Riduzione del carico fiscale, certezza del diritto, tempi rapidi di attuazione delle norme. Tre principi che sono diventati uno slogan: tutti li conoscono, la politica li enuncia, i tecnici ne declinano le diverse forme, gli imprenditori e più in generale i contribuenti li reclamano a gran voce. Ma in concreto si fa fatica a vederne gli effetti.
Certo ci sono segnali importanti – la riduzione dell’Irap, a esempio, primo passo nella direzione della riduzione del carico fiscale –. Ma capire quanto questi segnali impattino in termini di effettivo risparmio di cassa non è mai facile. L’esigenza di trovare copertura finanziaria alle manovre comporta spesso uno spostamento dell’imposizione: si riduce l’Irap ma aumentano la Tasi e le altre imposte locali; migliora il beneficio Ace ma diminuisce la deduzione fiscale delle auto aziendali; spesso le norme prevedono benefici il cui effettivo ottenimento è rimandato al futuro e nel frattempo gli acconti continuano ad applicarsi senza considerare la riduzione e così via.
Per di più, questo travaso continuo del carico fiscale, in molti casi poco trasparente e quindi difficile da identificare, comporta un rischio: la politica ottiene l’effetto-annuncio di aver raggiunto un obiettivo ma le imprese non hanno effetti concreti in termini di minor esborso finanziario. È a livello complessivo che deve essere guardata l’imposizione fiscale – è stato detto mille volte e da più parti – ma soprattutto è in termini di maggiori risorse a disposizione per fare altre cose che deve essere misurata la riduzione del carico tributario.
In questo senso la certezza del diritto è essenziale. Vi sono norme che assumono rilevanza nel tempo e la loro efficacia è misurabile solo se non cambiano i dati di riferimento. Una rivalutazione dei beni strumentali con un’aliquota al 16% e l’obbligo di appostare una riserva di rivalutazione, affrancabile al 10%, rappresenta di per sé un’opportunità con limitati vantaggi prospettici: se in corsa viene cambiata la regola di rateizzazione dell’imposta sostitutiva che passa da tre rate annuali a una sola vi sono due immediate considerazioni: la prima che la misura della convenienza potrebbe ulteriormente ridursi fino quasi ad azzerarsi e la seconda che il budget finanziario dell’impresa che ha aderito potrebbe essere completamente stravolto. Lavorare per iniettare più risorse nel sistema a fronte di risparmi di imposte vuol dire in primo luogo rispettare gli impegni e quindi gli elementi alla base delle scelte degli operatori economici. Finanziare nuove manovre cambiando le regole a giochi fatti comporta un’instabilità che rischia di deragliare nell’inaffidabilità, e che, in ultima analisi, crea un circolo vizioso che rende inefficace l’operazione complessiva.
E poi i tempi. L’attuazione della delega fiscale non ha date certe. Dipende dai decreti legislativi di attuazione che a loro volta dipendono da una commissione ad hoc. Un ingorgo che rende la legge delega una sorta di elenco di buoni propositi. Siamo sicuri che non sia possibile accelerare, dando segnali di efficienza nella produzione di leggi utili? Citiamo il caso del raddoppio dei termini nell’ipotesi di denuncia di fattispecie penali: tutti sono concordi nel ritenere la norma attuale inadatta e la legge delega ha sancito la volontà di cambiarla introducendo il vincolo che la denuncia sia effettuata entro l’ordinario termine di accertamento. La norma è già scritta dalla legge delega, basta inserirla nel Dpr 600/73. Non si può fare in tempi più rapidi rispetto all’iter ordinario? In diversi casi questo è avvenuto, addirittura per la disciplina delle perdite su crediti si è anticipato l’intervento rispetto all’approvazione della stessa legge delega. Non si dimentichi che, per gli atti di accertamento, fino all’attuazione della delega continuerà ad applicarsi l’attuale disciplina del raddoppio dei termini e quindi in questo momento possono essere controllati ordinariamente i periodi d’imposta fino al 2009 ma possono essere riaperti quelli fino al 2005. Un contribuente potrebbe quindi essere legittimamente accertato, ai fini delle imposte sui redditi, per il 2005 magari per una fattispecie ritenuta elusiva (altro argomento in fase di cambiamento a seguito della delega). Ha senso, se tra qualche mese, in attuazione di una legge già in vigore, questo non sarà più possibile?
Abbiamo bisogno di leggi pragmatiche, che sono possibili solo da parte di un legislatore che conosca, valuti e analizzi in concreto gli effetti delle sue azioni nei confronti dei destinatari. Ci vuole anche coscienza del fatto che esistono due piani: quello parlamentare, delle strutture legislative e quello reale. Non basta una legge, bisogna renderla applicabile e bisogna che questa esplichi in concreto gli effetti per cui è stata approvata. E infine serve capire l’urgenza e le priorità delle cose da fare. Insomma, serve un legislatore che si metta negli scomodi panni del contribuente.
Il Sole 24 Ore 05.05.14