Più volte mi sono sentito chiedere quanto mi stessi giocando in queste elezioni. Come se il 25 maggio fosse una data riguardante la carriera politica di una persona, di un partito o di un governo. Un vecchio vizio italiano di riportare sempre tutto alle provinciali beghe politiche interne. Domenica invece ci giochiamo qualcosa di molto più grande e decisivo. Ciascuno di noi è chiamato, attraverso il voto, ad indicare quale futuro costruire in Europa e quale ruolo l’Italia saprà interpretare per imprimere un cambiamento profondo, reale e duraturo all’Europa. Sapendo che questo riguarda la propria vita, la vita della propria famiglia e della propria comunità. Perché l’Europa non è qualcosa di astratto, lontano dai nostri problemi quotidiani. Se noi non ci occupiamo dell’Europa, questa comunque si occupa di noi.
Mi sarebbe piaciuto poter discutere seriamente delle grandi sfide che ci attendo- no nei prossimi anni e di come poterle affrontare con un’Italia protagonista. Discutere di quanto l’Europa del solo rigore in questi anni non ha funzionato e di come farla tornare ad essere il sogno dei padri fondatori, la casa comune dove le persone possono stare meglio. Noi abbiamo fatto di tutto per farlo. Altri si sono lasciati andare al solo insulto, evocando parole pesanti che nemmeno per paradosso andrebbero usate. Non un contenuto, non una proposta, solo invettiva. Ma noi del Pd non facciamo così. Noi abbiamo conti- nuato e continueremo fino all’ultimo a spiegare a tutti quelli che incontriamo sulla nostra strada, uno per uno, che il 25 maggio può essere la domenica della rinascita.
L’Italia in questi 80 giorni è già ripartita. Ancora molto dobbiamo fare, ma nessuno finora era riuscito a mantenere le promesse fatte in così pochi giorni. Dobbiamo essere orgogliosi di questo, deve essere orgoglioso il Partito democratico, che ormai è l’unica forza politica che può guidare l’Italia fuori dalla palude. Per questo noi saremo nel Parlamento europeo con persone capaci e preparate, che ci hanno messo la faccia e si sono assunte la responsabilità di portare l’Italia a testa alta alla guida del cambiamento dell’Europa. Qui nel Pd noi facciamo così. Domani ci giochiamo il futuro. E l’Italia vincerà la partita.
L’Unità 24.05.14
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Il passato non ci basta, il futuro è casa nostra
“Non lasceremo questo Paese nelle mani di chi lo vuole distruggere. Il futuro che costruiremo è un futuro di speranza. Vi chiedo una mano perché il PD prenda per mano l’Italia”. Così Matteo Renzi in piazza della Signoria a Firenze ha chiuso la campagna elettorale del PD
Matteo Renzi è arrivato in piazza della Signoria a Firenze per la chiusura della campagna elettorale per le Europee e le Amministrative. Il segretario del PD è stato preceduto sul palco dal candidato sindaco Dario Nardella. Al suo arrivo il premier è stato accolto da un lungo applauso, da un tripudio di bandiere e dai cori “Matteo, Matteo”.
Renzi ha ringraziato i fiorentini presenti in piazza Signoria, ricordando l’anniversario della strage di Capaci: “La lotta alla mafia non è una guerra di parte, noi oggi ricordiamo Falcone, la moglie, la scorta. Nessuno di noi tirerà per la giacchetta le forze dell’ordine, giù le mani dagli uomini che rappresentano le istituzioni, sono di tutti”.
“La piazza di stasera non è solo un tributo o un modo di chiudere la campagna elettorale – ha ribadito – non è solo questo, ma è il tentativo di dire che gli italiani e tutti quelli che sono qui non si accontentano di essere ‘la gente’, ma qualcosa di più: donne e uomini che vivono la quotidianità con grinta e impegno, che l’Italia è molto più abile delle paure di chi continua a fare di noi solo un racconto in bianco e nero. Qui non c’è la star che si va ad assistere”.
“Noi andiamo in Europa – ha sottolineato il premier – a rappresentare la bellezza, l’arte e la cultura, la laboriosità, non i vaffa e l’odio. Noi vogliamo bene a questo Paese che non lasceremo nelle mani di chi lo vuole distruggere. Dobbiamo dire qui che il passato non ci basta, che il futuro è casa nostra. Mentre tutti ci dicono che l’Italia è finita, che ci sono i colpi di Stato, ci siamo noi che ci impegniamo per il futuro del nostro Paese”.
E il segretario ha ricordato: “Ho capito che il Partito Democratico era casa mia quando dopo aver perso le primarie, Pier Luigi Bersani non mi ha cacciato dal PD con un post sul blog. La scritta Partito democratico è qualcosa di più di un’espressione e di uno slogan. E vorrei ringraziare Gianni Cuperlo che è qui con noi stasera”.
Europa “Renzi ha sottolineato che “ricorrono delle coincidenze incredibili: si rinnovano i vertici europei, l’Italia guida il semestre Ue, e ci sono 183 milioni di fondi europei e per lo sviluppo da spendere. In Europa le politiche di austerity e del rigore non bastano più. Serve un partito che dica agli italiani che l’Europa è casa nostra, e che ci faremo sentire più di prima, è così che cambiamo le regole del gioco. Noi andiamo in Europa per renderla più umana”.
80 euro, inizio di una giustizia sociale. “Ma vi sembra normale definire gli 80 euro mensili una mancia, un’elemosina? Sono un libro per un insegnante, la possibilità per una donna di uscire una sera, per un babbo di pagare la bolletta”. E, rivolto a Grillo e a Belrusconi: “Quegli 80 euro sono l’inizio di una giustizia sociale che noi porteremo in questo Paese nonostante voi. Abbasseremo anche le tasse, ma non solo”.
Riconoscenza a Napolitano. “Ha detto bene Nardella: “Questa è la piazza della speranza, mentre in un’altra piazza c’è il jukebox dell’odio, una piazza dove si offende e si deride Giorgio Napolitano. Napolitano non merita una campagna di odio. Diciamolo da Firenze. Come si fa a dire ‘odio Giorgio Napolitano non come politico ma come uomo’. Da qui diamo un segnale di solidarietà e riconoscenza prima all’uomo e poi al politico Napolitano”. Lo ha detto Matteo Renzi rispondendo agli insulti della piazza M5S contro il Capo dello Stato.
Il segretario del Pd ha poi aggiunto: “Andando a casa non pensate di essere stati ad uno spettacolo, ad uno show, a sfogare la vostra rabbia, ma siate capaci di caricare sulle vostre spalle la grande bellezza di questo Paese. C’è da chiedere al PD di non avere paura, c’è da chiedere ai nonni e ai genitori di non avere paura se c’è una generazione più giovane a guidare l’Italia. È un po’ come il babbo che dice al figlio: ‘vai, guida te’. Quando toccherà a noi far posto ai nostri figli gli lasceremo una macchina che funziona”.
“L’Italia deve essere un Paese che guida, non che va a rimorchio. Il futuro che costruiremo è un futuro di speranza. Il futuro che ci aspetta è molto più grande delle nostre paure! “.
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