Un paese di cartapesta. Scuole e ospedali, ponti e gallerie, edifici pubblici e privati costruiti con «cemento taroccato», depotenziato con la sabbia e allungato con acqua. Quello dell’ospedale San Giovanni di Dio di Agrigento non è un caso isolato, ma la punta di un iceberg di un «gigante dai piedi d’argilla» che arricchisce la cosche mafiose. È quanto rivela un dossier stilato da Legambiente sulle costruzioni dal «cemento fasullo», intitolato: «Le mani della criminalità dietro appalti e imprese del calcestruzzo».
Ne emerge una mappa sconcertante, nella quale edifici pubblici rischiano di sbriciolarsi come castelli di sabbia, come è successo con il terremoto in Abruzzo: scuole calabresi, il commissariato di Polizia di Castelvetrano nel trapanese, interi padiglioni di ospedali siciliani, gallerie e autostrade dal Molise al Veneto. Una scia di sabbia che dal Sud sale al Nord con le betoniere di società gestite direttamente dai clan, oppure da ditte che, risparmiando milioni sul cemento, pagano un «pizzo» alle mafie. Cemento taroccato violando la norma Uni En 206-1 sull’equilibrio dell’impasto, quando non vengono usati rifiuti tossici, come a Crotone.
Un sistema mafioso scoperto dalle Procure spesso grazie alle intercettazioni telefoniche. Un rete sull’uso di soldi pubblici che «ingrassano un sistema mafioso-clientelare che ha i suoi addentellati fin dentro le istituzioni», come denunciò Giovanni Falcone.
Il primato della SiciliaIl commissariato di Polizia di Castelvetrano, che pure sorge su un bene confiscato alla mafia, la sede dela Calcestruzzi Mzara Spa era già stata accertata come quartier generale di Cosa Nostra, tant’è che oggi, finalmente, il 90 per cento della produzione di calcestruzzo è in mano dello Stato, sottratta ai boss. A rischio anche i palazzi di Messina, ad alto rischio sismico, costruiti con cemento povero nella piena consapevolezza dei costruttori Pellegrino. E così sotto inchiesta sono gli aeroporti di Palermo e Trapani, il porto turistico di Balestrate, il lungomare di Mazara del Vallo e altri edifici. Un giro d’affari di almeno 50 milioni l’anno, che ingrassano i boss.
Su 48 edifici pubblici verificati dalla Protezione civile siciliana, 43 non hanno superato i test antisismici, fatti con «cemento molle».
La Calabria«Metti meno cemento e più sabbia», raccomandava al telefono un boss della mala reggina al compare, per la costruzione della scuola pubblica Euclide a Bova Marina. E l’altro protestava perché troppa sabbia avrebbe inceppato la pompa, non perché l’edificio non avrebbe retto.
Nel bel mezzo della costruzione da parte delle «Condotte Spa», una galleria è crollata sulla statale 106 in provincia di Reggio Calabria: salvi per un pelo gli operai, fuggiti in tempo: era stato usato pessimo calcestruzzo, fornito da due imprese legate alle cosche Morabito-Bruzzaniti-Palamara, come ha rivelato poi l’indagine della Dda.
A Tropea la scuola media in via Coniugi Crigna è in piedi per miracolo, scrive il dossier di Legambiente, fatta più con la sabbia della vicina spiaggia che con cemento. E a Crotone per gli impasti sono stati usati anche rifiuti tossici (come ha scoperto l’inchiesta «Leucopetra» della procura di Reggio Calabria); nell’intera città, per altro, scorie tossiche della lavorazione dello zinco sono state «smaltite» nelle strade, nei parcheggi e nelle scuole.
Il Molise dai piedi d’argilla
È il nome dell’inchiesta sulla costruzione della Variante di Venafro, nove chilometri sulla termoli San Vittore: con prove di laboratorio falsificate sul calcestruzzo sono stati truffati l’Anas (che ha speso due milioni di euro in più per cambiare i piloni) e i cittadini.
l record Campano
Per il cemento di mafia e l’abusivismo edilizio, spiega il dossier. Nel colloquio tra un imprenditore e suo figlio (ribellatisi alle cosche), commentano che «le betoniere di quella ditta trasportano lota…», monnezza. Sono le betoniere della ditta «Dipendenti Cafa 90 srl». risalente al clan Polverino (sequestrati 17mila ettari di terreno). Con il calcestruzzo «taroccato» sono state costruite case abusive nella zona di Camaldoli, o usato per i grandi parcheggi nella zona del Vomero. E chi ha denunciato la truffa si è beccato due colpi di pistola alle gambe.
L’Unità, 30 luglio 2009