Le stime di voto elaborate in base al sondaggio condotto da Demos negli ultimi giorni forniscono indicazioni piuttosto chiare. Particolarmente positive per il PD. Che oggi si collaca largamente al di sopra delle altre liste. Ma anche del risultato ottenuto alle elezioni politiche del 2013, quando si era fermato poco sopra il 25%. Oggi, invece, raggiunge quasi il 33%. Oltre 7 punti più dell’anno scorso. Un dato tanto più significativo in quanto tutti gli altri partiti appaiono molto staccati. Per primo il M5s, peraltro l’unico che superi il 20%. Ma, comunque, 10 punti meno del PD. Forza Italia, invece, appare in calo sensibile. Scivola, infatti, al 17,5%. Viene così meno il gioco fra tre grandi minoranze, emerso alle precedenti elezioni politiche. Oggi, se i risultati riproducessero questo quadro, vi sarebbe un solo partito con una base elettorale davvero ampia. Con un solo sfidante, a grande distanza: il M5s. Peraltro, un non-partito. Mentre il peso elettorale degli altri partiti è molto più ridotto. A causa, della — sostanziale — scomparsa del Centro e dell’implosione del Centro- Destra. Dove Forza Italia appare in sensibile declino. Incapace di attrarre e coalizzare l’area. D’altronde, il NCD, dopo la scissione, si è attestato su un livello piuttosto solido, intorno al 7%. Ma anche i Fratelli d’Italia (anche grazie al richiamo ad AN) si collocano oltre la soglia di sbarramento del 4%. Queste formazioni beneficiano, in buona misura, della debolezza di Forza Italia e, quindi, di Berlusconi. Il che potrebbe, in futuro, lasciare tracce profonde nei rapporti politici tra questi soggetti. Complicando, dopo le Europee, la possibilità di ricomporre alleanze nel Centro-destra. La Lista di Sinistra, Altra Europa con Tsipras, sembra invece in ripresa, rispetto ad altre rilevazioni recenti. In grado, comunque, di superare lo sbarramento del 4%, che permette di eleggere rappresentanti al Parlamento europeo. Un’impresa che appare possibile anche alla Lega. Ma a nessun altra lista. Occorre, però, grande prudenza nel tradurre queste stime in previsioni di voto. Lo si dice sempre, ma stavolta va ribadito con particolare chiarezza. Non solo perché mancano ancora oltre due settimane. Ma perché le Europee sono elezioni particolari, meno sentite dai cittadini. Tanto che una quota significativa di essi non sa neppure che — né perché — si voti, fra un paio di settimane. Anche 5 anni fa l’affluenza alle urne fu molto bassa: il 66% circa. Difficile che quest’anno si vada oltre. Più facile, semmai, il contrario. Per questo è probabile che molto possa ancora cambiare, prima del 25 maggio. Perché l’incertezza è molto alta. E la posta in palio non è chiara a tutti.
Molto, dunque, dipenderà dalle prossime settimane di campagna elettorale. Di certo, le stime del PD — molto elevate — dipendono in larga misura dal consenso personale nei confronti di Renzi. Il 63% degli elettori, infatti, esprime fiducia nei suoi riguardi.
Il doppio, perfino il triplo, di ogni altro leader. Renzi, oggi dispone di un consenso personale larghissimo. E trasversale.
È stimato dal 90% degli elettori del PD. E dal 60% tra quelli della maggioranza. Ma raccoglie il consenso di circa 6 elettori su 10 anche in alcuni partiti di opposizione. In particolare di FI e della Lega. Lo stesso si osserva tra gli elettori incerti e reticenti (un aspetto che può diventare importante, in prospettiva del voto). Solo nella Sinistra e nel M5s il premier è meno apprezzato. D’altronde, Renzi ha scavalcato i tradizionali confini della sinistra anche sul piano socio-economico. Secondo un sondaggio della Confartigianato regionale, condotto in questi giorni, infatti,
il premier è apprezzato da quasi il 60% degli artigiani veneti. Molto più di ogni altro leader nazionale.
La figura di Renzi, dunque, trascina il PD ma anche il governo. Che oggi dispone di un sostegno superiore al 60%: 5 punti in più dello scorso febbraio. Parallelamente, si è rafforzata la convinzione che “il governo ci porterà fuori dalla crisi”. Oggi è condivisa dal 58%: 4 punti in più di tre mesi fa, quando il premier si è insediato (allontanando, bruscamente, Enrico Letta). Ciò suggerisce che le tensioni nella maggioranza e nello stesso PD, emerse più in questa fase, nel percorso delle riforme in Parlamento, non abbiano danneggiato la credibilità del governo né del suo premier. Ma l’abbiano, al contrario, perfino rafforzata. In quanto hanno “personalizzato” il partito e il governo. Marcando l’autonomia e la determinazione del Capo. Così, se, da un lato, si ripropone il vizio antico del voto di fiducia, oggi, per altro verso, il partito e il governo appaiono più renziani che mai.
Il risultato delle europee, in fondo, dipende da questo. Dalla capacità di Renzi di trasformarle in un referendum. Non tanto pro o contro l’Europa. Ma pro o contro di lui. Per trainare “personalmente” il PD. Da ciò, peraltro, dipende anche il risultato del M5s. Che l’anno scorso andò molto al di là delle stime dei sondaggi. In parte, perché le stime dei sondaggi non sono “previsioni” (semmai: profezie). In parte, perché Grillo e il M5s recuperarono molti consensi nelle ultime settimane. Negli ultimi giorni. Quando riuscì a canalizzare e, anzi, ad amplificare il ri-sentimento, profondo e largo, che agitava la società. Quel ri-sentimento non si è placato. Ma rischia, anzi, di ri-esplodere in modo fragoroso. In seguito alle gravi vicende che hanno investito, di nuovo, la politica e i politici. Scandite dagli eventi clamorosi di ieri. L’arresto dell’ex ministro Scajola, accusato di aver favorito la latitanza di Matacena, ex deputato, condannato per collusione con la mafia. L’arresto di 7 figure di rilievo, dell’amministrazione pubblica, della politica, dell’impresa, per affari illeciti, sviluppati intorno all’Expo. Echeggiano storie note, come i nomi di alcuni arrestati. Come Primo Greganti, Gianstefano Frigerio, protagonisti di Tangentopoli. Una stagione che pare non volersi chiudere. E getta un’ombra pesante sul sistema partitico, ma anche sulla campagna elettorale.
Così, le prossime Europee rischiano di tradursi in un duplice referendum. Oltre a quello pro o contro Renzi, infatti, potrebbe riproporsene un altro. Pro o contro il sistema partitico, i politici e le istituzioni. Alimentando di nuovo quel clima di distacco e rifiuto della politica, intercettato e interpretato, fino ad oggi, dal M5s. Così, le Europee rischiano di avere profonde conseguenze politiche. Per l’Italia, prima che per l’Europa.
La Repubblica 09.05.14