Acli. Ma è Di Pietro a scaldare gli animi tra i duellanti. Bersani liquida l’Italia dei Valori come fenomeno passeggero. “Se costruiamo un’alternativa credibile al governo, tanti torneranno con noi e non soffriremo più il fenomeno Di Pietro”. Capitolo chiuso, perciò, l’alleanza del 2008. Franceschini risponde telegraficamente su Twitter: “Il nostro avversario è Berlusconi, non Di Pietro”.
da La Repubblica
per saperne di più, dall’Unità di oggi
“Scontro Bersani-Franceschini: il congresso inizia da Di Pietro“, di Maria Zegarelli
L’ex ministro: «Noi e l’Idv abbiamo due modi diversi di fare opposizione». Il segretario: «L’avversario del Pd si chiama Berlusconi, non Di Pietro». Sale la polemica in vista di ottobre. E Cl non invita Dario a Rimini.
Sarà anche vero, come dicono entrambi, che si inviano messaggini ogni giorno, si parlano al telefono, e la competizione è competizione «ma siamo tutti nello stesso partito». Ma più si avvicina l’autunno congressuale e più il clima si fa caldo. Da giorni ormai da Pdl e Lega si sprecano gli apprezzamenti per Bersani – l’ultimo in ordine di tempo quello del sindaco di Roma Gianni Alemanno – dando il là ai sostenitori della mozione Franceschini per dire che se l’ex ministro prodiano piace a destra, allora c’è qualcosa che non va. «Con il sostegno di Bossi, Alemanno e Comunione e Liberazione, Bersani può vincere il congresso Pdl», ironizza Mario Adinolfi. «Si pensi ai problemi reali», ribatte Stefano Di Traglia, coordinatore della mozione dell’ex ministro.
Di Pietro e il Pd
Ieri al centro della dialettica pre-congressuale sono entrate alla grande le alleanze. «Fra noi e Di Pietro esiste un modo diverso – ha detto Bersani in un’intervista al settimanale Tempi -: o unisci sul tema della democrazia o ti limiti ad enunciarne le storture. Solo che questa seconda via, imboccata dal leader dell’Idv, non ti porta da nessuna parte. Io credo che se il mio partito costruisce un’alternativa credibile al governo, tanti torneranno con noi e non soffriremo più il fenomeno Di Pietro». Immediata la riposta di Luigi De Magistris, l’europarlamentare Idv. «L’analisi di Bersani non può essere condivisa. L’Idv negli ultimi due anni è stata l’unica seria opposizione al governo di Berlusconi e gli italiani lo hanno capito bene». Franceschini affida la sua risposta a Twitter – il nuovo social network -. Poche parole. «Promemoria: uniamo gli sforzi dell’opposizione per contrastare gli avversari. E l’avversario del Pd si chiama Berlusconi. Non Di Pietro». Secondo il segretario in carica l’Idv continua ad essere l’interlocutore naturale anche per il futuro, pur con tutti i distinguo e le prese di distanza di un certo modo di fare opposizione di Antonio Di Pietro, a cominciare dalle bordate al Quirinale. Il Pd deve continuare ad essere un partito a vocazione maggioritaria – «che non vuol dire andare da soli», ma essere il perno di un’alleanza e non «un partito di centrosinistra a trazione centrista» (come invece prospetta Follini), con l’Udc di Pierferdinando Casini al comando. Non è un caso che uno degli uomini più vicini al segretario, Roberto Di Giovan Paolo, ieri abbia osservato che «al meeting di Cl a Rimini nessun esponente della mozione Franceschini è stato invitato. Nessun rappresentante autorevole del Pd, ex ministri compresi, che si riconosce nella volontà di confermare Franceschini segretario è stato chiamato a partecipare. Io dico meglio così, perché è chiaro a tutti che Cl vuole il solito vecchio partito di sinistra, che deve risultare sempre separato con un bel trattino dai cattolici, ed è convinta che in fondo lo voglia anche Bersani». Ma se Cl ha snobbato la mozione Franceschini e i suoi sostenitori, non così le Acli che hanno invitato il segretario al loro Incontro nazionale di studi il 4 settembre a Perugia.
Le polemiche
È Di Traglia a replicare: «Spero per il Pd che gli esponenti della mozione Franceschini non passino il resto dell’estate e l’inizio dell’autunno solo a commentare le adesioni (vere o strumentali) che raccoglie Bersani. Anche perché – conclude – mi sembrano non portare nulla di costruttivo al dibattito che ci aspetta e che gli elettori e gli italiani stessi si aspettano dal nostro congresso: come il Pd riuscirà a dare risposte concrete ai problemi che ci sono». Bersani nell’intervista al settimanale ribadisce: «Faremo un grande partito popolare», capace di recuperare le radici del cattolicesimo democratico e del socialismo. «Noi – dice – pensiamo che oggi l’Italia abbia bisogno di riforme elettorali, istituzionali e di regolamenti e di una riforma anticrisi. Con chi condivide queste preoccupazioni noi ci siederemo a un tavolo e discuteremo con pazienza, perché so bene che non è un’operazione che si fa un giorno. Noi abbiamo in mente uno scenario plurale che si declina nel bipolarismo e non nel bipartitismo». Un partito cattolico, popolare e socialista che guarda a nuove alleanze.
E fa discutere anche l’apertura di Piero Fassino – coordinatore mozione Franceschini – ad alleanze locali con il Pdl per arginare l’avanzata della Lega. «No ad alleanze mobili», commenta Franco Monaco, esponente ulivista del Pd e Oriano Giovannelli, deputato: «Un’alleanza con il Pdl in chiave anti-lega finirebbe per esaltare ancora di più il carattere regionalista del partito di Bossi».
per leggere l’intervista “Franceschini: Stop al fuoco amico, il nemico è il premier” di Angelo Picariello sull’Avvenire clicca qui
per leggere l’intervista “Bersani: questa storia un senso ce l’ha”, di Emanuele Boffi su Tempi clicca qui