È stata la destra a ridurre le istituzioni europee in questo stato: hanno 21 commissari su 28. Poi, al momento della campagna elettorale, si scoprono una coscienza sociale e fanno bei discorsi. Ma la verità è che se vincerà il Ppe ci toccheranno altri cinque anni di austerità e ingiustizie sociali». Martin Schulz è il candidato dei socialisti e democratici alla presidenza della Commissione di Bruxelles. E in questa intervista a “Repubblica” dice la sua su tutti i grandi temi sul tappeto: dall’avanzata dei movimenti populisti all’immigrazione, al lavoro giovanile. «Io capisco gli elettori di Grillo: sono pieni di disperazione. Ma gli eurodeputati 5 Stelle saranno isolati e non conteranno nulla». Infine il caso Geithner: «Non c’è bisogno di un segretario al Tesoro Usa per risolvere il problema Berlusconi. Comunque, è meglio stare zitti se non si hanno le prove.
Presidente Schulz, ha letto le dichiarazioni dell’ex ministro del Tesoro americano, Geithner, su un complotto di esponenti europei per far cadere il suo arci-nemico Berlusconi nell’autunno 2011? Che ne pensa?
«Mah… Tutto quello che posso dire è che non sono stato io. Non ho mai incontrato Geithner in vita mia. Comunque, a parte gli scherzi, non c’è bisogno del segretario al Tesoro Usa per risolvere il problema Berlusconi. Quello è un nodo che devono risolvere gli italiani con il voto».
Appunto. E invece Geithner denuncia un complotto degli europei. Dice che volevano che Washington bloccasse i finanziamenti del Fmi all’Italia, finanziamenti che peraltro non ci sono mai stati…
«Questa storia è veramente troppo bizzarra per meritare un commento. Invece di innescare delle speculazioni, Geithner avrebbe dovuto fare dei nomi. Forse dice il vero, forse no. Ma è meglio stare zitti se non si hanno prove di quello che si dice».
Lei da presidente del Parlamento europeo si è candidato per i socialisti e democratici alla guida della Commissione di Bruxelles. Come cambierà l’Europa se verrà eletto?
«Per cambiare l’Europa non basta avere la maggioranza in Parlamento. Il potere di iniziativa, cioè di proporre leggi e regolamenti, resta appannaggio della Commissione. Se si vuole davvero cambiare bisogna partire da lì: dal motore delle istituzioni europee. Sono tre le nostre priorità. La prima è la lotta
all’evasione e alla frode fiscale. È una questione essenziale. Sono qui a Verona, nel cuore del Nord-Est, e ho incontrato molte piccole e medie imprese che sono la spina dorsale della regione. Perché loro pagano le tasse e le grandi multinazionali che guadagnano miliardi riescono invece a eludere impunemente il pagamento delle imposte? È una profonda ingiustizia. La seconda priorità è dare un lavoro ai giovani. Nella mia visione, il senso vero della politica è quello di garantire i nostri figli migliori possibilità di quelle che abbiamo avuto noi. Invece qui ci stiamo perdendo un’intera generazione. La terza priorità è quella di non decidere a Bruxelles cose che sarebbero meglio regolate a livello nazionale o locale. L’eccessivo accentramento è una delle cause del risentimento verso le istituzioni Ue».
Tra le emergenze non ha citato l’immigrazione. Eppure l’ennesima tragedia nel mare libico è al centro di un contenzioso tra Roma e Bruxelles…
«In Germania i democristiani mi hanno appena attaccato perché ho detto che non si possono lasciare sole Spagna, Italia e Grecia ad affrontare l’emergenza rifugiati. Le regole di Dublino sul diritto di asilo non risolvono tutto. Per prima cosa dobbiamo dotarci di un sistema comune che regoli l’immigrazione legale, stabilendo quote per ciascun Paese. Solo così si mettono le basi per combattere l’immigrazione illegale ».
E i controlli comuni alle frontiere?
«Siamo realisti: non credo che gli Stati nazionali accetterebbero di rinunciare alla sovranità sulle loro frontiere»
Presidente, i sondaggi dicono che in Italia Grillo sarà il secondo partito. Perché la gente che vuole cambiare non dovrebbe votarlo?
«Perché chi vota Grillo non cambia nulla, né in Italia né in Europa. Gli eurodeputati del Movimento 5 stelle resteranno da soli e isolati nel Parlamento europeo, non conteranno nulla. E magari Grillo gli proibirà anche di votare, come ha già fatto nel Parlamento italiano minacciando multe per chi disobbedisce: un comportamento stalinista e antiparlamentare. E poi non riesco neppure a capire che cosa vuole: propone allo stesso tempo gli eurobond e l’uscita dall’euro. Forse non lo sa neppure lui».
Grillo intercetta un malcontento diffuso in tutta Europa…
«Capisco le ragioni di questo stato d’animo. Non condanno certo gli elettori di Grillo, e neppure quelli di Berlusconi. Sono pieni di disperazione e hanno perso la fiducia nelle istituzioni. Se ascoltano i nostri discorsi, sentono gente che parla solo di miliardi, quando per il 95 per cento dei cittadini mille euro sono una cifra importante. In una notte i capi di governo hanno stanziato 700 miliardi per salvare le banche. Ma quando si tratta di varare una tassa sulle transazioni finanziarie occorrono anni per mettersi d’accordo. Juncker, il candidato del Ppe, mi accusa di non avere esperienza di governo. Ma io ho fatto il sindaco di una piccola città in Germania e conosco le preoccupazioni della gente».
Parliamo di Juncker. Perché la gente non dovrebbe votare per il Ppe?
«Juncker è candidato del Ppe grazie all’appoggio della Merkel e di Berlusconi, che pure fa campagna contro la Merkel stando nello stesso partito. Adesso Juncker prende le distanze da Berlusconi e dice di detestarlo. Ma i suoi voti li accetta, eccome. Il Ppe è responsabile dello stato attuale dell’Europa. Ha controllato la maggior parte dei governi dell’Ue e la Commissione europea. La destra ha espresso 21 commissari su 28, da Tajani a Olli Rehn. Sono loro che hanno ridotto l’Europa in questo stato. Poi, al momento delle elezioni, si scoprono una coscienza sociale e fanno bei discorsi. Ma, se saranno eletti, ci toccheranno altri cinque anni di austerità e ingiustizia sociale».
E però i sondaggi dicono che il Ppe vi batterà, sia pure di poco. Allora chi farà il presidente della Commissione?
«L’ultimo sondaggio che ho visto ci dà in testa. E io ci credo fermamente. Quanto al presidente, sarà quello che riuscirà a raccogliere una maggioranza in Parlamento. Chi uscirà primo dalle elezioni sarà il primo a fare le consultazioni. Ma non è detto che trovi una maggioranza».
Sta dicendo che, dopo il voto, farete una grande coalizione con il Ppe?
«Capisco la domanda. Ma prima del voto non è il tempo per parlare di accordi. Adesso quel che conta è vincere le elezioni. E noi le vinceremo».
La Repubblica 15.05.14