Rosario Rocca, sindaco di Benestare, piccolo centro in provincia di Reggio Calabria, si è dimesso sette mesi fa via facebook dopo l’incendio della sua auto e di quella della sorella: «Lo stato di abbandono in cui versa il nostro territorio, dimenticato volutamente e tragicamente da uno Stato sordo e assenteista non mi consente più di rappresentare dignitosamente la mia gente. Né ritengo di averne più la forza dopo anni di resistenza isolata e inascoltata al malaffare, alla criminalità e alla burocrazia autoreferenziale ». Alvise Stracci, sindaco di Alimena, piccolo centro sulle Madonie in Sicilia, ha deciso invece di restare al suo posto: «Da quando hanno bruciato l’auto a mia moglie ogni notte mi sveglio alle quattro del mattino e non riesco più a dormire. Sto solo portando avanti un’amministrazione imparziale, improntata su legalità e trasparenza con un taglio deciso contro il malaffare e la mafia. La mia porta è sempre aperta».
Così come sempre aperta era la porta di Laura Prati, la “sindaca” di Cardano al Campo (Varese) uccisa a luglio nella sua stanza in Comune dalla pistola di un vigile urbano che aveva sospeso dal servizio dopo una condanna per truffa e peculato. A Laura è dedicato il report 2013 “Amministratori sotto tiro” redatto da Avviso pubblico, l’associazione che da Nord a Sud dà voce alle centinaia di sindaci, assessori, funzionari comunali che provano ad amministrare la “cosa pubblica” in contesti spesso territorialmente difficili dove la situazione è aggravata dal profondo disagio sociale creato dalla crisi economica.
È un vero e proprio bollettino di guerra quello che si scorre tra auto incendiate, lettere di minacce, proiettili, ordigni più o meno rudimentali, spari contro macchine e abitazioni, teste mozzate di animali, fino alle aggressioni fisiche e verbali. E se, quando nel mirino finiscono governatori di regioni o sindaci di grandi città si accendono sempre i riflettori, nella maggior parte dei casi gli amministratori di piccoli centri, quasi sempre professionisti prestati alla politica, sempre più spesso donne e giovani, espressioni di liste civiche, si sentono estremamente esposti.
Trecentocinquantuno atti intimidatori, quasi uno al giorno con un aumento del 66 per cento negli ultimi tre anni. Alla Puglia, con il 21 per cento dei casi, seguita a ruota da Sicilia e Calabria, il triste primato. Ma se le regioni del Sud, dove certamente è ancora molto forte il condizionamento della criminalità organizzata, fanno registrare l’80 per cento dei casi, le cronache raccontano di un aumento esponenziale del rischio di amministrare che deriva dalle difficilissime condizioni economiche. «Nel 2013 la vita e la sicurezza di tante donne e tanti uomini che amministrano le loro comunità è stata messa in pericolo anche da gesti compiuti da persone disperate che, a causa della perdita del lavoro e di un reddito certo, hanno pensato di sfogare la loro rabbia sui rappresentanti politici a loro più vicini — dice Roberto Montà, sindaco di Grugliasco e presidente di Avviso pubblico — Diversi sindaci, assessori, consiglieri comunali sono stati identificati come soggetti appartenenti alla “casta”, una categoria sociale composta da privilegiati che godono di lauti stipendi, lavorano poco e non rispondono mai concretamente dei loro atti».
Alcuni sindaci, anche del Nord, come quello di Bologna Virginio Merola, o quello di Livorno, Alessandro Cosimi, sono stati costretti a vivere sotto scorta, altri si sono dimessi
come Pino Veneziani, primo cittadino di Rodi Garganico, in provincia di Foggia: prima le aggressioni verbali, poi lo stabilimento balneare di famiglia imbrattato di olio esausto, fino all’incendio dell’auto.
Mogli, figli, sorelle, le intimidazioni non risparmiano nessuno: «Se a Gioia Tauro costruiranno il rigassificatore ammazzeremo te e la tua famiglia», è il messaggio inviato ad Antonella Stasi, vicepresidente della Calabria. A Ernesto Sica, sindaco di Pontecagnano, Salerno, le minacce arrivano via facebook: «Ti devi dimettere, altrimenti ti spariamo ». Persino l’emergenza immigrazione genera rischi: a settembre una busta con una
polvere bianca e la scritta “pericolo antrace” viene recapitata al sindaco di Lampedusa Giusi Nicolini. Assegnazioni di case popolari, abusi edilizi, licenze commerciali, sussidi di disoccupazione, atti di ordinaria amministrazione che diventano rischio. «Stai attenta. Ti farò male con l’acido», ed Elisa Trombin, sindaco di Jolanda di Savoia, Ferrara, finisce sotto scorta.
E il presidente di Avviso pubblico lancia il suo appello: «Questi amministratori non possono e non devono essere lasciati soli, vanno protetti e tutelati, rappresentano un presidio di legalità concreto sui territori».
La Repubblica 05.05.14