È sicuramente un ircocervo. Mostruoso. Un insieme di norme incoerente, con due decreti omnibus che più omnibus non si può. Una roba che lascia stecchiti i puristi del drafting legislativo. Ma il «pacchetto» approvato ieri dal Consiglio dei ministri contiene, pur tra contraddizioni, errori ed omissioni, una raffica di misure che si aspettavano da tempo. Rientrato appena ieri mattina dalla Cina, Renzi si è ricordato di Deng Xiaoping: «Non importa che il gatto sia bianco o nero, importa che acchiappi i topi». E all’interno di questi testi zibaldone qualche buona trappola per topi c’è.
Ma prima di entrare nel merito dei provvedimenti, va riconosciuta al premier la determinazione con cui porta avanti la sua sfida. Questa infilata di norme, e di nomine (buona la scelta di Rossella Orlandi all’Agenzia delle Entrate), è infatti frutto dello stesso atteggiamento che spinge il premier a ribadire in conferenza stampa che «il tempo delle mediazioni è finito». La questione “Mineo” e dei dissidenti del Senato può sembrare lontana dai decreti semplificazione e crescita, ma la logica è la stessa: magari la Camera alta immaginata da Renzi non è la migliore possibile, ma la necessità del Paese di cambiare non può più essere fermata dai veti e dai formalismi di chi, dietro presunte affermazioni di principio, difende solo una propria rendita politica o, peggio, il proprio narcisismo.
Ma veniamo al merito. Per noi del Sole 24 Ore è fin troppo facile partire dalla norma che possiamo definire «Rating 24». Troppe riforme sono state fatte negli anni senza che mai nulla cambiasse a causa dei ritardi con cui venivano adottati, o non venivano adottati per nulla, i decreti attuativi. Ora si prova a cambiare.
La mancata attuazione è la barriera su cui si è infranto il riformismo di Monti prima, e di Letta poi. Secondo l’ultima rilevazione di Rating 24 sono ancora quasi 500 i provvedimenti attuativi rimasti in mezzo al guado. Renzi corre ai ripari e prevede tempi e vincoli stringenti per l’attuazione delle leggi. In particolare laddove la necessità del concerto tra i ministeri finisce oggi per allungare su tempi biblici l’entrata in vigore dei provvedimenti.
Sulla pubblica amministrazione le norme più strutturali sono nel disegno di legge delega, a cominciare dal ruolo unico per la dirigenza pubblica, e ci vorrà tempo perciò per giudicare. Ma nel decreto si parte bene: dalla mobilità obbligatoria entro i 50 chilometri per i dipendenti al dimezzamento dei permessi sindacali, dall’abolizione del trattenimento in servizio alla stretta sul divieto di cumulo delle retribuzioni. C’è anche l’atteso rafforzamento dell’incompatibilità per i magistrati amministrativi nel rivestire le cariche di capi di gabinetto e uffici di collaborazione. E si avvia l’accorpamento delle cinque scuole della pubblica amministrazione, da anni luogo di sperpero di risorse pubbliche e fonte di prebende per burocrati.
L’altra protagonista di queste norme è l’impresa. Alcuni interventi sono sicuramente positivi. Dalla semplificazione e razionalizzazione del sistema degli appalti, a cominciare dalla questione della responsabilità solidale dell’appaltatore. Bene anche l’introduzione dei moduli unici per l’inizio attività (Scia). Così come erano attese nel mondo imprenditoriale le norme sulle emissioni azionarie a voto plurimo, la facilitazione nel ricorso ai bond societari, il dimezzamento del capitale sociale per costituire una Spa.
Ma per dare un giudizio più complessivo sull’impatto che questi decreti possono avere sulla capacità delle imprese di investire e creare lavoro bisognerà attendere i dettagli su alcune questioni centrali. A cominciare dalla norma sul credito di imposta per le imprese che investono. Dopo un lungo braccio di ferro che ha contrapposto il ministro Guidi, impegnata ad allargare al massimo la platea, e il ministero dell’Economia preoccupato per le coperture, ieri sera si annunciava una misura di compromesso che andrà valutata attentamente.
Così come è importante il modo in cui sarà scritta la norma sul commissariamento delle aziende coinvolte in inchieste giudiziarie. Renzi in conferenza stampa ha assicurato che la misura riguarderà solo la parte dell’azienda coinvolta nei lavori e non l’intera società. Ma nel testo d’entrata la lettera della norma diceva l’opposto, con il rischio di un effetto Ilva moltiplicato a dismisura. Anche lo sconto sulla bolletta energetica, infine, potenzialmente positivo, potrebbe rivelarsi un boomerang.
Qualcosa di più si capirà questa mattina, dopo che i ministri interessati avranno messo a punto i testi degli interventi. Purtroppo questa è diventata una (pessima) abitudine degli ultimi anni: il Consiglio non approva testi definitivi, ma schemi che poi hanno bisogno di una messa a punto successiva. Tanto più che, in tanta confusione, anche il Quirinale vorrà valutare con molta attenzione i testi che gli saranno presentati.
Intanto Renzi, ancora una volta, ha lanciato la palla avanti. Andrà in gol? Si vedrà, ma finora ha avuto ragione lui.
Il Sole 24 Ore