Siamo vicini a profondi cambiamenti, ed è il momento di incidere sulla nuova fase partendo da chi siamo e da quello che sappiamo fare. Ma l’Italia non può immaginare di isolarsi. Dobbiamo avere il coraggio di lanciare davvero un dibattito sugli Stati Uniti d’Europa
Legalità, etica, innovazione, ricerca, sostenibilità, paesaggio, bellezza, comunità, coesione: sono parole d’ordine che ispirano una visione di futuro legata al rilancio del “Sistema paese”, ai nostri talenti, alla qualità che è e deve essere il nostro principale biglietto da visita.
Abbiamo faticato troppo, come paese, a riconoscere che la competizione si gioca oggi, nei mercati globali, sulla reputazione, sulla credibilità, sulla qualità come fattore reale, complesso, vincente.
Lo raccontano le esperienze di tutte quelle imprese e produzioni che hanno continuato a crescere anche durante la crisi, grazie alla capacità di stare nei cambiamenti e nei mercati internazionali puntando proprio sui valori e sulla qualità dei prodotti made in Italy e sulla forza con cui raccontano il nostro paese, la nostra bellezza, quello stile di vita che noi non riusciamo a valorizzare e gli altri, nel mondo, ammirano.
Siamo vicini a profondi cambiamenti, ed è il momento di incidere sulla nuova fase partendo da chi siamo e da quello che sappiamo fare: dall’essere e dal produrre made in Italy, dal tornare a fare l’Italia – come bene indicato dal tema del seminario di Symbola in corso a Treia – e a guardare con coraggio e ottimismo le sfide del mondo globale.
Deve essere chiaro che per fare l’Italia non si può immaginare di isolarsi. Con le elezioni del 25 maggio ci siamo scoperti uno dei paesi più europeisti dell’Unione e questo deve essere il punto di partenza: più Europa, ma un’Europa nuova.
Ho trovato molto ben centrati, in questo senso, gli elementi strategici con cui il governo si è presentato al vertice dei capi di stato e di governo che si è appena svolto a Bruxelles: un profondo cambiamento nell’agenda politica ed economica europea, una strategia forte per rilanciare crescita e lavoro, riforme strutturali nei paesi membri e un presidente della Commissione capace di esigere il rispetto delle regole europee ma essere anche in grado di pensare fuori dagli schemi, e di essere coerente con la nuova agenda conveniente per tutta l’Europa.
È una traccia ambiziosa e positiva di lavoro. Ma dobbiamo osare ancora di più. Dobbiamo avere il coraggio di lanciare davvero un dibattito sugli Stati Uniti d’Europa. Su una maggiore cessione di sovranità e una maggiore unità politica e sociale dell’Unione.
Stati Uniti d’Europa per stare nel mondo globale forti un modello di sviluppo sostenibile comune e con la possibilità di esercitare un’influenza geopolitica su regole e processi democratici ed economici.
Stati Uniti d’Europa per sentirci cittadine e cittadini di una comunità di stati che persegue uguaglianza, condivide valori e diritti, doveri e responsabilità , fa politiche più egualitarie del benessere.
Stati Uniti d’Europa per definire standard comunitari di welfare, protezione sociale e politiche attive del lavoro che rendano vivi quei valori universali – diritti umani e libertà fondamentali – scelti a Lisbona come la nostra profonda identità.
Stati uniti d’Europa per rilanciare la competitività dell’industria e la qualità della manifattura europea, con investimenti per il lavoro e infrastrutturali, politiche di coesione e scelte energetiche.
Stati Uniti d’Europa per rafforzare anche l’Unione monetaria, superando la competizione interna e producendo una maggiore stabilità di tutta l’Eurozona, con strumenti anticrisi e di solidarietà interna.
Stati Uniti d’Europa come spazio dentro il quale far crescere quel modello di qualità produttiva e quel racconto del paese che è rappresentato dal made in Italy.
È una sfida complessa, ambiziosa e affascinante, con un forte carico simbolico e uno straordinario potenziale in termini di risultati concreti per il futuro di tutte e tutti.
da www.europaquotidiano.it