«L’Europa ogni giorno perde posizioni in termini di competitività. Non ci sono scorciatoie: se il sistema sta fallendo non è solo per la crisi, è perché non sa cambiare».
Metà delle società che avevano successo negli anni 90, nel giro di dieci anni hanno perso il loro appeal sul mercato perché non hanno saputo attuare un cambiamento e sono rimaste ancorate a modelli superati. Per Carsten Beck, economista del Copenhagen Institute for Future Studies, la sfida del futuro è l’innovazione in campo lavorativo e formativo. «L’Europa – dice Beck – bacino di grandi competenze ad alta specializzazione, dovrà trovare il modo di occuparsi della popolazione alla base della piramide sociale, che rischia di essere esclusa dalle dinamiche evolutive, mettendo a rischio la sopravvivenza stessa». Questa è una delle molteplici visioni di futuro che saranno presentate al Future Forum di Udine che nella sua seconda edizione raddoppia la sede coinvolgendo anche Napoli. A Udine dal 21 ottobre al 15 novembre e a Napoli dal 22 al 28 ottobre, il Forum internazionale incentrato sulla cultura dell’innovazione e sugli scenari futuri, presenterà le ricerche, le scoperte, le esperienze, i cambiamenti che si prevede modificheranno la nostra vita nel prossimo ventennio attraverso la voce di studiosi internazionali. «L’eccezionalità della crisi e del cambio epocale – dice Giovanni da Pozzo, presidente della Camera di Commercio di Udine, promotrice del forum – richiede coraggio di innovazione delle singole imprese, confronto internazionale tra modelli produttivi, capacità di guardare oltre il presente, per prevedere e quindi prepararsi alle nuove sfide che la globalizzazione e i mercati continuamente pongono». Sette i temi proposti dagli “scenari di futuro” più ampi al lavoro, dalle città al cibo, alla salute alla scienza, dal turismo e industrie creative alla trasmissione dei saperi, passando per il mare come nuova terra di frontiera dove i porti del futuro saranno la ragione di collaborazione tra nord e sud. «Abbiamo messo a punto un network internazionale di enti e istituti che studiano l’evolversi dei sistemi locali e global affrontando il tema del futuro da diverse angolazioni» spiega il project manager Renato Quaglia, «con l’obiettivo di dare alle imprese, alle pubbliche amministrazioni e ai cittadini degli strumenti per riprogrammarsi e per trovare degli scenari alternativi dove ricollocarsi. Per questo è sempre più diffusa la necessità di sviluppare nelle città un dibattito internazionale sui cambiamenti che stanno modificando i modelli a cui ci siamo abituati negli ultimi decenni, ma di cui oggi capiamo il superamento». Napoli è stata la prima città ad adottare il format del Future Forum, che sarà inserito all’interno del Forum Universale delle Culture, mentre altre città stanno chiedendo di poterlo ospitare per le prossime edizioni.
John Wilburn, direttore delle iniziative strategiche al Center for Houston’s Future e direttore dello «Houston Chronicle», uno dei primi a proporre gli scenari futuri come materia di studio, aprirà il Forum (21 ottobre, ore 17) affrontando il tema delle città e del rapporto con le periferie.
«Da città-Stato – dice – siamo arrivati a città-mondo, che replicano in dimensione urbana o metropolitana i problemi e le contraddizioni geopolitiche ed economiche del pianeta, con diseguaglianze, differenze linguistiche, culturali, religiose, leadership discusse e conflitti. Uno dei problemi è il loro rapporto con le periferie: la storia ci dimostra che l’innovazione accade proprio lì, vero laboratorio del mondo, e che le grandi città sono il luogo dove emerge il conflitto, non l’elaborazione, dove si concentra il consumo e la celebrazione di quello che nasce fuori da esse».
Metà delle società che avevano successo negli anni 90, nel giro di dieci anni hanno perso il loro appeal sul mercato perché non hanno saputo attuare un cambiamento e sono rimaste ancorate a modelli superati. Per Carsten Beck, economista del Copenhagen Institute for Future Studies, la sfida del futuro è l’innovazione in campo lavorativo e formativo. «L’Europa – dice Beck – bacino di grandi competenze ad alta specializzazione, dovrà trovare il modo di occuparsi della popolazione alla base della piramide sociale, che rischia di essere esclusa dalle dinamiche evolutive, mettendo a rischio la sopravvivenza stessa». Questa è una delle molteplici visioni di futuro che saranno presentate al Future Forum di Udine che nella sua seconda edizione raddoppia la sede coinvolgendo anche Napoli. A Udine dal 21 ottobre al 15 novembre e a Napoli dal 22 al 28 ottobre, il Forum internazionale incentrato sulla cultura dell’innovazione e sugli scenari futuri, presenterà le ricerche, le scoperte, le esperienze, i cambiamenti che si prevede modificheranno la nostra vita nel prossimo ventennio attraverso la voce di studiosi internazionali. «L’eccezionalità della crisi e del cambio epocale – dice Giovanni da Pozzo, presidente della Camera di Commercio di Udine, promotrice del forum – richiede coraggio di innovazione delle singole imprese, confronto internazionale tra modelli produttivi, capacità di guardare oltre il presente, per prevedere e quindi prepararsi alle nuove sfide che la globalizzazione e i mercati continuamente pongono». Sette i temi proposti dagli “scenari di futuro” più ampi al lavoro, dalle città al cibo, alla salute alla scienza, dal turismo e industrie creative alla trasmissione dei saperi, passando per il mare come nuova terra di frontiera dove i porti del futuro saranno la ragione di collaborazione tra nord e sud. «Abbiamo messo a punto un network internazionale di enti e istituti che studiano l’evolversi dei sistemi locali e global affrontando il tema del futuro da diverse angolazioni» spiega il project manager Renato Quaglia, «con l’obiettivo di dare alle imprese, alle pubbliche amministrazioni e ai cittadini degli strumenti per riprogrammarsi e per trovare degli scenari alternativi dove ricollocarsi. Per questo è sempre più diffusa la necessità di sviluppare nelle città un dibattito internazionale sui cambiamenti che stanno modificando i modelli a cui ci siamo abituati negli ultimi decenni, ma di cui oggi capiamo il superamento». Napoli è stata la prima città ad adottare il format del Future Forum, che sarà inserito all’interno del Forum Universale delle Culture, mentre altre città stanno chiedendo di poterlo ospitare per le prossime edizioni.
John Wilburn, direttore delle iniziative strategiche al Center for Houston’s Future e direttore dello «Houston Chronicle», uno dei primi a proporre gli scenari futuri come materia di studio, aprirà il Forum (21 ottobre, ore 17) affrontando il tema delle città e del rapporto con le periferie.
«Da città-Stato – dice – siamo arrivati a città-mondo, che replicano in dimensione urbana o metropolitana i problemi e le contraddizioni geopolitiche ed economiche del pianeta, con diseguaglianze, differenze linguistiche, culturali, religiose, leadership discusse e conflitti. Uno dei problemi è il loro rapporto con le periferie: la storia ci dimostra che l’innovazione accade proprio lì, vero laboratorio del mondo, e che le grandi città sono il luogo dove emerge il conflitto, non l’elaborazione, dove si concentra il consumo e la celebrazione di quello che nasce fuori da esse».