La chiusura delle indagini sul caso Stamina con venti indagati, su cui pesano accuse gravissime, era inevitabilmente scritta nella storia perché la terapia proposta non ha mai dimostrato di avere alcuna base
scientifica. Tuttavia io per primo — e tanti medici con me — non ci siamo scagliati contro Davide Vannoni, pur avendo sommessamente ma chiaramente espresso il nostro parere, perché era in gioco la speranza dei malati, un valore che la medicina dovrebbe tutelare sempre, anche nelle situazioni più drammatiche.
Il dibattito profondo su Stamina è, per la medicina, come trovare il punto di equilibrio fra le ragioni della scienza e le ragioni della pietà, nel senso latino di pietas, che significa empatia e amore compassionevole nei confronti dei sofferenti. Riuscire a infondere fiducia e coraggio al paziente è una forma di amore che è parte integrante della cura e per questo credo che il medico non possa e non debba mai spegnere prima del tempo la fiammella della speranza, anche remota, di poter guarire. Le mie posizioni laiche sono note, ma se un malato mi chiede se è giusto andare a Lourdes per implorare la guarigione, io non mi sento di dire di no. Lo invito a farlo, se capisco che questo gesto lo aiuta a rasserenarsi. E soprattutto a sperare ancora. Ripeto sempre che in alcune situazioni gravi anche un tentativo giudicato inutile dalla scienza appare preferibile alla perdita totale di speranza.
Se pensiamo al caso che ha fatto scalpore nella vicenda Stamina, non possiamo non capire le reazioni emotive dell’opinione pubblica. Una piccola creatura di tre anni e mezzo, Sofia, viene colpita da una malattia genetica degenerativa per cui oggi non c’è cura — la leucodistrofia metacromatica — ed è condannata ad attraversare un deserto di dolore fino a una morte precoce. Qualcuno dice che la può salvare: come scegliere fra un infausto destino già segnato e una pratica che promette una guarigione, pur se definita non scientifica, non efficace e addirittura pericolosa dalla medicina? Penso che in questi casi bisogna affiancare al sentimento del dolore, la razionalità della scienza.
L’emozione non deve oscurare il giudizio lucido che ci permette di proteggere Sofia e tutti gli altri ammalati di malattie ancora senza cura. E la scienza ha delle regole, che sono fatte per garantire a tutti i cittadini la massima efficacia, trasparenza e sicurezza delle terapie. In particolare le regole per l’uso “compassionevole” di una terapia sono contenute nel decreto ministeriale dell’8 maggio 2003, che indica due condizioni fondamentali: che la terapia sia già oggetto di studi clinici sperimentali in corso o conclusi, che i dati disponibili su queste sperimentazioni siano sufficienti per formulare un favorevole giudizio sulla efficacia e la tollerabilità del farmaco.
La terapia proposta da Stamina non rispetta nessuna delle due condizioni. Anzi la sua validità è stata recentemente confutata da Nature, una delle riviste scientifiche più autorevoli al mondo. Si capisce allora come ci sia un bella differenza fra il somministrare cure compassionevoli a un malato gravissimo, che non ha altre alternative terapeutiche, e usare questo stesso malato come cavia, dandogli farmaci potenzialmente dannosi.
Per evitare nuovi casi Stamina occorre recuperare un equilibrio di giudizio che eviti di considerare l’applicazione delle regole della scienza come azione persecutoria e limitante della libertà di cura e lo Stato come un nemico che ci opprime. In Italia abbiamo uno dei migliori sistemi sanitari pubblici del mondo, e disponiamo di centri di eccellenza di standard internazionale, che permettono l’accesso alle migliori cure disponibili a tutti i cittadini.
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Pazienti usati come cavie minacce e soldi sottobanco “Ecco l’inganno di Stamina”, di MICHELE BOCCI e SARAH MARTINENGHI
Davide Vannoni ha creato un’associazione a delinquere per truffare centinaia di persone colpite da gravi malattie somministrando, talvolta a pagamento, farmaci guasti e pericolosi. E in più, anche se dotato solo di un laurea in psicologia, si è spacciato per medico. Il pm di Torino Raffaele Guariniello ha chiuso le indagini dei Nas su Stamina scaricando accuse pesantissime sul guru del discusso metodo e su altre 19 persone, tra suoi collaboratori, dirigenti e primari del Burlo Garofolo di Trieste e degli Spedali Civili di Brescia, e pure su un funzionario dell’Aifa, il responsabile dell’ufficio ricerca e sperimentazione Carlo Tomino. L’inchiesta potrebbe essere la pietra tombale su una cura al centro di polemiche da anni. Anche se Vannoni annuncia di avere molte carte per difendersi dalle accuse.
CELLULE SCONOSCIUTE
«Pazienti trattati come cavie ». Non usa mezzi termini la procura per raccontare come lavorava quella che è ritenuta essere un’associazione a delinquere. «Somministravano preparati senza conoscerne natura, implicazioni, potenzialità, rischi e senza eseguire test necessari prima dell’impiego del prodotto sull’uomo, così indebitamente trasformato in cavia». I pazienti rischiavano eventi avversi, in molti casi ci sono state infezioni, crisi epilettiche, emorragie e traumi midollari. I malati non erano informati sulla natura dei trattamenti. Inoltre il metodo, su cui si vantavano brevetti inesistenti, veniva tenuto segreto, cosa vietata dal codice deontologico dei medici. Anche per questo cinque dipendenti degli Spedali Civili di Brescia (il direttore sanitario Ermanna Derelli, l’oncologo pediatrico Fulvio Porta, la coordinatrice della ricerca clinica Carmen Terraroli, la responsabile di laboratorio Arnalda Lanfranchi, il direttore di anestesia Gabriele Tomasoni) sono finiti nell’indagine: hanno accettato che pazienti del loro ospedale fossero sottoposti a cure segrete, oltre ad aver, a vario titolo, fatto tra l’altro certificazioni false per dire che il metodo era sicuro. Derelli è anche accusata di essersi spesa per far utilizzare il metodo sul cognato.
IL BUSINESS MONDIALE
Nel 2012 Vannoni non si accontenta più di chiedere somme fino a 48mila euro a paziente, ma comprende che Stamina può diventare un business mondiale. Si appoggia a un nuovo socio, Gianfranco Merizzi (noto imprenditore del settore parafarmaceutico) con cui crea la Medestea Stemcells e altre due società svizzere. Vengono investiti oltre 4 milioni di euro «finalizzati alla commercializzazione nazionale e mondiale della cosiddetta terapia Stamina». E la procura sequestra una nota di bilancio in cui si sostiene che «il 2013 è previsto ancora come anno di investimenti, mentre per il 2014 si prevedono i primi importanti introiti generati dall’attività delle Cells Factories». Si parla di «contatti avanzati» in corso «in Messico, Hong Kong e Svizzera». Per il pm, Vannoni «tentava di eludere i divieti imposti dalle norme sanitarie italiane ed europee anche grazie all’aiuto di un farmacista sedicente medico e di una hostess attrice che si qualificava come infermiera, con ambasciatori e consoli per ottenere il permesso di somministrare la cura a Capo Verde». Vannoni aveva messo in atto una campagna mediatica: all’estero spacciando Stamina per una terapia accreditata e legale, in Italia «inducendo un clima di tensione sociale e di falso allarme mediante conferenze e interviste, ma anche criticando le istituzioni. Sosteneva che potevano morire fino a 18mila persone se il metodo non fosse stato
adottato».
LA RETROMARCIA DEGLI ESPERTI
Per accreditare la sua terapia, Vannoni si è fatto aiutare da 15 medici (non indagati) che però «erano privi di una effettiva conoscenza della terapia Stamina ». Il pm li ha interrogati e quasi tutti hanno fatto retromarcia. Un neurologo milanese, Massimo Sher, ha scritto una letteraconfessione per esprimere il suo senso di colpa. «Mi vergogno di aver avuto la leggerezza di poter alimentare false speranze nella falsa terapia di Vannoni che con la sua abilità truffaldina pensa tuttora di approfittare della vulnerabilità dei pazienti». «Mi sono lasciato ingannare da una cornice di apparente legalità — ha spiegato ieri il medico — ma Vannoni è un cialtrone e io sono finito nella sua rete. Sono pentito: non voglio che succeda ad altre persone». «Non conosco nulla del metodo Stamina» e «non ho rilevato nessun miglioramento concreto» sono invece alcune ritrattazioni degli altri medici che hanno firmato certificazioni per i pazienti che si rivolgevano ai vari tribunali del lavoro in Italia per ottenere l’accesso alle cure. E che avrebbero indotto in errore i giudici che in 180 casi avevano dato il consenso all’uso della terapia.
IL COMITATO NON SI RIUNISCE
«Non ci siamo ancora riuniti, aspettiamo indicazioni dal ministero, non detto io i tempi». Lo dice Michele Baccarani, il presidente del comitato nominato all’inizio di marzo per decidere se fare una sperimentazione pubblica del metodo Stamina. Il fascicolo da valutare è quello presentato ai tempi del primo comitato da Vannoni che, in base alla ricostruzione di Guariniello, è stato scritto da una studentessa fuori corso di Medicina a Torino. Dentro, come noto, ci sono interi paragrafi presi da Wikipedia. Il ministro alla Salute Beatrice Lorenzin ieri ha sottolineato che il lavoro del comitato andrà comunque avanti: «Si tratta di un percorso diverso da quello della procura».
IL BLOCCO DELLE INFUSIONI
A Brescia è tutto fermo, da mesi non si fanno più infusioni e a non è possibile dire se riprenderanno. Prima di tutto c’è la questione di Erica Molino, cioè l’unica biologa in Italia (fino a poco fa neppure iscritta all’ordine) disponibile a lavorare con Vannoni e dunque insostituibile. Anche lei è finita nell’indagine. Dai primi di marzo ha sospeso la sua attività. Vannoni ha scritto all’azienda bresciana che Molino sarà in servizio «presumibilmente » il 5 maggio. Non basterà per ripartire: dieci medici dell’ospedale, tra cui gli indagati, hanno detto che non vogliono più prestare attività di supporto alle infusioni. «Non mi risulta che abbiano cambiato idea», commenta il direttore Ezio Belleri. L’azienda deve anche prendere una posizione sul futuro basandosi sul lavoro di Guariniello. Potrebbe esserci una sospensione.
La Repubblica 24.04.14