Scricchiola la poltrona di Salvatore Settis. Non quella di direttore della Normale di Pisa ma quella di presidente del Consiglio superiore per i beni culturali, organo di consulenza del ministero. Il professore è stato convocato per domani mattina nella sede dello stesso ministero. Ufficialmente si tratta solo di un «chiarimento» e Sandro Bondi «spera che la collaborazione possa continuare». Ma l`attrito sembra difficile da superare.
Tutto comincia venerdì scorso quando sul Sole 24 Ore appare un intervento firmato dal direttore della Normale.
«Beni culturali in liquidazione?» dice il titolo con l`attenuante del punto interrogati- vo. Quattro colonne in cui Settis giudica «encomiabili» le dichiarazioni del ministro sul futuro dei Beni culturali. Ma poi aggiunge che per i prossimi tre anni sono «stati decisi tagli per un miliardo di euro» e questo «configura la messa in mora» della struttura con il risultato che si «stenterà a lasciare aperti musei e monumenti». Sandro Bondi non gradisce ma opta per la replica misurata. «I tagli ci sono stati – scrive il giorno dopo in una lettera al Sole 24 Ore – ma non è certo la prima volta».
Non si tratta di una scelta politica ma di una misura «imposta» dalla congiuntura economica. E quindi, secondo Bondi, «l`analisi del professor Settis è inutilmente apocalittica, nonché irrituale nella forma pubblica». Ecco, irrituale: il problema è proprio qui. Settis non ha espresso le proprie valutazioni seduto sulla poltrona di presidente del Consiglio superiore, che è organo di consulenza del ministero. Ma pubblicamente, sulle pagine di un giornale, attaccando il governo di cui è consulente. Anzi, che gli ha appena confermato la fiducia. Perché il direttore della Normale, nominato due anni fa da Francesco Rutelli, dopo le elezioni aveva presentato le dimissioni.
Ma è stato lo stesso Bondi a respingerle, chiedendogli di rimanere al suo posto. Quell`articolo della settimana scorsa, non per la sostanza ma per la forma, viene letto come un tradimento.
E se Bondi non rinuncia a cercare la mediazione, il suo vice Francesco Giro, sottosegretario ai Beni culturali, ha il pregio della chiarezza: «Settis – dice – si deve dimettere. Il rapporto di fiducia con il ministero è lacerato». Non solo:
«Se accadrà di nuovo e non ci saranno conseguenze – aggiunge – sarò io a dimettermi perché questo non è un asilo dove i bambini fanno i capricci».
Nel 2001 Giuseppe Chiarante, vicepresidente del Consiglio superiore oggi guidato da Settis, scrisse una lettera ai giornali in cui criticava la prima Finanziaria del governo Berlusconi. E in particolare la possibilità di cedere ai privati i beni culturali. «Non li convocai per un anno intero – ricorda Sgarbi, all`epoca sottosegretario – proprio perché dovevano dirlo a noi del ministero, di cui erano consulenti, non spararlo sui giornali».
Sei mesi dopo Chiarante si dimise, parlando di «Consiglio svuotato».
«Quindi – chiosa Sgarbi – ha ragione Giro: Settis si deve dimettere».
Il Corriere della Sera, 8 luglio 2008
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