«Se non sarà la politica a fare le sue scelte, ma lascerà l’iniziativa ai tecnocrati dell’Europa, da questa situazione di crisi non usciremo mai». Basterebbe questa battuta per capire quale sarà l’atteggiamento del premier Matteo Renzi nei confronti dell’esame che, a giorni, il governo italiano dovrà affrontare. Invece di finire dietro la lavagna come lo studente che non ha fatto i compiti a casa, in sostanza per non aver fatto quadrare i conti pubblici secondo le regole del patto di stabilità, il presidente del Consiglio vuole ribaltare i ruoli. E salire sulla cattedra: per cambiare le procedure e adattarle in modo da cavalcare la possibile ripresa economica.
Ieri mattina, dal palco del festival dell’Economia di Trento, applaudito a più riprese da una platea affascinata se non da tutte le sue proposte sicuramente dalla capacità di tenere la scena, Renzi ha riaffermato la sua idea di primato della politica sui tecnici. In Italia si concretizza nel braccio di ferro con la burocrazia che non collabora al cambiamento. In Europa con la battaglia perché i governi contino di più dei funzionari dell’Unione. «Non ho particolari timori dalle valutazioni che la Commissione dovrà fare. Anche perché la questione è un’altra: che cosa immaginano i governi che Bruxelles dovrà fare. Oggi c’è un allineamento di fattori astrali irripetibile: ci sarà un nuovo presidente, una nuova Commissione e ci sono le ricette utilizzate fino ad oggi che si sono rivelate inefficaci». Con questa premessa la conclusione di Renzi è la sintesi dell’agenda italiana per il prossimo semestre di presidenza europea: «Dobbiamo cambiare le regole, non si può impostare tutto sui parametri di rigore e correttezza nel rispetto del trattato di Maastricht perché
hanno provocato una disoccupazione senza precedenti».
Come anticipato il giorno prima, sempre a Trento, dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, l’Italia farà pesare il consenso ottenuto dal governo Renzi, e dal Pd in particolare,
non tanto sul nome del prossimo presidente della Commissione quanto sui programmi. In sostanza, ha fatto intendere Renzi alle domande del direttore del Tg de La7 Enrico Mentana che insisteva per avere un parere sulla candidatura di Jean Claude Juncker, il nome verrà scelto anche per le battaglie che vorrà portare avanti. Quelle del governo si concentreranno su temi come la lotta alla disoccupazione e la ripresa della produzione industriale («la madre di tutte le battaglie» ha sentenziato il presidente del Consiglio), l’immigrazione e l’energia.
«Le regole vanno cambiate perché l’Europa è bravissima a dettare le norme per i pescatori dello Jonio, ma quando bisogna mobilitarsi per salvare donne e bambini che rischiano
di annegare volta la testa dall’altra parte». Il tema del mercato unico dell’energia è servito invece per spiegare perché è importante una azione di concerto tra i governi per una ripresa del primato della politica sui tecnici: «Non c’è una ricetta magica, una riforma che risolva tutto. Occorre, però, uno sguardo di insieme o altrimenti stiamo buttando via del tempo. È mai possibile che Francia e Spagna non abbiano collegamenti per la rete del gas e non si possa così utilizzare il metano dei rigassificatori sulla costa iberica in modo da avere più materia prima e provare ad abbassare i prezzi?» Il Renzi di lotta e di governo non si manifesterà solo nei confronti dell’Europa. Digerito il successo elettorale, Palazzo Chigi vorrebbe accelerare anche in Italia il piano delle riforme, di cui l’ex sindaco di Firenze ha dato un nuovo scadenzario, senza il timore che poi gli vengano rinfacciate le date non rispettate. «La prossima settimana riparte la discussione sulla riforma del Senato e dopo l’approvazione in prima lettura torniamo alla riforma elettorale. A me importa che il Senato non dia la fiducia, non approvi il bilancio e chi ne fa parte non venga pagato per questo. Le famiglie sono anni che tagliano e anche la politica deve dimostrare di saper fare la sua parte». Entro il primo luglio parte la riforma della giustizia, in particolare di quella civile e poi i provvedimenti sulla riforma della pubblica amministrazione («in parte con un decreto delega e in parte con un ddl delega»). Renzi ha ammesso i ritardi sulla semplificazione del fisco ma ha annunciato un nuovo progetto, chiamato decreto «Sblocca Italia », in pratica regole più semplici per far partire opere ostacolate da ritardi, opposizioni locali e ricorsi.
Poi la promessa di tutte le promesse: «Se le riforme non si faranno sarà colpa mia e me ne vado a casa. È ora che i politici si assumano le loro responsabilità e nel caso tirino le logiche conseguenze».
La Repubblica 02.06.14