In fondo se ne può ancora ridere, perché siamo in agosto, le temperature sono quelle che sono, e non è vero che il caldo induca solo alla pigrizia: a volte mette la smania. Però, alla ripresa di settembre, Silvio Berlusconi e il Pdl non farebbero male se cercassero di capire a che gioco gioca la Lega: che sta impigliando il Paese in nervosismi inutili e cupe paure, sentimenti ai quali poi attinge a piene mani per i suoi successi elettorali. E la riflessione potrebbe risultare anche, come dire, egoisticamente utile: considerato che non è solo in questione il fatto che un Paese che boccheggia non sente per nulla bisogno di risse sul niente, ma anche la circostanza che l’avanzata elettorale «nordista» ormai inizia a erodere perfino i possedimenti del Pdl.
Ieri, per dire, è stata la giornata in cui ha rischiato di scoppiare la guerra del Castelmagno. Precisamente. Infatti, l’ultima istantanea delle condizioni delle nostre famiglie (il Rapporto di Confcommercio) fotografava un Paese che pare vivere di telefonini ed ha trasformato il vecchio hobby del bricolage in un modo per risparmiare le spese di idraulici e falegnami.
Ecco, mentre le statistiche confermavano che siamo messi così, la senatrice Poli Bortone – presidente di «Io Sud» – invitava i meridionali «a non comprare più i prodotti della Padania» (e se è per questo, il Presidente di «Neapolis 2000» ha proposto che il nuovo inno nazionale sia ‘O sole mio). La ragione? «Così Bossi – ha spiegato la senatrice – la smette con la cancellazione dell’inno di Mameli e la divisione dell’Italia».
Occhio per occhio. Più o meno. E pioggia di interventi e commenti a favore di Bossi (che pure ha giurato che la polemica sull’inno l’hanno inventata i giornali) piuttosto che della presidentessa di «Io Sud». Se ne può ridere ancora, perché è agosto. Ma è da settimane che le sortite leghiste sembrano fatte apposta per dividere il Paese a metà: e non sempre in senso orizzontale. Prima la faccenda dei dialetti nelle scuole e dei test ai professori; poi la trovata delle bandiere regionali da affiancare (solo affiancare?) al tricolore; quindi l’affondo sulle «gabbie salariali» (faccenda più seria); infine «Va’ pensiero» contro l’Inno di Mameli. Insulti e polemiche sul niente. Offensive probabilmente nate per finire nel nulla, ma utili a lanciare segnali agli elettori: ah, noi della Lega lo faremmo, se fossimo più forti…
Già in condizioni di economia «che tira» – e quindi con una maggiore predisposizione al buonumore – zuffe su dialetti e inni risulterebbero insopportabili: figurarsi, dunque, l’effetto che devono avere – nella situazione in cui si è – su cittadini di medio buon senso. Come se non bastasse, a una delle poche cose «solide» e forse fattibili proposta da Bossi (l’assegnazione a giovani disoccupati di terre incolte di proprietà dello Stato) è stata riservata un’attenzione del tutto inadeguata: del resto, vuoi mettere una bella polemica sui test di dialetto ai professori a confronto di una discussione su come trovare occupazione ai giovani? E poi c’è chi ancora si meraviglia e versa lacrime per il continuo crescere dell’astensionismo elettorale…
È per tutto questo che Silvio Berlusconi farebbe bene a occuparsi della Lega, appena agosto sarà finito. In autunno, infatti, il clima potrebbe essere di quelli che certe boutade è meglio lasciarle stare: pena procurare danni seri alla credibilità e all’autorevolezza del governo. I sindacati stanno tornando sul piede di guerra in vista della scadenza della cassa integrazione in aziende medie e grandi, e l’opposizione – tra un congresso e l’altro – proverà a riorganizzarsi. Il rischio, insomma, è di dover ingaggiare battaglie vere. E nessuno, allora, potrà sperare di cavarsela contrapponendo la mozzarella di bufala al Castelmagno…
da La Stampa