L’ipotesi del traffico di armi quale movente dell’omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin era emersa subito dopo l’omicidio, il20marzo1994, e veniva confermata dal lavoro dei servizi di intelligence italiani in Somalia. Il primo appunto riservato del Sisde (l’allora servizio segreto civile) risale al 7 maggio del 1994. Vi si riferisce la vox populi secondo le quali il duplice omicidio sarebbe stato «conseguenza, fra le altre ipotesi, della missione che i due italiani avrebbero effettuato qualche giorno prima della loro morte a Bosaso, città nella quale avrebbero avuto modo di visitare la motonave “21 ottobre”, sequestrata dai miliziani del Ssdf». «La giornalista – continuava la nota del Sisde – avrebbe inoltre, sul posto, raccolto informazioni riguardanti la vicenda del sequestro della nave e della cattiva gestione dei fondi investiti dal governo italiano ». Secondo il Sisde, a Bosaso, poco prima di morire, Ilaria e Mirovan avrebbero «in particolare documentato una partita d’armi marchiata Cccp». C’è un secondo appunto del Sisde (31 maggio 1994) che segue la stessa pista: «La nave della cooperativa italo-somala “Somalfish” sequestrata, a suo tempo, a Bosaso, avrebbe in precedenza trasportato armi di contrabbando per la fazione Ssdf di quella città». E c’è di nuovo il riferimento all’ultimo servizio andato in onda di Ilaria: «Quanto sopra sarebbe emerso nel corso dell’ultimo servizio effettuato dalla giornalista italiana Ilaria Alpi, in quella zona prima di venire uccisa ».
Da ieri sono consultabili, per via elettronica, i documenti della commissione d’inchiesta istituita nel 2004, a 10 anni dalla morte dei due giornalisti della Rai, per i quali la presidente della Camera Laura Boldrini ha chiesto e ottenuto la desecretazione degli atti. Quello che impressiona è la discrasia, che emerge subito, del legame fra il lavoro di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin e la loro morte, rispetto all’andamento dell’inchiesta e, soprattutto, alla trascuratezza con cui furono portati avanti i primi atti d’indagine: non ci fu autopsia, la macchina dove Ilaria e Miran furono trucidati, non fu sequestrata, sparirono block notes e video registrati. In un testo datato 8 giugno 1994, il Sisde torna sulla stessa pista: «Secondo informazioni acquisite in via fiduciaria, nel corso di un servizio giornalistico svolto a Bosaso (Somalia) qualche giorno prima della morte, i due cittadini italiani in oggetto (Ilaria Alpi e Miran Hrovatin,ndr) avrebbero raccolto elementi informativi in merito ad un trasporto di armi di contrabbando effettuato dalla motonave “21 ottobre” della cooperativa italo-somala “Somalfish” per conto della fazione somala Ssdf (Somali salvation democratic front)». Segue l’ipotesi: «L’omicido potrebbe essere stato ordinato dai trafficanti d’armi somali».
Un segno diverso sembrano avere le informative di due anni dopo. In un documento del Sismi della fine del 1996 si riferisce che, secondo ambienti dell’Olp, il mandante dell’omicidio sarebbe stato il generale Aidid, signore della guerra somalo. Il nome del generale torna in un memorandum elaborato dal Sisde nel 2002 per il Copaco: le armi dovevano arrivare a lui e, in seguito, sarebbero state dirottate in Yemen per i reduci afghani. Nel memorandum si parla anche di Giancarlo Marocchino, legato per via della moglie somala al presidente Ali Mahdi. Secondo il Sismi Marocchino sarebbe stato implicato nel traffico d’armi, ma si ipotizza che la «complicità da parte del capo della sicurezza di Marocchino agli esecutori del duplice omicidio» sarebbe avvenuta «all’insaputa dello stesso Marocchino » (29 dicembre del 1994).
L’Unità 24.05.14