Nelle immagini diffuse ovunque dal ministero della Propaganda di Joseph Goebbels, lei fotografata a sei mesi era la bimba ariana modello. Sonne ins Haus , il rotocalco nazista per famiglie del Terzo Reich, dedicò al suo volto paffuto e dolce la sua cover story più famosa. L’immagine fu distribuita al fronte a ogni soldato come simbolo della purezza da imporre al mondo col sangue. E invece no: la piccola era ebrea, ma il regime non se n’era accorto. Questa è la storia di Hessy Levinson, oggi Hessy Taft, ieri bimba della buona borghesia ebrea e mitteleuropea, costretta a fuggire da Berlino, oggi vivace ottantenne docente di medicina a New York.
«Oggi ci rido sopra, ma se i nazisti avessero scoperto allora chi veramente ero io, bimba perfetta di sei mesi ma ebrea e non già ariana, oggi non sarei viva, non sarei qui a raccontarvi la mia storia », dice Hessy alla Bild Zeitung che l’ha trovata negli Stati Uniti. A volte, non solo la crudeltà delle dittature più spietate, anche la loro stupidità miope può dare l’idea dell’infinito. Che la bambina appartenesse a quella che loro consideravano “razza inferiore” non se ne accorse nessuno: né il coltissimo e sospettoso Goebbels né la Gestapo, né le Ss, né il famigerato Ufficio Centrale per la Sicurezza del Reich, autorità assoluta della repressione e dell’Olocausto.
Hessy non era ancora nata quando nel 1928 i signori Levinson, suoi genitori, cantanti lirici di fama dell’Opera di Riga – nella Lettonia che più tardi Stalin si sarebbe annesso con gli altri Stati baltici con l’assenso del Führer – si trasferirono a Berlino. Niente di più naturale e desiderato allora, per gli intellettuali ebrei del Mitteleuropa. I Levinson ebbero un contratto alla Deutsche Oper, accettarono subito ignari del Male assoluto alle porte. Hessy nacque lì, a due passi dalla Porta di Brandeburgo, e aveva sei mesi quando mamma Polin la portò da Hans Ballin, il fotografo più famoso nella capitale. Mamma e papà volevano solo imprimere la Memoria in un’immagine, non immaginavano quanto accadde dopo. Con la persecuzione antisemita già trionfante, i coniugi Levinson persero ovviamente il lavoro. Mentre gli ebrei venivano percossi ogni giorno dai benpensanti ariani sul Kurfürstendamm, il boulevard elegante di Berlino, e il grande espressionista Max Liebermann si toglieva la vita per scampare al peggio, papà Levinson si ritrovò a guadagnarsi da vivere a pulire stalle di suini.
Pochi mesi dopo la foto da Herr Ballin, arriva la sorpresa che sgomenta i Levinson. Il volto di Hessy campeggia sulla copertina di Sonne ins Haus, il magazine nazista che incitava a formare numerose famiglie ariane. La foto fu scelta e lodata da Goebbels in persona: chi meglio di quella bimba mostra che siamo superiori, pensò il genio del regime che poi nel maggio ’45 insieme alla moglie Magda uccise i figli per poi uccidersi con lei, nel Bunker della cancelleria sotto Berlino presa dai russi: «In un mondo senza Hitler i bimbi non hanno ragione di vivere». I Levinson tremarono: e se ci scoprono, se scoprono che lei è figlia nostra, noi che siamo stati licenziati dall’Opera perché ebrei? Per mesi non portarono più la bimba in strada, troppa paura che i mille e mille delatori la riconoscessero.
Poi riuscirono a fuggire: a Parigi, poi dopo la veloce resa francese a Cuba, poi nel 1949 a New York, dove Hessy crebbe, si sposò, fece carriera. Pochi giorni fa Hessy ha narrato tutto ai curatori dello Yad Vashem, il memoriale dell’Olocausto a Gerusalemme, e donato loro una copia del rotocalco nazista con lei, eroina- baby sbagliata ma non scoperta. «Sapevo benissimo che erano ebrei, ma volevo gettare i nazisti nel ridicolo facendo di quella baby perfetta una loro eroina», disse poi Herr Ballin, il fotografo di grido. Ci riuscì: i Levinson si salvarono fuggendo, Hessy è ancora viva.
Ma solo ieri il flop nazista è stato scoperto, decenni dopo che le “fortezze volanti” americane, i Lancaster britannici, gli Ilyushin 2 e i tank di Zhukov e Rokossovskij avevano ridotto in cenere il “Reich millenario”. Hessy vive felice, ma tra sentimenti contrapposti: per fortuna i nazisti furono troppo sicuri di sé e troppo stupidi per scoprire la verità, quel loro nemico di fondo.
da La Repubblica