Foto tratta da “The New York Times”
Cominciate con il guardare questa foto con cui il New York Times celebra la Prima Guerra Mondiale. Papaveri rossi in un campo di grano. Sembra l’illustrazione della “Guerra di Piero” di Fabrizio de Andre’. Sono i campi dove ci fu la grande battaglia della Marna: in questi campi bellissimi e struggenti furono uccisi 300.000 uomini. Campi e morti celebrati, ci ricorda il New York Times, anche dal poeta canadese John McCrae, ufficiale medico durante la Grande Guerra in un rapido verso che divenne simbolico, lui parlava di papaveri al vento e croci per soldati.
In questi giorni, un secolo dopo l’assassinio dell’Arciduca Ferdinando a Sarajevo il 28 di giugno del 1914, quando si gettarono i semi della Prima Guerra Mondiale, i media americani rievocano battaglie epiche e intrighi politici, pubblicano articoli di Margaret McMillan grande storica, autore del libro guida :”La guerra che pose fine alla pace”. Oggi ne parlero’ anche nel mio programma America 24 su Radio 24.
Molti si chiedono se ci sono dei paralleli fra allora e oggi. Se le provocazioni in Ucraina, in Irak, in Siria o in remoto arcipelago conteso fra Cina e Giappone non vi siano i focolai per una fine della nostra “pace” che dura dalla fine della Seconda Guerra Mondiale.
Businessweek Bloomberg ad esempio scrive “Siamo più vicini oggi al mondo del 1914 di quanto lo siamo stati durante la Guerra Fredda, che durò dal 1950 al ’80, o durante il decennio in cui gli Stati Uniti sono emersi come superpotenza”.
Le notizie di questi giorni preoccupano: ieri, con l’avvio del Ramadan, L’Isis, formato da sunniti islamici, ha proclamato conquistando territori fra Siria e Irak, il primo Califfato Islamico dalla caduta dell’Impero Ottomano.
Vladimir Putin ha annunciato l’invio di aerei in Iraq per proteggerlo, giocando d’anticipo sugli Stati Uniti. Per l’Ucraina non vi e’ ancora accordo fra Russia, Stati Uniti, Kiev e l’Europa. Obama minaccia nuove sanzioni contro Mosca. Si parla di declino americano, di vuoto di potere, di disordine e di mancato rispetto del diritto internazionale cosi’ come e’ concepito dalla Carta dell’ONU. La Russia è in declino economico e demografico ma il presidente Vladimir Putin va avanti per la sua strada.
E BW Bloomberg scrive : “Nel 1914 il lungo declino dell’Impero Ottomano aveva creato una corsa all’acquisizione del territorio e dell’influenza politica nei Balcani che ha coinvolto anche Italia, Serbia, Austria-Ungheria, Grecia, e altri. L’Europa ha legato il destino dell’intero continente a un conflitto nel suo angolo più instabile”.
Il mondo è multipolare. La deterrenza delle armi nucleari sembra aver perso il suo potere dissuasivo. La potenza cinese sta crescendo, alimentata alla stesso tempo dalla sua forza di produzione e dal risentimento per una storia di colonialismo straniero. Gli alleati degli Stati Uniti si stanno emancipando: il Giappone vuole riarmarsi e il confronto con la Cina sulle isole Senkaku porta sfide impensabili solo una generazione fa. L’ordine costituito 93 anni fa dagli inglesi in Medio Oriente, dopo la Prima Guerra Mondiale con mappature squadrate che tenevano insieme, ad esempio in Irak, Curdi Sunniti e Shiiti si sta sgretolando. In Siria – de facto divisa in staterelli reciprocamente ostili – ma in tutto il Medio Oriente o Nord Africa, le forze centrifughe scatenate dalle rivolte arabe del 2011 continuano ad erodere le strutture politiche e le frontiere create dopo il crollo dell’Impero Ottomano.
David Fromkinf, professore di relazioni internazionali, storia e diritto all’Università di Boston autore del saggio sulla Prima Guerra Mondiale e di un altro saggio proprio sul Medio Oriente: “Peace to End All Peace: The Fall of the Ottoman Empire and the Creation of the Modern Middle East” ha detto: “Il medio-oriente dei nostri giorni può essere diviso in tre gruppi di stati: gli imperi eterni come Egitto e Persia che sono sempre stati lì e sempre lo saranno e di cui nessuno mette in questione la legittimità come stati; poi ci sono gli stati creati da personaggi locali molto carismatici come ad esempio la Turchia (creata da Kemal Ataturk) e l’Arabia Saudita (da Ibn Saud) e anche in questo caso nessuno mette in discussione la loro esistenza; poi c’è un terzo gruppo di stati creati dall’impero britannico come Israele, la Giordania e l’Iraq (questo risale ad un epoca di splendore per l’impero inglese, che alla fine del XIX secolo poteva contare su un milione di soldati in medio oriente). E qui si può fare un parallelo con il monopolio di potere degli Stati Uniti dopo il collasso dell’Unione Sovietica. Qui è quando cominciano i guai”.
E Margaret McMillan, che insegna storia a Oxford e ha scritto il saggio “The War that ended the Peace: the road to 1914” ha aggiunto: “Lo stato iracheno è stato creato dagli inglesi e dai francesi, senza un vero approfondimento della situazione. Francia e Inghilterra si erano accordati segretamente prima della guerra per dividersi i territori arabi. Il medio oriente aveva un’importanza strategica per entrambe le potenze che se lo sono diviso con l’Inghilterra che si è presa l’Iraq mentre la Francia si è presa la Siria e il Libano”.
Secondo la McMillan, tra i motivi della fragilità del vecchio ordine c’è lo sgretolamento del vecchio sistema imperiale con i suoi reggenti tra cui Kaiser Guglielmo II di Germania, lo Zar Nicola II di Russia, e il re Edoardo V d’Inghilterra.
La storia è essenziale per aiutarci a capire a vedere piu’ chiaramente e a decidere con lucidità. Cosa che non fece l’Europa di un secolo fa. Lo faremo oggi? L’aspetto rassicurante e’ che i grandi si parlano direttamente in modo molto più pratico e facile. La questione non e’ scatenare una guerra totale, ma capire fino a dove ci si puo’ spingere senza scatenarla. Ma il confine è sottile. Un altro storico Christopher Clark, autore di “The Sleepwalkers, una storia della diplomazia fallita che precedette la prima guerra mondiale” scrive: “i protagonisti del 1914 erano sonnambuli, vigili ma ciechi, ossessionati da sogni, ma ciechi alla realtà dell’orrore che stavano per portare nel mondo.”
Oggi i fanatismi umani restano, ma le linee telefoniche e le comunicazioni sono più agevoli di quelle del 1914. La Carta dell’Onu è ancora in piedi e il palazzo di Vetro è aperto. Soprattutto gli intrecci economici sono talmente forti da non poter suggerire una propensione all’autodistruzione. Ma è sempre meglio rifletterci, perché non si sa mai.
da Il Sole 24 Ore