Raffaele Cantone. L’uomo del momento. Il “salvatore” di Expo. L’ex pm anti-camorra e oggi commissario anti- corruzione dice: «Il bubbone era lì. Lo abbiamo ignorato». Dice Renzi “non fermiamo i lavori, ma i delinquenti”. Non è tardivo?
«Certo, alcune cose dovevano essere fatte prima. Ma non possiamo dimenticare la forte instabilità politica e tre governi durati poco tempo. E poi adesso guardare indietro non serve, toccherà agli storici individuare le responsabilità».
Conoscendo l’Italia criminale non era meglio assicurare severi meccanismi di vigilanza sugli appalti?
«Probabilmente sì, se siamo arrivati al punto di oggi. A Milano c’è stata grande attenzione ad evitare le infiltrazioni mafiose. Si è generato una sorta di strabismo, si è guardato molto a questo pericolo, ma non si è alzata la guardia sulla corruzione con la stessa forza e puntigliosità».
In concreto, lei che può fare?
«Dipende da cosa ci chiedono. Per ora il premier ha parlato di una disponibilità del nostro ufficio a lavorare su Expo, che non poteva che essere data. Per la semplice ragione che stiamo parlando degli appalti più importanti in Italia e che la mia struttura si chiama Anti-corruzione. È altrettanto evidente che non abbiamo interesse a una vigilanza formale e inutile».
La legge Severino, dicembre 2012, metteva dei paletti.
Evidentemente violati. Si può raddrizzare la situazione?
«Non so se la legge è stata rispettata. La maggior parte degli appalti è stata data da una società privata, Infrastrutture, che non aveva obblighi di rispettare quella legge».
Già, proprio Infrastrutture. È stato un errore seguire la via
di una società privata?
«Dalla metà degli anni ‘90, proprio per Tangentopoli, s’è affermato l’uso di società private che in alcuni casi hanno garantito più efficienza, ma in altri più prebende e poltrone, con un evidente arretramento della situazione. Enti pubblici, anche piccoli, hanno ritenuto conveniente esternalizzare i servizi. È un mito fallace perché queste società moltiplicano i centri di spesa ed è sotto gli occhi di tutti che aver ripreso schemi del privato calandoli nel pubblico non si è rivelata una scelta vincente, ma ha portato ad opacità».
Lei ha scritto in buona parte la legge anti-corruzione. Esiste un sistema per bloccare i furfanti?
«Quelle regole possono essere meri adempimenti burocratici o disposizioni concrete. Poi ci vogliono i tempi fisiologici e la mentalità giusta. La trasparenza può essere finta, non di qualità, oppure l’opposto, per cui il cittadino va sul sito e capisce se c’è qualcosa che non va e se c’è stato un imbroglio ».
Per Expo questi controlli sono possibili?
«Si può far conoscere ciò che è stato fatto e che si farà».
Lei potrà farlo?
«Io e l’Anac, l’Autorità nazionale anti-corruzione, non lavoreremo nell’interesse di qualcuno, di un partito o di un gruppo, ma di tutti. Lavoreremo per conto delle istituzioni».
Ha poteri sufficienti?
«Oggi l’Anac non si può occupare di singoli appalti, per lavorare su Expo avrà bisogno di personale, tecnici e investigatori, di strutture, di poteri specifici e speciali di controllo. Non a caso Renzi parla di una futura task force».
Le carte di Milano: da ex pm che impressione le fanno?
«Vedo un reticolo di interessi e una lobby di potere che lavorava per impossessarsi degli appalti. Proprio le lobby rappresentano la novità, mentre la politica ha un ruolo servente e non di primo attore. Un gruppo usa la politica o pezzi della politica e dei partiti per interessi personali».
La politica in questi anni è stata complice?
«Non ha fatto nulla sulla prevenzione. Ma ha trovato terreno fertile in un opinione pubblica per la stragrande maggioranza distratta. La corruzione non usciva sui giornali, non faceva cassetta. Parliamoci chiaro, interventi come quello sul falso in bilancio sono stati chiesti da una parte della classe dirigente che non aveva voglia di farsi controllare. E gli imprenditori di certo non amano i reati fiscali o tributari. Quando Frigerio è stato rieletto deputato c’è stata indifferenza».
Tangentopoli è tornata?
«Abbiamo creato le condizioni perché accadesse, non generando anticorpi. Mi stupisco che le persone si stupiscano. Oggi non è scoppiato il bubbone, è sempre stato lì, e non l’abbiamo visto. O peggio, lo abbiamo ignorato».
La Repubblica 13.05.14