Vivere in 2,7 metri quadrati è «inumano e degradante»: per questo, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha deciso che lo Stato italiano dovrà versare a un ex detenuto mille euro di risarcimento per danni morali. Izet Sulejmanovic, 36enne bosniaco, venne condannato nel 2002 a due anni con l’accusa di furto aggravato: trasferito nel carcere romano di Rebibbia, trascorse qualche mese in una cella con altri 5 detenuti.
Sei persone costrette per oltre diciotto ore al giorno in 16,20 metri quadrati, meno dei sette che il Comitato di prevenzione della tortura stabilisce come spazio minimo per una cella. «Mille euro sono una cifra irrisoria», commenta l’avvocato Alessandra Mari, che con Nicolò Paoletti ha curato il ricorso, ma la sentenza (cinque voti favorevoli e due contrari, tra cui il giudice italiano Vladimiro Zagrebelsky) sancisce «un principio fondamentale, che apre la strada a decine di ricorsi». Scoperchiando così di nuovo il vaso di Pandora del sovraffollamento delle carceri italiane.
Un problema che il Parlamento tentò di risolvere, almeno parzialmente, con l’approvazione quasi unanime nel 2007 (votarono contro Lega, Idv e An) del vituperato indulto: nulla da fare, a due anni di distanza le prigioni ancora scoppiano. La capienza massima degli istituti di pena italiani sarebbe di 43.327 persone: al 30 luglio i detenuti erano però 63.587, con un incremento di 171 unità rispetto a metà giugno. Numeri destinati a lievitare ancora da settembre, secondo l’Osapp, l’organizzazione sindacale autonoma di Polizia penitenziaria, perché ci sarà «la ripresa delle udienze penali e dell’attività giudiziaria». Delle persone recluse, circa la metà, 30.436, è ancora in attesa di processo, mentre 31.192 sono condannati e 1.820 internati per motivi psichici. E la situazione è drammatica dall’Alto Adige alla Sicilia: 11 regioni hanno infatti superato la soglia di “capienza tollerabile” (il numero massimo di persone che si possono stipare in un istituto), mentre altre due, Lombardia e Basilicata, sono al limite. La realtà più al collasso è l’Emilia Romagna, dove si supera il doppio della capienza disponibile.
«Bisogna costruire più carceri, sia per garantire situazioni di umanità che per la sicurezza dei cittadini», raccomanda il sindaco di Roma, Gianni Alemanno. Chiede «soluzioni a lungo termine» anche Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione “Antigone” per i diritti in carcere, che mette in guardia: «Poiché in Italia i detenuti in condizioni di sovraffollamento sono la quasi totalità, lo Stato rischia di dover pagare 64 milioni di euro di indennizzi». L’Unione delle Camere Penali definisce lo stato di degrado delle carceri italiane «incompatibile con quello di uno stato di diritto»: tra le soluzioni possibili indica «sanzioni differenziate di carattere non detentivo» e «incentivare l’accesso alle misure alternative alla detenzione», facendo diventare la custodia cautelare prima del processo «extrema ratio».
Di sicuro, assicurano dal governo, non ci sarà un nuovo indulto: «Nel giro di due anni saranno garantiti 5.000 posti in più – giura il sottosegretario alla Giustizia Elisabetta Casellati – mentre a regime l’aumento della capienza sarà di 17mila unità». Siccome poi 23.441 detenuti, poco meno del 37%, sono stranieri, si sta lavorando ad «accordi con diversi Paesi, per far scontare ai detenuti stranieri le pene nei loro Paesi d’origine». Il capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Franco Ionta, ricorda che, a fronte dell’eccesso di detenuti, c’è anche «una oggettiva insufficienza degli agenti». Si stanno creando 550 posti in più, poi si costruiranno nuove strutture con uno stanziamento già previsto di 200 milioni di euro. Ma quei soldi non basteranno: «Saranno necessari ulteriori finanziamenti».
La Stampa, 6 agosto 2009