L’ex segretario Ds: la sua mozione coincide con il desiderio di unità che anima i nostri elettori. Il congresso sarà una grandissima occasione.
Iscritti ed elettori conteranno davvero e l’esito del congresso è tutt’altro che scontato. Non c’è un candidato che ha già conquistato la leadership – assicura Piero Fassino – Molti segnali ci dicono che Franceschini dimostra forte espansività, nel partito e nella società, e può raccogliere un consenso maggioritario. La sua mozione, per larghezza di sostegni, è la più simile al Pd».
Le altre mozioni sono meno “democratiche”?
«Nella mozione del segretario, alla quale aderisco, tanti non hanno alcuna provenienza partitica, molti giungono dalla Margherita e molti dai Ds. Su 20 candidati alle segreterie regionali della mozione 16 si sono formati dentro l’esperienza diessina, a dimostrazione del contributo forte che anche da questa cultura giunge a Franceschini. Si tratta di dirigenti giovani – come Leonardo Impegno, Debora Serracchiani, Roberto Morassut, Emanuele Fiano – o di personalità autorevoli come Cesare Damiano, Sergio Cofferati e Mariangela Bastico».
Anche nelle altre mozioni si registra un certo rimescolamento…
«Dobbiamo scegliere un segretario coerente con l’identità di un Pd largo, plurale e che tenga insieme culture diverse. Non bisogna tornare indietro da questo profilo. Dobbiamo fondere storie ed energie. Dario garantisce la costruzione di un Pd che non riduce il suo pluralismo. Per la leadership, però, non penso a un uomo solo al comando. Intorno al segretario, mi auguro Franceschini, bisognerà schierare le migliori personalità del Pd»
Anche Bersani e Marino?
«Certamente. Anche Bersani che ha forza politica, esperienza e capacità di governo. E anche Marino. Sono tante le risorse su cui far leva,assieme a molti giovani che stanno emergendo».
Gestione unitaria del Pd, quindi?
«Questo lo valuterà il segretario eletto, ed è chiaro, in ogni caso, che occorrerà una grande unità e solidarietà»
Dipenderà dal clima del confronto?
«Serve serenità, pacatezza, rispetto reciproco. Il congresso può essere una grandissima occasione per il partito. In tutte le iniziative riscontro grande partecipazione di iscritti ed elettori, a conferma che il Pd continua a essere una speranza. Le sue ragioni,oggi,sono più vere di ieri. Perché c’è bisogno di un pensiero riformista nuovo di fronte alla crisi. Perché grazie al Pd il sistema politico italiano è assai semplificato. Perché lo stesso voto europeo, che non ha premiato i progressisti di altri paesi, dimostra la giustezza del progetto messo in campo in Italia. E il gruppo parlamentare europeo, fondato sull’incontro tra democratici e socialisti, rappresenta il primo passo per costruire un campo che unifichi le forze riformiste del continente»
Tutti vorrebbero un congresso che parli al Paese e non solo al partito…
«Svolgeremo il congresso nel pieno di una crisi economica e sociale che, in autunno, diverrà ancora più grave. Governo e maggioranza appaiono inadeguati: si affidano ad annunci ai quali non seguono politiche che diano sollievo alla gente»
Vale anche per il Mezzogiorno?
«Certo, in 48 ore si è passati dall’annuncio di 18 miliardi di stanziamenti a quello di 4 miliardi. Attinti, tra l’altro, dai fondi Fas, ai quali si è fatto ricorso, sempre e solo a parole, per il Ponte sullo Stretto, per gli ammortizzatori sociali o per costruire le case in Abruzzo. Andando dietro alla propaganda di Berlusconi, l’ammontare dei fondi Fas dovrebbe essere 10 volte maggiore della somma reale. Il governo non ha alcuna strategia per ridurre l’impatto della crisi. Il nostro congresso ha il dovere di indicare una strada. Deve parlare dell’Italia e all’Italia».
Franceschini e Bersani hanno idee diverse sul partito…
«Abbiamo bisogno di un partito vero, solido, con una base larga di iscritti, capace di selezionare una classe dirigente e riconoscere i territori. Su questo non ci sono differenze. Non c’è chi vuole un partito e chi no: tutti lo vogliamo. La differenza semmai riguarda il rapporto con gli elettori che noi, della mozione Franceschini, consideriamo essenziale per dare maggiore credito e autorevolezza al Pd e a chi lo guida. Per cui, mentre è del tutto ragionevole che, per eleggere il segretario di un circolo territoriale o quello provinciale, si debba far leva essenzialmente sugli iscritti, per il leader nazionale, invece, non è indifferente l’ampiezza della legittimazione. Se la leadership viene suffragata da 400-500mila iscritti e, contemporaneamente, viene ulteriormente legittimata da milioni di elettori, quel segretario sarà più autorevole e avrà un riconoscimento più forte nel Paese».
L’unità 01.08.09
Pubblicato il 1 Agosto 2009