Tra meno di 48 ore si apriranno le urne per rinnovare il parlamento europeo e per eleggere i sindaci e i consigli comunali di molti comuni. Alcune forze politiche, in oltre un mese di campagna elettorale, hanno molto inveito e urlato per trasformare questa competizione elettorale in un test sul governo Renzi. Un governo alla guida del Paese solo da 80 giorni e che ha già conseguito diversi, tangibili risultati: uno su tutti, la più significativa RESTITUZIONE di tasse a 10 milioni di lavoratori (80 euro netti al mese) e a 3 milioni di imprese (2,3 miliardi). E chi dice che è poco, forse non è tra coloro che ne hanno veramente bisogno, come purtroppo milioni di italiani. Ciò detto, ora bisogna rimboccarsi le maniche per dare sostegno agli incapienti e ai pensionati. Un passo allora alla volta. Ma potrei ricordare anche l’accordo per salvare l’Elettrolux, l’avvio di Garanzia Giovani, gli investimenti in cultura e turismo con Artbonus, il decreto varato ieri, oltre ai provvedimenti per ridurre le spese della politica (con il superamento delle Province come enti elettivi), i compensi sproporzionati a manager, i tagli degli sprechi… Pertanto, se fossimo chiamati ad un giudizio sul governo, dovremmo valutare i fatti degli ultimi 80 giorni. Ma il punto non sono le iniziative prese e le riforme avviate (elettorale e costituzionale) dal governo Renzi: il punto è che siamo chiamati a dire quale Europa vogliamo, anche attraverso l’indicazione, per la prima volta, del Presidente della Commissione. E allora, credete davvero che il socialista Schulz equivalga ai popolari Barroso (presidente uscente) e Jean-Claude Juncker o al liberale Guy Verhofstadt? Se vogliamo che l’Europa ritorni ad essere la terra dei diritti, della solidarietà, della conoscenza e della crescita, dobbiamo cambiare verso, dobbiamo sostituire chi ha imposto solo rigore e politiche neoliberiste (come cura sbagliata alla più grave crisi dopo quella del 1921) con Martin Schulz. Abbiamo già provato la ricetta dei conservatori e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. D’altra parte, non si può fare riferimento al candidato del M5S perché non c’è, come non è dato sapere in quale gruppo andranno a sedersi gli europarlamentari pentastellati: insomma, siamo passati dalla retorica dell’apriscatole al fidarsi a scatola chiusa.
Un’altra Europa è non solo possibile, è un dovere di tutti quelli che, consapevoli della paura e del risentimento che pervade l’Europa, voglio costruire una alternativa di speranza e fiducia. Perché credono in un NOI, perché sanno che sto bene io solo se stiamo bene tutti, perché il miglior antidoto alla tecnocrazia è la buona politica.
Per questi motivi, domenica alle europee voterò Partito Democratico, confluito nei mesi scorsi nella famiglia dei socialisti europei. Nel farlo, esprimerò anche 3 preferenze: Cécile Kyenge, perché in Europa ci sia un punto di vista modenese sui temi dell’immigrazione e della giustizia sociale; Damiano Zoffoli perché ci sia più Emilia-Romagna nelle politiche europee; Alessandra Moretti, tenace e combattiva capolista, interprete delle istanze del Nord-Est che così tanto ha contribuito alla crescita del Paese e ai diritti delle donne.
Voterò Partito Democratico anche per le comunali (saremmo stati chiamati a votare anche per le “provinciali”, se non fosse intervenuto la legge Del Rio: ricordarlo, male non fa) e per il candidato sindaco: Alberto Bellelli. Ho stima di lui e della sua competenza. Ma soprattutto ho fiducia nella sua passione e nell’ideale che lo guida: lavorare al servizio di una comunità solidale e fare scelte perché nessuno resti indietro. La vicenda del menù differenziato nelle scuole di Pomezia, decisa da un’amministrazione pentastellata, dimostra che il sindaco non è il notaio che ratifica le scelte espresse da altri (siano genitori o gruppi di interesse), ma è colui che dopo aver ascoltato i suoi cittadini, assume con responsabilità e consapevolezza le decisioni per il bene della comunità. E in quelle decisioni si sostanzia la politica: assumersi la responsabilità di scegliere, cioè governare per migliorare le condizioni di vita dei cittadini. E Alberto questo saprà farlo bene, come ha dimostrato nella sua esperienza di assessore alla cultura prima e di assessore alle politiche sociali dopo, negli anni della crisi economica e sociale e del sisma. Avanti, con coraggio e fiducia, nonostante tutto. Io scommetto sul Partito Democratico, perché oggi significa scommettere su di noi, sull’Italia e l’Europa.
L’ultimo pensiero, di questa riflessione sul voto del 25 maggio, va alla tenace, combattiva e indomita comunità di Q96 (che, come me, aspetta la discussione sul decreto 58). A voi non rivolgo un appello al voto: siete adulti e consapevoli. La vostra scelta l’avete maturata. Ne approfitto, invece, per una “variazione sul tema”: c’è, tra i colleghi deputati, chi si erge a paladina indiscussa della tormentata vicenda, salvo averla ignorata fino a un anno fa. Bene: recuperare è pregevole. Dal mio punto di vista e per il bene vostro, ho sempre pensato che più parlamentari avremmo mobilitato per Q96 meglio sarebbe stato per la causa comune. Che ingenua! Vedo (ma soprattutto leggo) che invece la questione di Q96 è mera merce propagandistica. Non c’è dubbio: questo atteggiamento – a mio dire un po’ spregiudicato – porterà vantaggio alla suddetta, perché oggi, a far leva sulla frustrazione, si vince. Ma si vince davvero?